articolo di Alberto Fraccacreta su Prima la realtà di Daniele Gigli, pubblicato su La Ragione, 15 marzo 2025, p. 3
La parola di un poeta del calibro di T.S. Eliot è profondamente radicata nella nostra quotidianità: pensiamo ad aprile «il mese più crudele», a The Waste Land (questa Europa ancora oggi dilaniata), all’Ash Wednesday” (con la sua citazione da una ballata di Guido Cavalcanti). Ne è ben conscio Daniele Gigli, studioso e traduttore di Eliot (oltre a essere poeta in proprio): Prima la realtà. Due esercizi su poesia e conoscenza (Fara Editore) è un libro prezioso per chi intende – à la Carlo Bo – la ‘letteratura come vita’, ossia un dispositivo ermeneutico e gnoseologico in grado di fornire verit. concrete sul nostro vissuto.
Il dittico di saggi – una lettura critica della eliotiana Terra desolata e una sintesi del pensiero di Rodolfo Quadrelli – presenta un andamento dotto e lineare: si prendono in considerazione da un lato il metodo mitico (la «relazione costante tra presente e passato») e il correlativo oggettivo di Eliot; dall’altro la «tradizione come tempo del futuro» di Quadrelli, scrittore e pensatore milanese, noto in particolare per il testo Il linguaggio della poesia (Vallecchi, 1969).
Il criterio d’indagine proposto da Gigli sembra additare un «rapporto circolare tra vita, poesia e pensiero» che è poi «un modo di stare nel mondo e nell’arte», capace di donare ricchezza all’esistenza stessa. E, infatti, di Eliot si ricorda la fede nella realtà (belief in reality), scaturita dai vertiginosi legami con la tradizione induista (la Bhagavad Gita e le Upanishad) e i Vangeli; di Quadrelli, parallelamente, si mette in questione la responsabilità del poeta quale interpellatore (e non padrone) della realtà, grazie al guizzo di luce che fa vibrare nel linguaggio usurato. In questa cornice la funzione specifica della poesia . di aderenza, di totale adesione alla sostanza e all’effettività delle cose.
«Il finale del Waste Land – osserva Gigli – segna una svolta nella concezione poetica di Eliot. Una svolta profonda e tuttavia inscritta in un alveo di continuità, e che egli stesso comprenderà sempre di più nel tempo. La circolarità mitica, la sovrapposizione di spazi ed epoche resta per Eliot a un tempo condizione necessaria e del tutto insufficiente del vivere e del fare poesia. […] Sebbene il caos persista, infatti, è evidente come il poeta possa e voglia assegnare le parti ai propri frammenti grazie all’intuizione di una guida sopravvissuta all’orrore: il proprio cuore risvegliato dal temporale, ardente di una pace che – per quanto sorpassi la comprensione – non può
non dirsi esperita e riconosciuta.»
La parola lirica, esperita in interiore homine, da intellettuale è così divenuta incarnata. Ha cioè tentato un nuovo contatto con la consistenza della materia. L’aprile eliotiano e la condizione di apatia e aridità spirituale sottolineata da Quadrelli convergono: Gigli vede in essi il richiamo contro la fine dei valori modernisti (e postmodernisti), un antidoto all’inerzia dell’uomo contemporaneo e un consentaneo ripristino della pienezza naturale.
«Il finale del Waste Land – osserva Gigli – segna una svolta nella concezione poetica di Eliot. Una svolta profonda e tuttavia inscritta in un alveo di continuità, e che egli stesso comprenderà sempre di più nel tempo. La circolarità mitica, la sovrapposizione di spazi ed epoche resta per Eliot a un tempo condizione necessaria e del tutto insufficiente del vivere e del fare poesia. […] Sebbene il caos persista, infatti, è evidente come il poeta possa e voglia assegnare le parti ai propri frammenti grazie all’intuizione di una guida sopravvissuta all’orrore: il proprio cuore risvegliato dal temporale, ardente di una pace che – per quanto sorpassi la comprensione – non può
non dirsi esperita e riconosciuta.»
La parola lirica, esperita in interiore homine, da intellettuale è così divenuta incarnata. Ha cioè tentato un nuovo contatto con la consistenza della materia. L’aprile eliotiano e la condizione di apatia e aridità spirituale sottolineata da Quadrelli convergono: Gigli vede in essi il richiamo contro la fine dei valori modernisti (e postmodernisti), un antidoto all’inerzia dell’uomo contemporaneo e un consentaneo ripristino della pienezza naturale.
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