martedì 28 luglio 2020

Una sonorità che incanta

L’ora di Pascoli di Massimo Parolini

recensione di Claudia Piccinno



Docente, giornalista, autore e attore teatrale, dottore in filosofia e curatore di mostre d’arte, Parolini ha una predisposizione per ogni linguaggio comunicativo, ma alla poesia si accosta con una particolare creatività. In questa raccolta, il Nostro riesce a dar vita al Pascoli, inglobando nei propri versi, quelli del poeta romagnolo per eccellenza. Trattasi di un libro bilingue, in cui la versione inglese è tradotta da Francesca Diano con molte note a margine in cui si spiega l’idioma romagnolo o qualche espressione che gioco forza non ha il corrispettivo in lingua inglese. Il volume è impreziosito dalla prefazione di Alice Cencetti, docente dell’Università di Firenze, nonché dalle illustrazioni di Pietro Verdini.
Occorre conoscere la poetica di Giovanni Pascoli per meglio comprendere l’intento di Parolini, ma la sonorità dei versi così assemblati, incanta anche i non addetti ai lavori. Trattasi di uno studio antropologico, infatti l’Ora di Pascoli non ha come unico scopo quello di riscoprire il poeta del verso libero e delle onomatopee, ma si prefigge e raggiunge un obiettivo più ampio: la riscoperta della vita agreste, coi suoi ritmi, con la semplicità dei gesti, con uno sguardo alla fauna e alla flora, alle stagioni, al lento fiorire e allo sfiorire. Al centro c’è il focolare, e al desco della poesia si ritrovano i commensali da Dante in poi, fino a riunire i Pascoli attorno alla mensa del gioioso festino.
Parallelamente alle citazioni sui cibi più semplici della campagna, in primis il pane e le sue briciole, si snoda l’amore per la propria terra e il segreto che ci lascia tornare.
Il ritorno a casa per Parolini, quanto per Pascoli, altro non è che dormire al sicuro come fa il passero nel nido, ma quel nido dondola nella culla di un sogno.
Ciascuno cresce solo se sognato, scriveva Dolci, Parolini, alla realizzazione del sé, fa contribuire anche un talismano, un talismano chiamato poesia, per dirla con una metafora: un cardo che ninna.

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