recensione di Narda Fattori
Il poeta è sempre innamorato:
della parola, della visione. La poesia è il farsi oggetto fruibile della
complessità di questo incontro-innamoramento. La parola suona “altra” anche
quando è usuale e la visione coglie un barlume appena di quanto abbiamo sotto
gli occhi abitualmente oppure ci spalanca frange di memorie e anche assoluti.
In Pronto Soccorso: (…) respira a fatica… / ieri sera tranquilla,
nel suo letto, / ora sembra sfollata / sfrattata dalle cose consuete / noi tutti,
come lei saremo presi / nel cuore di una notte, ribaltati e presi.
La poesia non può prescindere
dall’esperienza, dal vissuto, dal passato; anzi la poesia gioca con il tempo:
ciò che è stato diventa ciò che è perché nel momento che lo afferra lo porge presente, palpitante,
perlaceo come un ritrovamento antropologico, dopo che è stato ben ripulito.
Perché il poeta usa il materiale
spurio che fu per esibirlo nel suo nitore, nella sua innocenza significante. “Di tanto… questo resta”; e ciò che resta è ciò che ci ha plasmati e
identificati.
Franco Casadei è poeta e
soprattutto in questo nuovo libro, scarno per numero di poesie e per concisione
delle stesse, ha compiuto un balzo verso il nitore chiaramente percepibile,
verso un’essenzialità dove nessuna parola è in eccesso e nessuna manca.
Molte scorie sono state
abbandonate, la visione è nitida, il ricordo è suggello, il paesaggio si è come
prosciugato e il poeta tesse un fitto dialogo con l’essere qui, ora, l’avere
visto, la sicurezza dell’oltre, la certezza della sua imperfezione al cospetto
di un Dio che si spera misericordioso.
Le certezze di Franco sono salde
ma non è dato all’uomo di penetrare il mistero:
Non c’è ragione al morire
si ha un bel dire
è un decorso naturale.
Sindone nera, la morte,
buio fondale.
Dovremo comunque attraversarla
nell’attesa che la notte deflagri
e ci svegliamo dal’offesa.
E più chiaramente , la poesia
precedente si chiudeva con questi due versi: La mancanza sento, una mancanza, / la firma segreta sta dentro alle cose.;
l’uomo può solo cogliere la
superficie delle stesse, è impedita la visione di quella firma. Ma
frequentemente nelle poesie del libro cogliamo questa discrasia fra una
certezza di fede e un’oscurità di visione. La morte è temuta, perché è la vita
che conosciamo, anche nei suoi risvolti più duri e violenti che ci ha plasmati;
l’edenico resta mistero e resta
anche il timore di non avere ben risposto alle richieste della Parola divina e
quindi di essere stati più di argilla che di talenti.
Il tempo gira come una ruota consumata / – anche la meridiana ha perso
il chiodo – / rimangono le mani/ a pelo d’acqua a chiedere perdono, questa
consapevolezza della fallacità, della fragilità, dei cedimenti può confidare
solo nel Divino Cuore misericordioso . La vita è parola che si fa respiro, la
morte è… terra che mi riprendi, dice sovente il poeta. Trascendenza e
immanenza coabitano e talvolta configgono, a favore della parola che ha la
caratteristiche di entrambe: è comunicazione e ri-creazione.
Sono molte le poesie che
insistono su questa tematica di prossimità al redde rationem da cui trapela un
timore, un’ansia di essersi troppo spesso compiaciuti ugualmente apparentata ad
una saldissima consapevolezza del perdono.
Naturalmente non mancano bozzetti
struggenti: le corsie d’ospedale enigmi d’occhi, mani adagiate;
la terra natia: lontano, là / l’ultimo
lembo della piana / e all’orizzonte infinito il mare / che nei giorni di chiaro /
regala il bianco della vele/ sono nato qui/ e qui respiro; La donna della
carrozzina bianca: (…) D’inverno l’aria affila il gelo / mangi piatti grami, / una
notte di nebbia ti ha dissolta / sono rimasti i muri e l’eco di una tosse.
