dalla nuova silloge Cuoia di Gianni Marcatoni
… dunque perdemmo il filo del discorso;
i fili della terra si spezzano.
Molte volte vi furono oscurità di metallo
che colpirono una perenne tensione,
e innumerevoli mani strette tra loro
trovarono uscita nel cammino gessoso
di un fiotto di pace.
Pace Signore
perché si può essere pieni di voglie.
Non abbiamo idea di dove la realtà
covi il proprio ventaglio spigoloso,
così dietro a qualcuno perdiamo
troppi anni di vita,
passiamo notti di un’agonia infinita.
Ma non ti sento arrivare,
non sento campanelli suonare,
non ti sento gioire. Che la tua gioia
sia sapere chi sei
in mezzo a un groviglio di rovine
*
Fummo noi la caduta improvvisa,
fummo noi un raggiro assoluto,
un colosso senza guida, una costruzione
senza vetrate. Fummo noi la caduta
nell’incomprensione, la sterile coppia
che ha incontrato i propri figli invecchiati.
E perdemmo molte vite cercando la nostra
che non si è mai trovata, mai avuta,
mai scambiata. E tu fermo mi guardi,
cambi discorso, sei cupo - o forse irritato.
Di noi hanno detto poco,
quel che mancava da dire:
che zoppichiamo abbandonati
dentro una fiaba
*
In una corsa - a stento - vengo espulso
dai fitti centri nevralgici,
dalle plurime direzioni stranianti.
L’aurora in appena due istanti
si è ripulita del rosso
per lanciarsi in fondo a un fuoco vivo.
Sono malato di un'insonnia acuta.
Se fosse così utile rischierei la risalita
per giacerti intorno, senza nulla da perdere,
con un coraggio annientato.
Ma sono malato amico mio,
sono un caro malato, così malato
come fossi un infetto, appestato sono io,
l’umano essere malato
*
L’oppressione proiettata nell'immediato:
è lui il gemello perduto,
cresciuto fra i capelli e nelle membra.
Afferra il pugno, custodisci i suoi averi,
non vedi che la torcia è spenta
e ignaro è il sonno quando s'addentra?
La parete ha formato un vistoso grappolo,
la foglia, così tremula
si è compattata come sentisse sviluppare
l’inverno da un tenero nocciuolo.
Accogli i miei dubbi, sopravvivono
a un luogo processato, dove io
(nessuno) per ultimo ho alzato la mano
*
Se ti sento non ti porto via con me,
per le rapide di un torrente
che gronda polpa fibrosa.
Se ti sento non ti lascio correre lontano,
come schizzi di una sacca andata in pezzi,
esplosa in orbita, in mille anni luce.
Credimi se ti parlo e dico
che non sono sopravvissuto a nulla,
che non sono tutto quello che gli altri
dicono sul mio conto.
Che recito un ruolo da moribondo,
accerchiato fino al midollo,
per un germoglio strappato
e sento di essere dappertutto fuori
*
Perdemmo la felicità in pochi giorni,
a piccoli passi, a brevi morsi.
Abbiamo incendiato la nostra dimora
piena di menzogne, con fiamme alte
che arrivavano a più di venti metri.
Abbiamo creduto a poco, voluto meno.
Resta la materia al di là del valore
che nessun valore può cambiare regola.
Ogni scelta cambia, ogni circuito,
ogni lesione, ogni sussurro
diviene pace di un tempo, pace di una sorgente,
di chi incontra la sua ultima volta
e ne attende la sorte
*
Non serve dolersi oggi
che sei solo e che hai imparato
a fare ogni cosa dentro casa,
come tenere pulite le stanze
o piegare i vestiti,
organizzare quando esci, i vari giri.
E poi rientrando
non terminare mai di mettere ordine
in cucina, e nella vita,
chiamare gli ultimi affetti
e sorridere nella lunga notte,
dove non sopravvivono che ombre

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