Questo
suono appuntito
che
sale su e dalla terra
come
un cuneo bianco
e
plastica s’indurisce
soffoca
pulisce mastica.
Mentre
nell’alto viaggiano
come
canzoni alla radio
nuvolette
leggere leggere, e la nostra aria
stanca
che ci sta soffice
addosso
come un vento.
***
Tu
che guardi in su
verso
un cielo di spazi
e
vuoti dai giorni passati
lentamente
ritroviamo parole
lentamente
guardiamo in su
tutte
queste stelle e le distanze
solo
per vedere quello che è
il
nostro passato da accordare
a
una luna ch’è sparsa di stelle
e
lasciarsi andare
lasciarsi
liberi
lasciarsi
andare.
Viviamo
negli spazi vuoti.
(Qabala(h))
– Spazi vuoti)
***
Il
cielo ha un occhio di
nuvole
e sole
che
si estende all’infinito padano
saremo
ancora amici,
dopo
questa pioggia
instancabile,
di polvere
e
macigni che ci trasfigurano
il
sonno notturno?
Alla
fine del giorno
saper
contare non basta.
Dopo
tutto io portavo
un
cappello per il sole e tu no
tu
il sole ce lo avevi
addosso
tutto
erano
spazi aperti, senza
alberi
che ci facessero ombra,
solo
un acquedotto, passava di là e poi
si
perdeva nel nulla.
Quella
non era la pianura.
Nella
pianura seppelliamo
i
nostri morti in fila
senza
più occhi.
Per
questo ci siamo procurati
un
mazzolino di Iperico perforato,
per
proteggere quello che ci resta nel cuore
dalla
terra e dal sole
nella
terra e nel sole
nella
pietra.
(Di
bianco nel sole)
Martina Campi
(inediti)
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