Mai come in questo libro Casadei si era messo a nudo e aveva
permesso che il suo respiro e la sua visione si deponessero sulla pagina, ma,
forse è proprio per questo motivo, che compiutamente si spalanca alla poesia.
La donna della
carrozzina bianca
A una donna senza nome
Da anni lo stesso perimetro di spazio,
ai lati della chiesa al far del giorno
ai lati della chiesa al far del giorno
la notte sotto i portici al riparo,
la carrozzina bianca di bambina.
Nei giorni del vento e della vela
ti sei lasciata
andare, era d' autunno
con il suo scialo di nuvole e di foglie,
le vene del collo raccontano il dolore,
con il suo scialo di nuvole e di foglie,
le vene del collo raccontano il dolore,
ne avverto lo sguardo che sfiora le
mie mani.
D'inverno l'aria affila il gelo
mangi piatti grami,
mangi piatti grami,
una notte di nebbia ti ha dissolta
sono rimasti i muri e un' eco della tosse.
Bruno e Rosalba*
Quella sera, dopo la fiumana, la riva
sfaldata al gioco delle vostre corse
ingenue, non siete tornati
sfaldata al gioco delle vostre corse
ingenue, non siete tornati
e io, di tre anni, tre giorni
sulle ginocchia di mia madre,
abbracciato al suo dolore.
sulle ginocchia di mia madre,
abbracciato al suo dolore.
Adagiati su legni di porta, dalla bocca
un rivolo sottile di bava, di melma,
un rivolo sottile di bava, di melma,
gente dai casali, dai vigneti e donne e vecchie
– un mormorio sommesso per l'aia –
– un mormorio sommesso per l'aia –
chi si segnava, chi portava acqua, chi lenzuoli
e fiori, due uomini in nero dagli sguardi lunghi
e io, di tre anni, tre giorni
su quel grembo duro di singhiozzi
in attesa di un risveglio
in attesa di un risveglio
come quando Rosalba e Bruno
si fingevano, per gioco, morti
si fingevano, per gioco, morti
stagioni di silenzio, di
respiri grandi
come il vuoto, troppo lungo il gioco...
come il vuoto, troppo lungo il gioco...
non aspetto più i loro scherzi, i salti
con la corda. mia sorella che mi spettinava
quel ventuno settembre piangevo
per venire alo fiume, avreste custodito
i miei tre anni, vi avrei salvato forse
forse avete salvato me.
* In memoria di Rosalba e
Bruno di 11 e 12 anni, miei fratelli maggiori, annegati insieme nel 1949 in un torrente
sulle colline romagnole.
I cimiteri poveri
Mi commuovono i cimiteri poveri
in riva al mare, su in collina
in riva al mare, su in collina
o all' ombra delle chiese di campagna,
fra gli odori di bosso e di cipresso
fra gli odori di bosso e di cipresso
si cammina in silenzio
su sentieri di erba e ghiaia
i marmi un po' sbrecciati
i marmi un po' sbrecciati
le statue dai manti verdi di
muschi
a Fatica si decifra sulla pietra
chi ha vissuto un secolo, chi un giorno
tombe con qualche fiore o incustodite
lampade velate fra le ragnatele.
tombe con qualche fiore o incustodite
lampade velate fra le ragnatele.
Sarà il luogo del riposo,
all'incalzare del vento
all'incalzare del vento
mi consegnerò, non farò
obiezioni
II pedaggio
Di fibra tenace siamo, un poco
e un poco d' argilla che rovina.
Chi pesa il bene e il male,
e un poco d' argilla che rovina.
Chi pesa il bene e il male,
chi tiene il conto delle ore?
Pagherò il pedaggio
prima del commiato,
che io meriti la terra che mi copre
che io meriti la terra che mi copre
e vi cresca folta l’erba.
