Delta3 Edizioni, 2012
recensione di Vincenzo D'Alessio
Ogni qualvolta mi pongo alla lettura di un nuovo
libro affermo, con profonda riconoscenza, la lezione del napoletano
Giambattista Vico circa i corsi storici del genere umano. I tempi
sembrano cambiare ma gli uomini ritornano a franare negli stessi orrori
senza alcun ravvedimento.
Agli albori di questo XXI secolo
vengono incontro le medesime condizioni che spinsero lentamente la
nostra povera nazione ad una prima guerra mondiale: “La crisi economica
mondiale ha forti ripercussioni in Italia e colpisce sia le industrie
sorte o profondamente rinnovate in età giolittiana (come l’industria
metallurgica), sia quelle tradizionali come il settore cotoniero (…) Il
1913 è l’anno che vede la più forte emigrazione nella storia
d’Italia” (Storia d’Italia,1815-1990).
Paolo Saggese, scrittore,
ha intrapreso da circa vent’anni una sincera lotta contro la condizione
di stallo culturale in cui versa l’intera area scolastica
meridionale (non ultime le “indicazioni nazionali per i Licei” contenute
e approvate con D.M. 211/2010), con la pubblicazione di una serie di
libri, tra questi l’ultimo è Faremo una carta poetica del Sud – Restituiamo la letteratura meridionale ai Licei. Oltre ai libri, una
varietà di articoli apparsi su tutte le testate nazionali ,anche a firma
di grandi giornalisti, che hanno fatto propria la battaglia culturale
del Nostro. A fornire un contributo notevole a quest’ultimo libro è
stato il figlio, del premio Nobel per la Letteratura (1959) Salvatore
Quasimodo, Alessandro, con una introduzione calorosa e illuminante: “Oggi, in un epoca in cui si rischia di essere travolti dall’orda caotica
e inferocita dell’ignoranza, della banalità, del cattivo gusto, è utile
ricordare che gli autori del Sud, gli stessi che l’insensatezza di una
certa corrente di pensiero vorrebbe confinare nell’anonimato, hanno
celebrato eventi; hanno dato voce a ideali; hanno dato corpo e immagini a
idee, a sentimenti, a speranze e drammi epocali…” (pag. 11).
Il
titolo di questo lavoro, Saggese e chi con lui ha condiviso l’idea sul
campo, è tratto proprio dal discorso che tenne Salvatore Quasimodo sulla
poesia nel 1953, oggi preso come testimone della posa della prima
pietra deposta per la realizzazione di questa Letteratura Meridionale
facente parte, viva e attiva ,di quella nazionale. Tutti i coautori di
questo libro annunciano la necessità di liberare dalle prigioni
ministeriali, dalle lobby segrete dell’editoria, dall’ingiusta
collocazione nell’inferno letterario, le grandi voci poetiche del Sud
della penisola: lo stesso Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo
Sinisgalli, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Rocco Scotellaro (del
quale quest’anno si celebra l’anno storico/poetico della nascita e della
prematura scomparsa), Ignazio Silone, Tomasi di Lampedusa, Domenico
Rea, Corrado Alvaro, Francesco Jovine, Carlo Levi, Albino Pierro,
Bartolo Cattafi, Luigi Fontanella, e le voci giovani che sorgono in
questi cupi tempi di menzogne le quali lottano portando la freschezza
della loro poesia civile a conforto degli studenti sempre più poveri di
certezze e speranze di un lavoro sicuro. Anch’io citando poeti, poete e
scrittori sicuramente non ho menzionato tutti, non riuscirei a farlo
comunque, perché il filo rosso che lega le regioni meridionali è
intriso di quel sangue unico, distinto e diseguale, che è alla base del
creato poetico.
Questo libro, come quelli che l’hanno preceduto
a firma di Paolo Saggese, sono le assi sicure di quell’Arca che
dovrebbe accogliere le tante diverse voci poetiche che il Sud ha
germogliato e germoglia sulle radici antiche irrorate, nel silenzio
della terra, dalla creatività greca, dall’orgoglio contadino,
dall’orrore dei fenomeni naturali che mietono vittime innocenti e
imprimono nei versi il dolore delle perdite e l’infaticabile sforzo del
ricominciare nella medesima terra.
Come hanno scritto Saggese,
Iuliano, Di Napoli e Nannariello, nel prologo: “Attendiamo, comunque,
con fiducia, che questo errore possa essere sanato dal Ministero entro
la fine della Legislatura. Ma è inutile dire che, perché questo avvenga,
abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti” (pag. 6). E lo stesso Nannariello
ribadisce nel suo intervento a pag. 61: “Non tutti hanno prestato la
loro voce come convintamente ha fatto da marzo «Il Corriere della
Sera», specie con «Il Corriere del Mezzogiorno».(…) ossia che il
Mezzogiorno d’Italia non produce cultura, a parte quella dei
caciocavalli e dei formaggi, dei salumi e degli altri insaccati. Ma
questo in verità non è stato, né davvero si poteva sperare, considerato
che molti politici, amministratori e operatori culturali del Sud la sola
cultura che nella loro sconcezza promuovono è quella dei prodotti
tipici locali. Per questi ignoranti di sé, del proprio patrimonio e
della propria storia, per questi dell’indecente cultura del ventre
quell’altra non esiste o, se esiste, non vale la pena conoscerla
neppure, considerato che «non si può mangiare» (Tremonti docet), non
serve a niente.”
Sulla scacchiera italiana questo lavoro, a più
voci, sintetizza e si rende testimone di un momento profetico della
“battaglia” intrapresa, nel silenzio civile che distingue la Cultura,
forte della “Voce” dei giovani: calda e splendente, sole che scalda e
scioglie le brutture del freddo, che il Sud di ogni nazione sa offrire
nei momenti più tristi della storia degli uomini.
1 commento:
Mah! Io sono un poeta del Meridione, scrivo dall'età di dieci anni, ho pubblicato libri, saggi su riviste importanti, recensioni, ho sviluppato una strategia di lettura della poesia denominata "Critica Operazionale" che ha dato prove eccellenti... Ma non mi cita nessuno, e neppure qui sopra mi ritrovo, dove si ritrovano solo i soliti grandi nomi, benedetti dai baroni universitari. È perché non valgo niente? Ma mi avete letto? No. Neanche voi. E allora?!
Domenico Alvino
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