Donatella Nardin, Ixòe de aria – Isole d’aria, copertina di Dante Zamperini, postfazione di Alessandro Ramberti, Fara Editore 2024, Poesia, pagg. 80
ISBN 978-88-9293-124-4Prezzo Euro 14,00
recensione di Renzo Montagnoli pubblicata su Arte insieme
Haiku in dialetto
Sono ormai tanti anni che mi diletto a leggere poesie e mi sono capitate tante forme delle stesse, compresi gli haiku, questi componimenti di soli tre versi e di sole 17 sillabe che seguono lo schema 5 – 7 – 5. Premetto che li ho presi un po’ sottogamba, cioè non riconoscendo loro la valenza di poesie, il tutto dovuto con ogni probabilità a una mia pigrizia nel cercare di assimilarli. Però, a un certo punto, mi sono detto che per uno che si è studiato i poemi di Virgilio e ha compreso le regole del piede dattilico con cui sono stati scritti, non riuscire a capire come funzionano gli haiku era una lacuna troppo grave, a cui ho cercato di porre rimedio leggendo questo libro e così contraccambiando, per quanto con poca cosa, un insperato aiuto che mi ha dato Donatella Nardin.
Ciò premesso, mi pare d’obbligo per un principiante come me prima esaminare e parlare della forma, poi dei contenuti. Indubbiamente il fatto che si esaurisca l’ispirazione in tre versi di complessive 17 sillabe (ripeto cinque il primo, sette il secondo e ancora cinque il terzo) è molto limitativo, ma nell’ottica della forma volta all’immediatezza e all’apparente semplicità il risultato è apprezzabile, per quanto sia tutt’altro che facile raggiungerlo. Al riguardo direi che Donatella Nardin ha rispettato pienamente le regole, con una aggiunta un po’ particolare, e cioè che si tratta di haiku scritti in dialetto, un connubio di due tradizioni popolari, una giapponese e una veneziana che, se complica le cose, presenta però degli indubbi vantaggi. A scanso d’equivoci mi corre l’obbligo di evidenziare che c’è sempre la versione in italiano, perché non tutti sono in grado di capire questo dialetto, con riferimento al quale mi preme porre in risalto la caratteristica di essere più accattivante, di aggiungere un tocco in più che comporta un maggior piacere (Un jòrno nóvo – / de spìghe xàe l’òro / sperànça vìva.; Un nuovo giorno – / di spighe gialle l’oro / viva speranza.). Come è possibile notare, a parte il pieno rispetto delle regole, il dialetto presenta una musicalità migliore dell’italiano e l’immagine della natura, tipica di questa forma tecnica, è di più immediata visione.
E meglio ancora, per spiegare il mio pensiero, mi pare questo:
El pomogranà –
ea jèra viva ea jòia
in altre età
Il melograno –
era viva la gioia
in altre età
La visione di questo bel melograno porta alla riflessione su un tempo trascorso in cui si era più contenti; forse non è vero, ma chi scrive pensa così e quando pensa e scrive in dialetto sembra di avvertire maggiormente un senso di rimpianto.
Che Donatella Nardin sappia scrivere belle poesie non è certo una novità, ma che poi mantenga intatte le sue qualità anche con una forma tecnica così lontana dalle nostre abitudini, e per di più in dialetto, è una dimostrazione della sua ecletticità. Se poi può sembrare che la mia opinione di profano non sia particolarmente qualificata, testimoniano della qualità di questa raccolta i numerosi premi che ha ricevuto in concorsi letterari.
Da parte mia sono certo che leggerò altri haiku, mentre per scriverne non so, anche se a priori ormai non lo escludo.
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