martedì 27 ottobre 2020

Pasqualone e Airaghi vincitori con pubblicazione premio Faraexcelsior 2020!

Fara Editore e i giurati del concorso Faraexcelsior sezione Poesia (Annalisa Ciampalini, Daniela Monreale, David Aguzzi, Matteo Bonvecchi, Raffaela Fazio), ringraziando tutti partecipanti che si sono messi in gioco, sono lieti di proclamare i vincitori dell’edizione 2020. Ecco la classifica e i giudizi di merito della giuria che ha svolto il proprio compito con grande attenzione, competenza ed entusiasmo.
Complimenti ai vincitori e agli autori che hanno lasciato un segno nelle anime dei giurati! Per i vincitori della sezione Narrativa/saggio v. narrabilando


Vincitori con pubblicazione premio gratuita   

I class.  

Ogni nascita è dal caos

di Matteo Pasqualone (Cesenatico, FC)





Matteo Pasqualone nasce a Cesena (1987). È marito, padre e insegna nella scuola secondaria di primo grado. Da anni il suo studio e la sua passione si concentrano sul rapporto fecondo tra teologia e letteratura. Ha pubblicato la raccolta poetica Scommessa d’eterno (Il Ponte Vecchio, Cesena, 2016). Vive a Cesenatico.

«I versi di questa raccolta, con un elegante e levigato andamento narrativo, seguono un itinerario esistenziale che è ricerca inesausta, appassionata peregrinazione tra interrogazioni, riflessioni e stupori che legano il quotidiano e lo straordinario in una corrispondenza tormentata ma necessaria. Ad accompagnare e sostanziare lo snodarsi di questo scavo poetico risalta tra tutte la frequente metafora dello sguardo, come vigile presenza di un’ardente soggettività.» (Daniela Monreale)

«Una poesia onesta ed autentica, che offre nella sua dimensione una lettura di bellezza e di sacro, riflessione sul nostro essere.» (David Aguzzi)
 

 

II class. ex aequo

Quello che ancora restava da dire

di Giuseppe Carlo Airaghi (Lainate, MI)




Giuseppe Carlo Airaghi è nato a Legnano (MI)nel 1966. Vive a Lainate (MI). È impiegato presso un’azienda di servizi. In passato ha lavorato come geometra, animatore di villaggi turistici, venditore di prodotti siderurgici, cantante di musica blues. Nel 2019 ha pubblicato con Italic Pequod la raccolta di poesie I quaderni dell’aspettativa.

«In una versificazione che spazia dai toni solenni a quelli leggeri e descrittivi, queste poesie toccano i piccoli e i grandi temi della vita con un’attitudine sincera e diretta, spruzzata da sottile ironia, e con un’innocenza di fondo che rimanda a un archetipo infantile che qui viene custodito e preservato, come risorsa poetica ed esistenziale.» (Daniela Monreale)

«Una poesia avvolgente e spirituale.» (David Aguzzi)


Contemplazione sulle strade

di Gianni Fabiano (Genova)


Gianni Fabiano è nato a Genova, dove vive e lavora come insegnante. Scrive poesie da quando era ragazzo, ma soltanto da una quindicina d’anni con una certa regolarità, come preso da un forte bisogno di “comprendere me stesso nell’esistenza”, in tempi così difficili e ormai a un bivio. Solo recentemente ha deciso di proporre alcuni suoi lavori a qualche casa editrice. Sono uscite le raccolte La fatica del bene (2018) e L’altro lato delle cose (2019). Buona parte della sua poesia è ancora inedita. Da molti anni la sua ricerca è orientata sullo studio dei processi di auto-conoscenza e di liberazione interiore, sia sul piano psicologico che spirituale, ricerca che, oltre a incidere sulla sua attività professionale, è un riferimento costante anche nella sua scrittura.


