Vincenzo D’Alessio, Nuove anime, Fara 2019
recensione di Michele Sessa
Testimone assai valido della paziente Irpinia, Vincenzo D’Alessio è autorevole poeta e scrittore delle “nuove anime” dei borghi della sua Terra, continuamente ferita, sfruttata, desertificata se non devastata.
“C’era una volta un paese felice / dove la gente pensava al lavoro /… sono scomparsi alberi e fiori, erbacce / ortiche, farfalle e colori /… il bambino immagina…/”
Con il suo “fuoco purificatore”, con un processo vivificante, il D’Alessio, con parole umili e semplici, rievocando i rimpianti d’altri tempi, di quei frutti antichi, dei crepuscoli di nature oramai scomparse, vorrebbe ridare vita “alle anime morte” fatte dei silenzi delle ombre dell’oggi… ma, i suoi, sono i tristi rimpianti di amori, di sentimenti di una madre-terra che Vincenzo D’Alessio più non ritrova intorno a sé, anzi tutto è “sagome di morti”… con “le voci (che) hanno perso i loro nomi”.
Intorno è solo “mal di vivere”… resta il ricordo vivificante nella solitudine della quotidiana meditazione dei segni della vita che “ci hanno ridotto in povertà”, allontanandoci dalla vita vera, avvicinandoci alla morte.
Il mondo contadino oramai è in disuso; è “punto di luce defunta”, con il linguaggio piano ed assai curato dell’Autore che consola e sconsola, e disarma vieppiù nella “magica notte”. È “stupore che caratterizza il sublime”, che scuote lo spirito del poeta mentre la sua “natura” diventa “epifania d’emozioni” che dal profondo intensamente il mondo ammonisce.
recensione di Michele Sessa
Testimone assai valido della paziente Irpinia, Vincenzo D’Alessio è autorevole poeta e scrittore delle “nuove anime” dei borghi della sua Terra, continuamente ferita, sfruttata, desertificata se non devastata.
“C’era una volta un paese felice / dove la gente pensava al lavoro /… sono scomparsi alberi e fiori, erbacce / ortiche, farfalle e colori /… il bambino immagina…/”
Con il suo “fuoco purificatore”, con un processo vivificante, il D’Alessio, con parole umili e semplici, rievocando i rimpianti d’altri tempi, di quei frutti antichi, dei crepuscoli di nature oramai scomparse, vorrebbe ridare vita “alle anime morte” fatte dei silenzi delle ombre dell’oggi… ma, i suoi, sono i tristi rimpianti di amori, di sentimenti di una madre-terra che Vincenzo D’Alessio più non ritrova intorno a sé, anzi tutto è “sagome di morti”… con “le voci (che) hanno perso i loro nomi”.
Intorno è solo “mal di vivere”… resta il ricordo vivificante nella solitudine della quotidiana meditazione dei segni della vita che “ci hanno ridotto in povertà”, allontanandoci dalla vita vera, avvicinandoci alla morte.
Il mondo contadino oramai è in disuso; è “punto di luce defunta”, con il linguaggio piano ed assai curato dell’Autore che consola e sconsola, e disarma vieppiù nella “magica notte”. È “stupore che caratterizza il sublime”, che scuote lo spirito del poeta mentre la sua “natura” diventa “epifania d’emozioni” che dal profondo intensamente il mondo ammonisce.
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