FaraEditore, 2013
recensione di Vincenzo D'Alessio
Diverse volte si è cercato di accordare poesia e musica in un’unica voce. Tante sono le possibilità che entrambe offrono all’ascoltatore per calarsi nel climax che, per forza di cose, muove dall’incompatibilità verso questa o quella soluzione adottata dall’Autore.
Alberto Mori, poeta/musicista, sperimenta con successo questa combinazione nella sua raccolta Esecuzioni, edita presso l’editore Fara di Rimini. Premetto che il lettore dei versi del Nostro dovrebbe avere una buona conoscenza della musica, specialmente della musica jazz. Infatti l’autore ricorre sovente, nelle sue esecuzioni verbali, al linguaggio musicale e tecnico. Ad esempio nelle quaranta composizioni sottoposte al lettore compaiono i termini di seguito: swing, Saxofono Swatch, bassotuba, Remix, Playlist, xilophone, maracas, still frame, slide guitar, slap, Dj Box, rappata, Tom Tom, e altri.
Praticamente, quasi a dare ragione al grande filosofo Giambattista Vico, Mori tenta l’esperienza musicale dei Futuristi che videro in Pratella il loro maggiore rappresentante. Anche in quel preciso momento storico, a cavallo delle due Guerre Mondiali, la polifonia si fondeva in armonia con il contrappunto. La poesia diveniva olfattiva e tattile, proprio come il Nostro indica nella composizione n. 22 della raccolta di cui parliamo: “La tensione armonica sospinge improvvisa / La linea conchiude le mani / nel disegno tattile in composizione / Al dispiego appena labile / annotano evanescenze in battito” (pag. 35).
Sono composizioni poetiche che si avvalgono del metro [ritmo], racchiuso in parentesi in basso a destra di ognuna di esse, prendono spunto da avvenimenti reali, immaginari, dagli oggetti d’uso comune come il contatore dell’acqua della composizione n. 25: “L’acqua del contatore fa il suo giro / Scande nel circuito intubato / Rilascia numero cifrato / Quantifica il diffusorio in corso / Anima fluida nei muri / letta per idraulica erogante” (pag. 38). Sarà così anche per il biliardo della composizione n. 37 a pag. 50. È un po’ come ascoltare i versi del poeta Duccio Monfardini, nella sua poesia dedicata al frigorifero mentre ascolta la musica di Brahms. Gli oggetti divengono protagonisti quasi umanizzati della nostra/loro esistenza, dove le cifre numeriche formano parte integrate dei versi.
Le assonanze danno ritmo alle parole, la mancanza di punteggiatura caratterizza tutte le composizioni dando al lettore la facoltà di soffermarsi il tempo che occorre per raggiungere la creatività dell’Autore. Lo indicano le parole, tratte dalla prefazione alla presente raccolta di Franco Gallo, a pag. 7: “Il lettore interseca a sua volta nella poesia un tempo proprio, un suo soffermarsi maggiore su alcuni passaggi, una sua idiosincratica comprensione dello snodarsi del testo al fine di coglierne climax e distensioni.”
Molte sono le parole composte scaturite dalla penna/musicoterapica di Alberto Mori, vedi per esempio: deframmentato, chiaroscurali, percussivo, postprandiale, lucchettati, consuoni, Cambioritmo, meteotempo, ecc., per elargire all’ispirazione la massima fruibilità da parte del lettore. Esecuzioni che sanno di professionalità maturata nel corso di ritmiche frequenze e assidui contatti con il pubblico (pagante?). Mi piace concludere questo breve rapporto alchemico con le esecuzioni di Mori prendendo in prestito la sua composizione n. 38, a pag. 51: “Nel brusio alchemico escavo vociante / Poi solfeggio contrappunto / Contralto ramato sospinto / Argento soprana clamato / Finale bronzeo ridondo”.
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