recensione di Paolo Gulfi al saggio di Serse Cardellini inserito in Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole infomratiche
È insolito leggere un testo poetico nel quale
la nota dell'autore è così intrisa e densa di significati e di riferimenti
extratestuali. Il testo poetico di Serse Cardellini Poesia Aurea edito
dalla casa editrice Fara Editore al volume antologico Scrivere per ilfuturo ai tempi delle nuvole informatiche (Rimini, 2012) risulta in ultima
analisi un approccio metalinguistico alla poetica dei giorni nostri, e vorrebbe
ispirare la contemporaneità introducendo un nuovo metodo di fare poesia. Non è
insolito invece la partecipazione di tale scritto all'interno dell'intento
programmatico di Riccardo Tristano Tuis, il quale attraverso un vasto programma
di elaborazione musicale, ha introdotto la Golden Scale. Tale approccio
musicale si avvale «anche di tecniche antiche rivisitate attraverso la moderna
programmazione neurolinguistica […] basata sulla matematica dell’8»[1].
Il poeta Cardellini introduce un breve excursus della numerazione che ha
portato alla nascita dell'abaco ed alla sostituzione della numerazione romana
con quella araba. Il suo intento primario è la strutturazione di una poetica
aurea, la quale ritrova nella numerazione fibonacciana il suo impianto
numerico-poetico. Come scrive il poeta, l'unico che abbia magistralmente saputo
erigere una tale poetica fu Dante Alighieri, il quale nella sua Commedìa ci
offre un emblema ancora vivace e splendidamente maestoso. Ma il poeta ci
avverte subito dicendoci che tale concezione non si impose nella poetica
medioevale e rinascimentale e che, per moltissimi aspetti, è rimasta tacita e
inoperata. Il suo intento quindi è l'introduzione, la strutturazione e la
nascita in chiave contemporanea di una poetica aurea la quale rispetti le
sublimi proporzioni geometriche e divine, «nel tentativo di proporre una poesia
aurea dove il verso libero e quello metrico possano convivere nel medesimo
spazio, condividendone il tempo»[2].
La poetica si basa sulla serie aurea di Fibonacci e sulle proporzioni del φ, il
quale si presenta internato nel verso in multipli e potenze. Sia
nell'architettura che nella scultura, nella musica così come nelle arti
grammatiche tale valenza ha dato proporzione matematica ad ogni stile
conosciuto sin dall'antichità[3].
L'opera è divisa in tre canti, rispettivamente di 34, 55 e 144 versi i quali
rispettano, nella struttura e nella metrica la proporzione aurea del φ (ad es.
il primo canto è suddiviso in tre stanze da 8, 13 e 13 versi; addizionando i
numeri delle prime due stanze 8 + 13 = 21 e dividendo tale somma per il numero
di versi dell'ultima stanza 21/13 = 1,615, si otterrà il quasi equivalente
corrispettivo della sezione aurea in
φ, cioè 1,618034). Tale schema è rintracciabile in ogni canto e più
aumenta il numero dei versi di ogni stanza più il corrispettivo equivalente
della sezione aurea verrà rispettato. La poetica dei versi non seguirà tanto il
conteggio metrico adottato nella poesia italiana ma seguirà, e questa novità è
piuttosto interessante, il ritmo accentuativo del verso, che sarà la base della
nuova musicalità poetica. Solitamente nella metrica italiana si è sempre
prediletto l'endecasillabo per la duttilità che presenta nell'accentazione in
posizione libera, se si esclude l’ultimo accento che cade sempre sulla decima
sillaba. In quest'opera verrà prediletto il quaternario piano, verso di arcaica
memoria e il novenario. Entrambi verranno collaudati all'interno di un verso
inutilizzato nella poesia italiana che è il decatrisillabo (come composizione
di un quaternario e di un novenario), rispettando le proporzioni auree
riscontrate nella serie numerica di Fibonacci. Un aspetto molto interessante
dell'approccio poetico elaborato da Serse Cardellini è un qualcosa che nella
poetica contemporanea è internamente presente, ma che nell'intento del nostro
poeta viene estrapolato in quanto centro pulsante della poetica aurea. Si
tratta del phrēn (cuore, mente, diaframma, respiro), noto ai saggi e
poeti dell’antica Grecia. Questo plasma alchemico è composto da un totale di 40
versi e potrebbe essere definito il cuore speculativo, strutturale e
poetico-mistico della Poesia Aurea. È incredibile notare come, volto a sé, tale
centro pulsante sia autonomo dal resto, strutturandosi come una poesia a sé
stante, con un proprio intento che chiarifica parallelamente la poesia aurea
annunciata. Del resto l'abilità di un poeta non consta soltanto nello scrivere
versi di notevole bellezza ma vi è più nella sua capacità di veicolare un
messaggio, il quale in ultima analisi ci dia quel divino, di cui la
parola è stigma. Un ulteriore
sguardo si deve dare al verso centrale della poetica aurea, l'inutilizzato
decatrisillabo, il quale rispetta non solo le proporzioni auree più di
qualsiasi altro verso presente in tale poetica ma anche, se per un momento
togliamo la cesura fra i due emistichi, la sequenza pitagorica che portò
all'enunciazione del famoso teorema.
