Stefano Calemme, Atlante delle ferite, Fara Editore 2025
recensione di Roberto Casati
Ho conosciuto Stefano Calemme a Rimini, ad un evento organizzato da Alessandro Ramberti, durante il quale il poeta ha letto alcuni inediti che avevano attirato la mia attenzione. Non sono un critico ma scrivo e leggo poesia da tanti anni e sono felice quando trovo testi che sanno colpirmi. Quest’attimo di felicità è stato ora confermato dalla lettura di “Atlante delle ferite”, opera che si è classificata al primo posto nel concorso Faraexcelsior, ed è appena stata pubblicata nella collana di Fara Editore. Questa opera poetica rappresenta un ideale viaggio nell’anima, tra gli orizzonti che il tempo e le situazioni ci regalano nel percorso della vita: dalle fredde temperature, gli strappi personali, i cieli notturni e le paure del buio (Orizzonte Nord), ai luoghi da cui sorge il sole, promessa di possibile rinascita e ricercata crescita, soluzione ai vetri rotti che la vita ci regala (Orizzonte Est), alle terre in cui il caldo cresce, a volte a dismisura, facendo così marcire frutti e rapporti, ma anche luogo in cui l’amore cresce e si sviluppa (Orizzonte Sud), per terminare dove il sole tramonta, dove si spengono le attese a volte così fragili di convivenza, fino a perdersi nella guerra e nell’abbandono anche verso i nostri vicini di pianerottolo (Orizzonte Ovest).
In questo pensiero ben strutturato la parola, mai banale, non va alla ricerca di inutili sperimentalismi, troppo spesso oggi presenti nella poetica delle nuove generazioni, ma invece, rimanendo nel solco della poesia lirica trova sguardi nuovi, colorando le immagini con una musicalità evidente. Si apre lo sguardo del lettore sulla riflessione, sul dolore del vivere, sulla fragilità in cui i momenti di poesia sono lampi delicati che accompagnano il cuore di chi legge.
In conclusione, “Atlante delle ferite” è un’opera prima importante, che richiede un’attenta lettura, comprensibile nel percorso che delinea, di parole che lasciano il segno. È un bel libro da leggere e rileggere, scritto da un autore non ancora trentenne di cui sentiremo parlare ancora.
Scelta delle poesie:
11
Sei da sempre la neve che tutti i mari
si contendono come miracolo
dell’apparire del tempo,
hai reso casa i relitti
abbandonati negli strati di silenzio
dove si nascondono le anime accarezzate,
hai provato con il mio a rendere sacro
il cuore opaco di un fantasma.
32
Passeggiando fra le tue ossa
ho visitato le rovine di una città
come in pellegrinaggio per la pace,
c’erano mura spoglie del calore umano
battiti conservati nel vetro
e un mucchio di acerbe ansie.
Al centro una piazza custodiva
il tuo incerto andare con un tempio
ad una sola colonna,
irraggiungibile per ogni bussola.
Mi indicava una via antica,
la traiettoria primordiale degli inizi
ma io non sono mai cominciato
ho sempre preferito perdermi
nel miracolo sensibile delle tue strade.
42
Il richiamo di chi si disannuncia
ha il valore di un inno cantato
da una frontiera senza il peso
della gravità, l’argine
dove le cose senza nome vanno
insieme per cieli.
Così ho imparato ad allontanare
spesso anche io dal chiasso
l’ordine in fila dei miei passi
metterli in cammino senza
che per forza siano,
come nella maniera giusta di bastarsi
rinunciare.
57
Nessuna tua luce si è mai arresa
prima di giungere a rimbalzare a terra,
erano sempre sane correnti vive
svelate al freddo che trascinava
i miei pesanti carichi di naufragi.
Tutto attratto a me sdraiato fingevo
nel lungo rito del disgelo
di seguire il tuo sbocciare a ritmo,
ma arrugginito mi hai scoperto
a lasciarmi diminuire, la lenta
disposizione delle ombre in cui abitavo.
Tu alla deriva sei una reliquia
destinata a incastrarsi nei fondali
sommersa dai richiami di chi non ti trova.
Io mi disperdo come il buio che cade
nella buca, dimentico anche il ricordo
di ricordare che tu mi fai fiorire.

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