«Raccolta scritta come una lunga, serrata, nostalgica lettera d'amore a un Tu intuito a sprazzi nella realtà del mondo, mai del tutto afferrato, costantemente compreso come misura di un sé cosciente dei propri limiti e profondamente fiducioso. La scrittura segue nella forma la dinamica del contenuto, che è quella di una ricerca dell'essenziale, che si snoda attraverso il susseguirsi di domande, di accostamenti ossimorici, di intervalli anche grafici che fanno posto al silenzio, nel bianco della pagina.» (Raffaela Fazio)

«Si tratta di una raccolta omogenea, formata da componimenti abbastanza brevi, contraddistinti da una musicalità simile che predispone la mente alla lettura e rende la silloge simile a un canto. Come afferma anche l’autore, le “poesie parlano di un viaggio alla ricerca si sé stessi e dell’amore”. Effettivamente, quasi tutte le poesie indicano una tappa, un luogo, uno stato mentale o emotivo all’interno di un percorso. I luoghi e gli elementi della natura che compaiono contribuiscono a rendere l’esperienza descritta avulsa dal tempo, così come senza tempo è la ricerca che sta compiendo l’autore. Il poeta non finisce mai di interrogarsi sul significato dell’amore, sulla sua capacità di riconoscerlo e di essere perseverante nella fede. Compaiono diverse citazioni che contribuiscono a valorizzare i versi che le seguono.” (Annalisa Ciampalini)




Opere votate


La girandola dei mesi di Giancarlo Stoccoro (Spino d’Adda, CR)

Giancarlo Stoccoro (Milano 1963) è psichiatra e psicoterapeuta. Studioso di Georg Groddeck, ha curato e introdotto l'edizione italiana della biografia (Georg Groddeck Una Vita, di W. Martynkewicz, Il Saggiatore 2005) e altri saggi (Pierino Porcospino e l'analista selvaggio, ADV Lugano, 2016; Poeti e prosatori alla corte dell'ES, AnimaMundi Otranto, 2017). Suo è il primo libro libro che esplora il cinema associato al Social Dreaming (Occhi del sogno, Fioriti, Roma, 2012). Ha vinto diversi premi di poesia e pubblicato numerose sillogi (tra queste: Il negozio degli affetti, Gattomerlino/Superstripes 2014; Parole a mio nome, Il Convivio 2016; Consulente del buio, L'Erudita 2017; La dimora dello sguardo, Fara; Prove di arrendevolezza, Oèdipus 2019, La disciplina degli alberi, La vita felice 2019; Naufrago è il sogno, Ensemble 2020, L’intuizione dell’alba, Puntoacapo 2020).

«Una raccolta molto omogenea sia per stile che per tipo di indagine sulla realtà. Il poeta rivela uno sguardo originale sulle cose del mondo che ha saputo affinare, rendere suggestivo ed efficace. Lo sguardo ha un ruolo fondamentale in questa raccolta, così come i luoghi che vengono osservati e allo stesso tempo immaginati, ricordati. I mesi, le stagioni, le distanze, si muovono, ci attraversano, compiono azioni. Porto come esempio i seguenti versi: “Maggio ti raggiunge/ in ogni luogo porta/ la foto del tuo compleanno. (p. 72). “Il merito è dello sguardo/ che anticipa la forma. (p.74). “I luoghi che guardano il mare tengono l’alba/davanti alla porta, esplorano l’infinito con un dito. (p. 79). Molto interessante la sezione intitolata “Vita in prosa” composta da brevi brani in prosa in cui lo sguardo del poeta si mostra riconoscibile anche in una scrittura meno contratta.» (Annalisa Ciampalini)

«Dopo le intriganti pennellate sui mesi dell’anno, tramite la diffusa e insistita iterazione variata delle parole-chiave lo sguardo è sospinto tra sogno e veglia, tra ombre e luci, come a un oltre: “Bastano gli occhi a far da cerniera / tra il sogno e il vestito di un giorno // Non importa dove tu diriga lo sguardo / tutti i luoghi sono presi a prestito”. Così è della bella sezione in prosa, cui segue quasi un’opera di autoanalisi del bisogno di riconoscimento, di elaborazione del trauma della distanza (“Le distanze, non le presenze, accolgono orizzonti”) e del distanziamento imposto, del confinamento, dell’assenza che i sentieri di uno sguardo “diverso” possono colmare, “rendere ospitale”, perfino farvi penetrare il “cielo”, l’infinito, se ancora si riesca a “mettere a regime le labbra, pronunciare le parole giuste, fare del pensiero una via ferrata”. Dominano, nell’andatura del detto sapienziale, i modi della brevitas epigrammatica, e mai che le pagine rinuncino ai loro spazi bianchi, alle indispensabili dimore del silenzio.» (Matteo Bonvecchi)