La Poesia Aurea si pone in apice uno scopo ben
preciso: ricostituire la poetica contemporanea partendo da una base
alchemico-mistica che riconduca ad
una precisa musicalità poetica. Tale musicalità avrebbe, attraverso l'analisi
di Riccardo Tristano Tuis[4],
la prerogativa di risvegliare le capacità assopite nel cervello che potrebbero
in ultima analisi dare un apporto cosciente alla vita di ogni giorno. Vi è
un'antica conoscenza che è andata verso l'Oblio dei Tempi e che solo
dall'Ottocento in poi (così come moltissima conoscenza matematica e logica) è
stata riscoperta e ripresa in chiave terapeutica e anche scientifica. Oggi
potrebbe essere il giorno della Poesia, di riscoprire le sue antiche geometrie
e di innovare attraverso la proporzione del numero aureo la propria arte al
nuovo secolo ed al nuovo avvenire dei Tempi. Per questo e per altro ancora il
nascere di una Poesia Aurea.
sopra volti,
conosciuti in giovinezza.
tra compagni
non fu mai troppa
la prudenza
per la sete, di
chi vuole salvo il cuore
dal rimorso.
le alture in cui
s’annida
l’iniziato,
ispirato al santo canto
l’uomo salva
dall’utensile che
ammazza.
la misura, tra la
mano e la carezza
- sai ho paura -
quello spazio di
un per sempre
le stagioni,
ritornare a fare miele.
impauriti
- se puoi
stringimi al tuo petto -
invecchiamo, ci
troviamo impreparati
a pensare
cose simili ad un
sogno.
l’ora tarda,
quando provi a coricarti
l’imprevisto
troppa brace
dentro l’anima
troppe stanze, da
svuotare e rimbiancare
- la mia fede -.
il deserto in cui
partire
l’alto cielo,
geometrie tutte da tessere
poi la festa
labirinto in cui
danzare
leggerezza, d’un
ascetico avvenire.
rosea croce
dietro bianco e
sacro velo
del Risorto, suo
divino sguardo amato
mappamondo
della terra tanto
attesa
della morte, si
dirà che è solo morte.
mio fratello
schizofrenico
invasato
pani pesci, li
moltiplica e li dona
quasi rido
penso quasi di
adorare
del divino, la
parola umano stigma…
[3] Cfr. A. Fabre d'Olivet, Histoire philosophique du genre humain, ou L'homme considéré sous ses
rapports religieux et politiques dans l'état social, à toutes les époques et
chez les différents peuples de la terre, précédée d'une dissertation
introductive sur les motifs et l'objet de cet ouvrage (2 volumes, 1824).
Réédition: Éditions traditionnelles, Paris, 1966.
[4] R. Tristano Tuis, 432 Hertz: la rivoluzione
musicale. L'Accordatura Aurea per intonare la musica alla biologia, Nexus
Editori, 2010, p. 74.
1 commento:
Gran bel lavoro di Serse, con il quale ho potuto interagire già in passato, su questo argomento.
Complimenti a lui e a voi.
Saluti cari
Bux A.
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