sabato 27 luglio 2024

«Parigi sbarra fiume ma tranSenna invano»

di Alessandra Tonizzo


Dal succhiello di una serratura automatica Alberto Mori reinventa quel che spia. La contemporanea società iconoclasta sembra buttare ogni cosa alle ortiche, ma lui ci fa un risotto stellato - impiattato entro Forismi (FaraEditore). I suoi giochi di parole fanno ridere e ridendo si diventa seri sui dettagli del nostro esistere. 

Si può scherzare su tutto solo se si è concentrati nello sforzo di capirlo, il tutto invischiante, il gorgo nero («del tutto ognuno ne fa le spese / Chiedete i bollini per l’eternità»). 

Fori Nei Buchi e Buchi Nei Fori le sezioni in cui smistare, mediante arbitrarietà condita, saporiti calembour tra l’«apparente più prossimo» e «i taxi di interesse». 

Si sa che «Parigi sbarra fiume ma tranSenna invano», eppure se a dircelo è il «pollo allo spiego» allora, beh, l'illuminazione olimpica pare più vicina. Perché il talento del poeta - cremasco performer, artista di penna prolifico - sembra soprattutto quello di dis-affettare il salame che appesantisce la vi(s)ta agli zombie metropolitani, sostituendolo con panini imbottiti all'angostura campestre. 

Rispetto a lavori altri, qui i richiami all’erba che buca il cemento sono velati ma percepibili, sotto la cappa di una Natura sfatta; sempre in tensione di cavi elettrici, tag, neon, pubblicità, per lei «tirare le sequoia» è un attimo. «Che il destino esista è un dato di fato», dunque A.M. gli si siede di lato per ammirare sequenze: «Uccelli in attese leggendarie/ glorificando Godot / Beckettano sulle pietre migliari»; «Frutto appeso / Battito succoso / Il pero cardio / afforma nella visione»; «Questi alberi piangenti… / Abbraccia i tronchi / Poi, salici». 

Poco lontano dagli schizzi di verde, dalle «foglie fotovoltaiche», «le pensoline attendono/ l’idea fermata dall’autobus». Gli umani mostrano i denti senza aggressività, giusto per non piangere nel rammentare l’«Ipse Dixan / Ricordati che sei polvere e con polvere laverai». Pare che i grandi della Terra s’affatichino in «posture siederali / ai tavoli in Universal Design», quando la multinazionale «Da BuiToni accorda pasta oscura». 

E all’ora? «L’ora cava estrae / pietra stuporea / Lascia il tempo di sasso». Ma anche noi colabrodi. Immobilizzati nel volerne ancora, al parco o sul parquet, di queste strofe a refoli forati pari a mestoli buchi per scotti spaghetti storti. Amen(ità), fine(zze).

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