Attorno a noi è sospesa di Socrate Toselli (Bassiano LT)

Socrate Toselli ha 34 anni e vive a Bassiano, un piccolo paese in Provincia di Latina. Svolge la professione di avvocato.

«Raccolta matura e convincente, per il rigore della forma, che si avvale di un verso musicale, scandito da rime anche interne, e per la densità del contenuto, che si articola intorno a un costante interrogarsi sulla natura delle cose, percepite all'interno di una realtà ambivalente, dove coesistono elementi all'apparenza opposti, e sulla natura del tempo, dove tutto scorre eppure pare si conservi. Sia dai componimenti di natura più riflessiva che da quelli (rari) più vicini alla critica sociale emerge un senso di profonda umanità, insieme al riconoscimento di una fraterna e comune appartenenza. Lo sconforto, sul cui limite si muove questa poesia, è evitato grazie anche all'accoglienza del dolore, come parte di un irrinunciabile confronto con la vita.» (Raffaela Fazio)


Liriche da Montiolo di Andrea Biondi (Treja, MC)

Andrea Biondi (Rimini 1986) si è laureato in Lettere presso l’Università di Urbino nel 2009; presso il medesimo ateneo si è specializzato in Scienze Religiose nel 2017. Insegna nelle scuole superiori del maceratese. Con Le campagne hanno bocche ha vinto il concorso Faraexcelsior 2017. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta poetica Ghironda.

«Tutte le immagini, il fascino della campagna, un paesaggio sempre misterioso, allucinato di metafisici, arcaici sentori, presago di future visioni, poi le suggestioni erotiche (o anche ironiche e autoironiche), e i notturni strepitosi – quasi a ogni verso un trasalire del cuore! – dal balcone di quella collina tutti i sentieri costantemente risuonano della realtà di cui oggi abbiamo più bisogno: la corporea concretezza, l’impatto immediato, l’impasto carnale della vita, e però sempre accompagnato dalla leggerezza d’una musica di fondo (“Con un fascio di canti / sono sceso alla valle / la vita bolliva da stordire / potevo aprire tutte le porte”), capace di trasfigurare o almeno rendere non più lievi, ma più veri, umani anche i tratti più oscuri, cosa che puntualmente accade, qui, al malioso comparire dell’ “agnello castigamatti”, il “bel pastore”, salutare epifania che ben s’addice al tema dei “piccoli”, al noto principio per cui la riserva di senso e di autenticità dimora presso gli incompiuti, gli ignoranti, gli ultimi.” (Matteo Bonvecchi)


Portolano adriatico di Francesca Parisi (Trieste)

Nata a Trieste nel 1977, di formazione classica, Francesca Parisi si è laureata con una tesi sul pensiero antroposofico. Cresciuta nella "genesi dell'idea di Mitteleuropa", ha vissuto il luogo del "Mito asburgico" quale osservatorio privilegiato della letteratura. Amante del cinema e della musica, veste in modo barocco, ma il suo carattere introspettivo nasconde un'anima selvaggia e fanciulla. Esordisce nel mondo letterario con la raccolta poetica La costola di Adamo, vincitrice del Premio Letterario Nemo 2008 nella sezione "Poesia".

