Antonio Spagnuolo, Dissolvenze e sussurri, la Valle del Tempo 2025
recensione di AR
Con una scrittura elegante, venata di ironia; con l’uso di immagini spesso ossimoriche, sensuali e avvolgenti, Antonio Spagnuolo ci dona una raccolta di ballate che riassumono una vita in quadri innervati da una matericità alla van Ghogh, quindi anche intensamente spirituale, perché il ricordo rimanda spesso a un oltre, al prenderci cura del prossimo, a leggere una realtà contraddittoria, devastata da conflitti, violenze (anche all’ecosistema), brutture e ingiustizie, ma anche costellata di bellezza, gesti di empatia e buone azioni (spesso nascoste): “Spaziando trasognato tra gli sguardi, / tra i rovi incandescenti delle notti, / per decifrare il dono del mio autunno, / e ripetere mille volte ancora / l’intarsio di quei giorni ricomposti, / contino a penetrare la memoria.” (Proposte, p. 36); “Nel sogno riappare la tua carne. / Io con violenza la palpo / per accertarmi che sei di nuovo viva, / nuda tra i cuscini roventi.” (Sogno, p. 13); “Nessuna forma del cosmo / esclude l’onda che refluisce / ed imprime lo specchio fragoroso / capace di esplorare spazio e tempo.” (Spazi geometrici, p. 17); “I pensieri hanno stagioni in cornice / diventando più spesso dei riflessi / confusi a corporei lampeggi.” (Riflessi, p. 18); “Parole allora di colre rosso / proietteranno gli ultimi sguardi invidiosi / tra i brividi che suggellano il congedo. / Ecco i frammenti ricomporre memorie / per la mano che scava rovistando.” (Qualche pozza, p. 21).
Se la tecnologia, oltre a molteplici vantaggi, rischia anche di plagiarci (“È il mouse che tallona ogni linea / incisa nella memoria e nella strana / realtà divenuta artificiale. / Anche la foto colpisce l’istante / come brocca assetata dell’eterno, / coinvolgendo i segreti del consenso.”, Ventagli, p. 10), abbiamo ancora un corpo pulsante, respirante, “animato”, tendente all’infinito benché pieno di dubbi e spesso in bilico tra fede e sfiducia: “Qui sono la tua carne come trina / impreziosita nel delirio dell’ignoto, / e negli alveoli mi penetra più scuro / lo scambio tra la pelle e le parole. / Nessuno saprà mai lo stesso senso / del battere le tracce e l’erosione.” (Erosioni, p. 22); “Prima o poi smetterò di ammollare / nella nostalgia. / Forse farò finta di sfogliare il futuro / cercando ancora quella gioia che un tempo / affondava nel ventre e tu eri l’incanto.” (Ricerche, p. 24); “Ferito nella fede e disperso / nei millenni promessi dal credo / sfilaccio ciò che resta del mio corpo / sbavando gli ultimi solchi / del breve arco che mi fu concesso.” (Arco, p. 26); “Eppure c’è un seme tra polveri e macerie / che è il sogno di un bimbo che ammira le stelle / e chiede smarrito il silenzio. / Ferita e divina ritorni la tua preghiera / fra le carni strappate e i ricordi di amore.” (Gerusalemme, p. 27); “Scotomi scintillati nel rintocco / delle sere in abbandono / quando gli errori smontano visioni. / Nell’imprevisto ancora una coscienza / invoca tradimenti dai profili accennati, / quasi per ingannare il gioco, / ma fissato il giorno della dipartenza / scommetto che anche Cristo mi rifiuta.” (Dies irae, p. 28). Quest’ultimo endecasillabo mi “sembra un risolvere la scommessa pascaliana desiderando sotto sotto un Cristo accogliente (come del resto i Vangeli testimoniano), sempre sospeso “fra il timore / di ascendere alle stelle o cadre / nel trepido viale delle statue.” (Ha detto, p. 31):
Con la saggezza di chi ha una ricca esperienza di vita, il Nostro afferma in Pulviscolo (p. 33): ”Come marea ingannata dalla riva / è fingimento anche il silenzio / che turba gli angoli del vento / e la carne diviene memoria.” Struggenti le immagini della “marea ingannata”, dei turbati ”angoli del vento”, della carne che si fa “memoria”.
Se è inevitabile che la vecchiaia inneschi momenti di nostalgia dato l’inevitabile lavorio del tempo, queste poesie sono vitalisticamente ricolme di umanità, di pietas, di desideri espressi con acuta consapevolezza. Ad esempi in Libertà e tragedia (p. 34): “Nel cuore resta una scintilla, / una parola scritta in ogni muro, / «liberà» – maledetta e benedetta – / che arde nel tempo e gioca nei contesti. / Non è conquista, ma eterna scelta, / tra l’amore e rovine, / fra chi dona e illusione che trascina.”

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