versi di AR per l’edizione 2011 della kermesse avellanita
Tempo nascosto
Poche note nella giusta frequenza
e vacillo guardando
la finestra scorniciata dal tempo
mi sento concavo
stropiccio le mani
arrossisco e il sudore cade
dalle tempie che pulsano…
alcune vibrazioni e il suono
ti prende: chissà perché
quella combinazione di accordi
quel ritmo
quelle sillabe appoggiate all’infinito
siamo strumenti che a fatica risuonano
dov’è il riflesso? dove il fondale
e la bellissima rada senza sirene?
È come una perla sulla fronte
di Polifemo
la navicella spaziale senza peso
(qualche centinaio di kilometri
la separano dalla sfera
del mondo: una questione
di piccole quantità – in assoluto –
che producono cambiamenti essenziali).
Anche fermi viaggiamo…
Istanbul al tramonto è magnifica
se navighi lento sul Bosforo
due continenti e una fessura di mare.
Ascoltami, ottundi gli spigoli
stendi la malta fra i mattoni
rigenera il tessuto delle vite
getta ponti sugli abissi incredibili
ritrovati per grazia sull’arca
che fende i monti disciolti.
Lava di pioggia
torpore
polmoni sfiancati
a seguire una direzione
consumati
i piedi nel labirinto
degli alveoli
fino a quattrocentonovanta volte
disposti a perdonare.
Consolare estingue le ore
con il tutto di chi ama:
“Dodì, dodì…”
la bronzea fanciulla invoca
la terra che attende il boccone
sottratto alla falce.
Catapulta le fibre nel gesto
che specchia i segreti più alti
piegando/piagando il destino.
La madida luna si offusca
riflessa nel porto sbiadito
la gomena sembra tracciare
il limine spesso dell’ombra
avara di slanci
diventa indistinto.
La notte allaga il presente:
“Desidera desidera sempre
la roccia più faticosa
ricerca il tuo varco
percorrilo ricorda
che il fiato è prezioso
assecondalo
dilata la maglia infeltrita
della tua tela
biologica!
I gigli vestiti di gloria
non ne hanno bisogno.
La dose di lievito aumenta
ti scava e promana
se sposti lo sguardo
ed abbracci.
Cancella i neumi che lugubri
avvolgono le corde
risuona piuttosto di luce
di pane che fa compagnia.
Condensa e dilata il tuo spirito
nei tratti che salano il bene
ferisci decurta i sofismi
pregusta la pace degli angeli
sicari innocenti di Satana.”
Noi siamo tessuti dal cielo
da capo torniamo a conoscere.
Spingiamoci oltre lo schermo
con mani aperte al saluto.
Capsula-bolla
rabbia aggredita dal male:
Dove sei?
Le tue parole dilagano
i sensi che vivono.
Regina è con te, Søren,
in aura diversa.
Se fai quel che vuoi
davvero
sei libero dono.
Crome le onde
che catechizzano
la scatola cranica
natanti senza remi
obbligati in galere
grembi incapaci.
Parametri scientifici
abusati da demiurghi
a cui non basta l’orizzonte.
Ah, ah! L’indeterminazione
salva tutto il numerabile
il resto è inconsistente
costruzione che sta su
con l’implementazione dello spirito.
“Apriti, apri il tesoro
sconfina i minuti
conturba la prassi atarassica
devolvi il tuo nucleo di storia
coltiva e non cedere
all’assurda vulgata
che tarla e fomenta i progetti.
Accetta la nebbia-caligine
rispetta la selva
che fertilizza la crosta
dello slancio.
Non ti serviranno siepi
né guru a lunga scadenza
se addomestichi l’anima
ti scorreranno come savane
le misure imprecise del mondo.
Il grado muto dell’acqua ghiacciata
alabastro schematico
ulula al caldo del sole
un soffio affilato, ecco
una soglia per riconoscersi
poveri di ore e di luoghi
percependo che il nostro cammino
è tenda aperta e i picchetti
non ci appartengono.

Nessun commento:
Posta un commento