mercoledì 13 febbraio 2019

“Vivere nel lutto della gioia”

Nascondimenti
poesie di Antonella Jacoli
fotografie di Gabriele Ugolini
Grafiche Aurora, Verona, 2018

recensione di AR




Questa raccolta (volutamente priva di indice e numeri pagina), intrecciata con le cromatiche foto di Gabriele Ugolini (ho particolarmente apprezzato quelle in copertina), si compone di sestine: versi liberi in genere piuttosto corti (solo un paio di endecasillabi e uno di 13 sillabe risultano più lunghi). Come le foto, anche i versi sono nitidamente contrastati e spiazzanti: ossimori, immagini sinestetiche sfrigolanti, linguaggio in tensione fra il tono colloquiale e quello tecnico-specialistico, soggetti spesso posposti al verbo che reggono, essenzialità e densità delle scelte lessicali (non di rado polisemiche o sintatticamente ambigue).
Antonella Jacoli ama portarci nel suo mondo dandoci a volte “dritte” depistanti, allontanandosi con discrezione da materie che sono in realtà incandescenti: il suo verso le raffredda per rendercele comprensibili e quindi ineludibili. Ogni poeta infatti dovrebbe esprimere questa capacità di andare a fondo evitando emozioni facili ed effimere: sedimentando in noi i suoi versi ci sentiremo poi avviluppati dal suo discorso e in qualche modo costretti a scegliere in che modo stare al mondo (“l’assopito è complice / del fumo dei camini”). 
Ecco alcuni esempi: “Le distanze sono corpi / passeggeri senza identità”; “un grido di fraternità / diventa per il cieco / le rampe di casa.”; “Si sente meglio al buio / (…) / qualche fruscio fermaporta / di sopra dove lo stoffe / tornano a vedere.”; “Soli così soli / da spaccare il giorno / distruggere i pianeti / più lontani / vivere nel lutto della gioia”. Quest'ultima poesia, che ho citato per intero, è un vero piacere rileggerla e farla scendere nel cuore per memorizzarla by heart, come dicono gli inglesi. 
Ascoltiamo ancora qualche verso: “I sogni colpiti di striscio / adagiati sul prato del mattino / coperti con ali di cenere / mi guardano.”; “la tortora raspa / sul tetto acceso del poeta”.
In Postfazione, Antonella ricorda la Capacità Negativa di Keats, il fatto che il poeta non deve temere di sostare nell’inspiegabile, nel mistero: “Questa sospensione è infatti ciò che amo di più nello scrivere, il raccoglimento delle forze da cui emergono naturalmente ambiguità, doppi, agguati, seduzioni”. 
Nella perspicua Prefazione, Antonio Nesci ci ricorda che gli scatti e i versi di questo libro “ci guidano in un punto preciso, (…) un universo di crude realtà, comunque utili alla ricerca della propria verità”.
Sì, una raccolta sui cui ri-posare gli occhi per sentirne e assaporarne le vibrazioni.

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