lunedì 14 luglio 2025

“l’anima non abita dentro il proprio tempo”

José Tolentino Mendonça, Estranei alla terra
Crocetti Editore 2023
traduzione di Teresa Bartolomei


recensione di AR


Scrive incisivamente Alessandro Zaccuri nella Prefazione: “Un’opera può essere spirituale o addirittura religiosa solo se è radicalmente e quasi disperatamente poetica, non il contrario.” (p. 6); “Apostata, guerrigliero o addirittura 'fuorilegge' può essere dunque il poeta…” (p. 7); “Nessuna morte (…) riuscirà mai a cancellare del tutto quello che una vita ha significato. (…) Ma questo non può accadere se l’alterità non viene assunta nella sua forma più alta: se l’altro non è annuncio e ombra dell’Altro.” (p. 8).

Più o meno a metà del libro (p. 97) troviamo Cronometrie, poesia ricca di tensioni discrete, di sapore pessoano/borgesiano, che riproduco integralmente:

Ai tempi di Erodoto erano in uso
metodi più esatti per misurare il tempo
lo sgocciolamento dell’acqua nell’anfora
lo scorrere della sabba, un granello dopo l’altro
il viaggio dell’ombra, come se non fosse

Il cardinale poeta ha un dettato icastico, le immagini hanno un dinamismo creativo e avvolgente che ci trasporta, ci porta “oltre” con una velocità ammaliante, paradossale, non priva di inquietudine: “insegui a perdifiato la nuvola / e quando lei resterà solo un colore / non cessi di meravigliarti la sua volontà / di ricominciare ogni volta di nuovo” (p. 177); “le lingue sono porte / che si aprono cigolando / su cose che non esistono” (p. 157); “immagino il mio scendere nel buio / scialuppa calata nella solitudine / che allo stesso tempo fa le prove / di una liturgia e di un naufragio / per il quale ho sempre avuto solo sgomento / e mai risposte” (p. 151).

Già da questi pochi passaggi si evince la linguisticamente solida pregnanza della poetica di Mendonça che tratta però un materia elusiva, sfuggente, perturbante… quella materia di cui sono fatti i sogni, i desideri, le domande che innervano ogni corpo, ogni storia umana e la animano, la proiettano nella dimensione alta (e invero adimensionale: “Il tempo è una botola, ma non fidarti / quello che si omette finisce per riemergere / (…) / e arriva a casa tua prima di te”, p. 111), la dimensione, dicevamo, dello Spirito: “ogni corpo è sempre senza speranza / e, tuttavia, la speranza / solo ai corpi appartiene” (p. 145); “il corpo ci serve per filmare il buio / qualche passo barcollante / fino all’inevitabile resa / come se fossimo solo / la preda di un secolo di vento” (p. 141); “il corpo sa ascoltare ciò che non è stato detto / e così viene a sapere da altre fonti / il vuoto ardente che suggerisce un inizio / la crepa che diventa una soglia” (p. 139).

Siamo affratellati, anche se a volte ce lo dimentichiamo, anche se il Male ci insidia, ci provoca, ci immerge in un dolore incomprensibile, in un silenzio angosciante, c’è un Bene che ci svuota e ci ricrea: “l’ombra stampata sulla terra ha trattenuto le tue domande / ruota lentamente intorno a loro / e dà loro risposta” (p. 133); “… abbiamo da offrire solo / quello che non possediamo” (p. 119); “prendi in bocca / il silenzio e immergiti con lui / fino in fondo / in questo consiste la vera devozione // tutto il resto è vanità” (p. 115); “e quando tiriamo il fiato / in cerca di un filo di voce / la vita è divenuta impercettibile / come se non fosse mai stata nostra” (p. 109).

Concludo questo excursus nell’opera mendonçiana con alcune citazioni penetranti e divoranti, di indubbio fascino e cristallina verità: “Una poesia si esprime in frasi spezzate / (…) / non può mentire” (p. 89); “La solitudine è uno strumento / per affrontare l’universo” (p. 85); “Basta un respiro nel silenzio e tutto il tempo sussulta” (p. 67); “Tutti i testi cospirano contro la materialità del corpo / per questo c’è chi crede nella sua resurrezione” (p. 45); “l’amore è una notte a cui si arriva soli” (p. 33); “il tuo silenzio, o Dio, trasforma per intero gli spazi” (p. 23); “l’anima non abita dentro il proprio tempo” (p. 17).


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