Leda Erente, Questa notte non posso aprire gli occhi, Firenze Libri 2025, Collana “Fuori Stagione”, Prefazione di Massimiliano Bardotti
recensione di AR
“Una falce di luna trebbia un campo di stelle.”: così si chiude la poesia a p. 85, inserita in “Partitura d’ombra”, l’ultima sezione della raccolta.
Risalgo alla sezione precedente “Al levar del grano”, da cui estraggo i seguenti versi: “La verità si legge tra le ombre.” (p. 77); “Ho inciso un solco / per ricever come pioggia / le tue parole e farle scorrere nel mondo. / (…) / hanno la gravità del seme quando cade con fede” (p. 64): “La luna funambola sale sui tralicci / il sole corre via a piè di lepre / si ferma ad annusare un croco prima di cadere. / L’ultimo raggio bruca ancora l’erba / sotto una foglia trova riparo.” (p. 56); “Diverge dal mondo lo sguardo straniero / scava nel cielo / un’altra dimora. // Questa notte non posso aprire gli occhi.” (p. 55).
Dalla seconda sezione “Tutta la notte ho bussato”, mi piace citare quanto segue: “Nel punto di sutura tra terra e cielo / convergono voci e passi danzanti.” (p. 50); “Quando ti percepiamo / le cime si donano allo sguardo / le ragnatele tra gli arbusti / pesano il sole appena sorto. / Tienimi il cuore nel risveglio / quel giorno ti riconoscerò / nella parte migliore di me.” (p. 48); “La primavera è un margine / i rovesci rendono fertili i confini.” (p. 45); “Nel fuolto suono / di usignoli e rospi, / appunto il mio verso tra sotellazioni e sguardi.” (p. 44); “Sollevo i lembi del mio essere, / li annodo come un fagotto. / Prendo in prestito una lettera dai nostri nomi / come amuleto per il viaggio.” (p. 42, che sia la lettera D?). Ripropongo integralmente la poesia che apre questa sezione (p. 35):
Occhi piombano come secchi
nel pozzo della notte.
Con le corde provo a tirar su il peso del buio
insieme all’acqua dei sogni.
Prima arrivare alla sezione incipitaria intitolata suggestivamente “È un campo di lucciole il mare”, desidero condividere alcune impressioni. Questo libro di Leda profuma di immagini sorprendenti, ricche di ossimori. Gli elementi naturali, la materia e lo spirito, l’alto e il basso, i ricordi e il presente sono sempre strettamente interconnessi, lo sappiamo. Eppure a noi pellegrini a tempo nel mondo non sempre le connessioni risultano facili da individuare, decifrare. Allora il poeta ci aiuta. Ci fa vedere fili dell’intreccio che altrimenti ci sfuggono. Sì, il poeta è un connettore di polarità, sa illuminare le fibre nascoste dell’anima e dare senso a quelle visibili e magari dolorose della carne. Certamente la poetessa fiorentina è una voce che arriva, sa gettare ponti brevissimi fra sponde a distanze siderali. Non è dunque casuale la citazione iniziale di Angelus Silesius e quelle di un altro mistico come Rumi che introducono le sezioni successive.
Come promesso, vi lascio con questi stralci dalle prime pagine che ci fanno aprire gli occhi sulle profondità da sgorgano le nostre preghiere più intime: “Nel resouri raspante del sole / sulla terra di mezzogiorno / si sposta il poeta.” (p. 28); “Mi aggrappo al colletto del sole, / che sgomita tra le nuvole, / affondo in un distico di grazia.”; “Un temporale è il pasto frugale della sera / che cade in groppa al mare.” (p. 24); “Abito la pelle come una veste al contrario. / Con ritagli di infanzia l’ho ricucita.” (p. 23); “mi farò ciotola per raccogliere il tuo verso / e risuonare nel vento.” (p. 20); “In un osso di piuma dimora l’essenza di un albero” (p. 19).
Un libro umilmente prezioso, ricco di ombre, di suoni, di bagliori: Leda non teme di navigare l’abisso e si affida.

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