giovedì 6 giugno 2024

Una ispirazione “congiuntiva”


Caro Alex,

come dirti la sorpresa e la gioia del fugace incontro a Urbino quell’otto maggio scorso?
Grazie ancora per il dono di Non so resistere, la cui copertina mi ha subito trasmesso buonumore.
Il titolo poi si è disvelato, man mano che leggevo.
Mi sbaglio o “non so resistere / all’entusiasmo / del tuo sorriso” è di origine materna?
L’entusiasmo che la mamma ti ha trasmesso si riflette nelle tue opere, nel tuo operare e, in questa nuova raccolta, mi sembra affine al Convergere in alto, proclamato da Teilhard de Chardin.
Un concetto che tu espliciti nella Premessa, offrendolo alla riflessione di chi legge come giusto accompagnamento all’esplorazione dei nitidi tuoi versi – quinari in quartine – e della singolare prosa conclusiva.
A suo modo, un mito d’origine, quest'ultima. Con Naquatl, “valoroso nella caccia e nella lotta”, il cui spirito in articulo mortis fa sì che egli possa affermare: “Mi stanno sfuggendo le forme, i colori, i suoni. Non sento la terra, non sento gli odori, ma so che vivo, e senza confini.”
Detto in esperanto: sed mi scias ke mi vivas, kaj sen limoj.
Sì, l’esperanto - che traduce in calce a ogni pagina tutta la silloge – mi sembra il valore aggiunto a un dettato poetico che promuove il risveglio spirituale e la “buona notizia” / bona novaĵo.
Perché, è vero, vige l’entropia, “siamo in balìa / di quanto accade / ma c’è un messaggio / che abbraccia tutto” … sed estas mesa
ĝo / kiu amplexas ĉion.
Poesia avversativa si direbbe, questa di Non so resistere, per la ricorrenza della congiunzione ma; ciò non toglie nulla, piuttosto rinforza la tua ispirazione da sempre, e qui in particolare, “congiuntiva”. Avrai già capito, Alessandro, che mi riferisco all’elogio della preposizione semplice con che tu fai a pag. 51; quasi un’anteprima del “congiuntivo / che si fa strada” come modo della possibilità.
Per niente estranea, tale modalità, al desiderio di imparare a farsi ponte, o all’invito a pregare, sorridere, perseverare, perdonarsi, raccontare i sogni “e le parole / cantiere aperto”.
Insomma ontogenesi e filogenesi: sviluppo del pensiero in sintonia con lo sviluppo del linguaggio. Come in Jean Piaget, interno ed esterno “si complementano”.
Interno ed esterno: una sorta di ossimoro fondativo che rimbalza in molte pagine, dando spazio a “fiducia e dubbio”, “incubi e sogni”, “angoscia e impeto”, eccetera. Stigmi di una fede interrogativa, capace di cogliere “il battito”, la pulson; così come “il kairos”, la okazon, che alimentano il nostro gusto di vivere.
Un sentimento che, quando è guidato da Dio, ci libera, ci rende corresponsabili della creazione dell’universo, ci racconta il legame che c’è fra l‘atomo e la stella. Anzi, per dirla ancora con Teilhard de Chardin, ci offre la possibilità di pensare che non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Ma – come tu stesso, caro Alessandro, ci suggerisci – esseri spirituali che vivono un’esperienza umana.
Grazie per avercelo rimesso in mente!
Nell’empatia condivisa, il mio saluto fraterno,

Urbino, 6 giugno 2024

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