«Una raccolta che ha l’essenzialità ma anche i colori vivaci e intensi di quelle carte nautiche che fin dal Duecento venivano tracciate su pergamena, così utili a individuare la rotta, i porti sicuri, a evitare gli scogli. I colori stessi delle vele dei bragozzi, quelli del mare Adriatico che, come scriveva Guido Piovene, “ha colori rari ed eccentrici, il gusto dell’anomalia; si direbbe che le acque si propongano d’imitare materie preziose e estranee”. Così avviene in questi versi. Si raccolgono e si sommano nell’associazione evocativa immagini forti e veloci, lampi della memoria, improvvisi squarci di luce, odori, sapori, sonorità molteplici come le molteplici culture dialoganti – e in maniera irrisolvibile intrecciate – che nei secoli hanno intriso quelle terre e quelle rive frastagliate come l’animo profondo della gente: dalla venezianità diffusa e rinascimentale, all’orientalità bizantina, romana, illirica, turca, greca (“vedette corse, torri normanne”; “tracine e bronzi / di Lussino”), agli apporti slavi, mitteleuropei, asburgici, arcipelaghi in cui si respira in qualche modo l’atmosfera di un mondo passato, quando non ancora offeso dai fragori effervescenti del turismo consumistico e della modernità post-industriale. Tra isola e isola, tra porto e porto, il mare vi ha ancora la luce e la placidità del sogno, così anche il paesaggio rurale nell’immediato entroterra, cogli usi, le inflessioni, i cibi, nell’eco breve di questi versi.» (Matteo Bonvecchi)


Segnalazioni


Ci troviamo soli a consumare di Felice Di Benga (Roma)

Felice Di Benga è nato a Napoli nel 1955 dove si è laureato in Scienze Agrarie e ha seguito un Dottorato in Economia Agraria. Si è poi trasferito a Roma dove vive da quarant’anni. Ha girato il mondo, è stato in tutti i paesi europei, negli Usa, in Canada, Centroamerica e Venezuela, Australia e Nuova Zelanda, e spesso in Asia. Ha visitato l’africa mediterranea, il Kenia e il Medioriente. Conosce molte lingue, l’Inglese, l’Americano, il Francese, lo Spagnolo e il Tedesco prediligendo la linguistica messa a confronto con l’Italiano lingua madre. Questa passione si è accompagnata alla passione per la storia civile e politica. Ha studiato Sceneggiatura e Regia anche all’estero ed ha insegnato a lungo in questo ambito. La narrazione è stato un campo da lui amato. Ha studiato danza contemporanea e si è esibito in piccoli teatri di Roma. Ha scritto numerosi saggi sul cinema e numerosi articoli di economia territoriale. È uno specialista del genere western. Ha lavorato nel settore cinematografico e nella Politica agraria internazionale. Ama l’arte e le Scienze sociali. Scrive poesie dall’età di 13 anni.

«Si sviluppa quasi una “storia in versi” in questa raccolta in cui il tema amoroso è incarnato in una parola incessante e passionale, che nel suo ritmo ascendente veicola l’urgenza del fissare l’assoluto carnale e spirituale del sentimento d’amore.» (Daniela Monreale)


Versidi/versi – Diario poetico ai tempi del Coronavirus di Gianpaolo Anderlini

Gianpaolo Anderlini si dedica da quarant’anni a studi sull’ebraismo e ha focalizzato il suo interesse sull’interpretazione ebraica dei Salmi. È redattore della rivista QOL che si occupa del dialogo ebraico-cristiano. Tra i libri pubblicati: Parole di vita (Giuntina 2009), Ebraismo (EMI 2012), I quindici gradini. Un commento ai Salmi 120-134 (Giuntina 2012), Per favore non portateli ad Auschwitz (Wingsbert 2015), Qabbalàt Shabbàt. Meditazione sui salmi del Sabato (Aliberti 2017), Giobbe. Opera in versi (Fara 2018), Distopie (Fara 2020).

«Ci voleva, ci era dunque necessario un diario poetico che in degna maniera rimanesse a testimone dei “tempi del coronavirus” e del confinamento: al di là della cronaca, dell’ordinaria minuta descrizione di quel che bene o male – e naturalmente più male che bene – tutti abbiamo vissuto in quei mesi, dagli endecasillabi di questa raccolta spuntano rare perle di riflessione e soprattutto denuncia d’un distanziamento che rischia ancora di radicarcisi dentro.» (Matteo Bonvecchi)

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