Partire soltanto per vedere il mare
A Marina Corradi
Una volta nella vita,
all'insaputa
partite solo per vedere il mare
partite solo per vedere il mare
spiando con ansia quel punto di
strada
in cui, 10 sai, apparirà all' orizzonte
in cui, 10 sai, apparirà all' orizzonte
la linea che non si può varcare
come un clandestino addentrarti
poi
in uno di quei borghi accalcati
in uno di quei borghi accalcati
sopra i sassi, concederti al
vento,
portarti via quella luce come
fossi un ladro
tornare a casa e solo tu a
saperlo.
Una chiesa aperta
Nella campagna solitaria
o nel tumulto di strade cittadine
trovare una chiesa con la porta aperta
in un giorno qualsiasi
trovare una chiesa con la porta aperta
in un giorno qualsiasi
che non sia di festa.
Entrare in una chiesa
da soli, in orari inusuali
per abitudine, per impulso
per abitudine, per impulso
_ piove e sei senza l' ombrello -
a chiedere, a starsene 1ì muti.
a chiedere, a starsene 1ì muti.
Un cenno d'inchino davanti al
cero rosso,
alla Vergine, a quel crocifisso antico
alla Vergine, a quel crocifisso antico
che - dicono - faccia grazie
e guarda te, come ti aspettasse.
Seduto ai bordi della panca,
ti togli gli occhiali,
ti togli gli occhiali,
un caso sarà, sarà un miracolo:
uno c'e sempre - almeno uno
che prega o non prega.
uno c'e sempre - almeno uno
che prega o non prega.
Anche il cielo è nudo
Delle campane a festa si è dissolto
il suono, l'acqua attinta al pozzo
non disseta, anche il cielo e nudo
e la notte veglia sola
il suono, l'acqua attinta al pozzo
non disseta, anche il cielo e nudo
e la notte veglia sola
dovremmo accettarci come i fiori,
non disdegnare di morire.
non disdegnare di morire.
La ferita d' origine
Un veleno inquina le falde della vita,
siamo malati dentro,
siamo malati dentro,
grano infecondo che non spiga.
Mischiata alla luce, innata
Mischiata alla luce, innata
c'e una pulsione torbida
nel cuore.
Il male
è accovacciato alle mie
porte.
L'illuminista
La pretesa di misurare il mondo,
il suo confine, come avesse
inizio e fine,
scopo con Furia perseguito,
scopo con Furia perseguito,
la realtà ostinata
più estesa della mia veduta,
Infitto nel mio perimetro di
spazio
- nell'interstizio del tempo che
e la vita -
alterno franamenti a voli.
alterno franamenti a voli.
Ci sarà un'orbita imprevista,
dopo questo viaggio,
dopo questo viaggio,
un punto non mio che resista?
Treni e stazioni
Vedere passare i treni merci,
i carri rugginosi
i carri rugginosi
sferraglianti verso mete ignote,
vederli inerti sui binari morti
nell' attesa di esser liberati,
vederli inerti sui binari morti
nell' attesa di esser liberati,
gli scambi che scattano
e indirizzano il convoglio al
suo destino
vedere i treni passeggeri, il muso
affilato
che si avventura fuori della tana
che si avventura fuori della tana
e alla stazione, quel vociare
confuso,
la malinconia e l' ansia
la malinconia e l' ansia
di chi e in partenza o aspetta.
E quelli in attesa di nessuno,
E quelli in attesa di nessuno,
ma stanno 1ì ... che non si può
sapere ...
Quel treno
Nella
vecchia stazione di Cesena
aspetterò
aspetterò
dalla
curva dolce dei binari
apparirà dal nulla all'improvviso
quel treno
apparirà dal nulla all'improvviso
quel treno
con
gli occhi opachi
e il suo fischio acuto
e il suo fischio acuto
per un solo passeggero
scenderà l' uomo in divisa,
scenderà l' uomo in divisa,
con
garbo indicherà la mia carrozza
guarderò
dai finestrini, alla partenza,
le strade bianche delle mie colline
le strade bianche delle mie colline
e il
mare.
Dirò
grazie, appena un po' commosso.
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