Il 3 giugno 1924, cento anni fa, moriva Franz Kafka: un gigante della letteratura, il mio scrittore preferito. A lui e alle sue opere indirettamente si ispirano alcuni miei testi in versi e in prosa che testimoniano il persistente affetto e l’ammirazione nei suoi confronti.
Josef
Josef era un uomo molto solo
dai suoi rifugi scriveva
lettere appassionate
lo tormentava il pensiero
che nessuno le avrebbe lette
che qualcuno lo facesse.
(da Contraddizioni d’amore, Mobydick editore, 1998)
Fino al castello
*
Cammino con degli sconosciuti
fino al castello. Là dentro delle voci ci ripetono
da qui non uscirete
finché non si viene giudicati.
*
Prima che inizi il processo
cerco di ricordare colpe e meriti
però la mente resta vuota
come non fossi mai nato.
*
Mi sento abbandonato
come un cane
nemmeno appare un segno in cui non credo
più per partito preso
che per altre ragioni o sentimenti.
(da I nomi delle cose, puntoacapo editrice, 2020)
La tana di K.
Tutto frana.
Pioggia di polvere e terra
il nemico è alle porte.
Ho scavato alcune gallerie
cieche per disorientare intrusi
e predatori, altre ancora
tortuose come labirinti
si rivelano trappole letali
per chi con spavalda
incoscienza vi si inoltra.
Qualunque via di fuga
è ingombra di detriti,
crolla ogni speranza
di salvarmi. Raspo
per non lasciare nulla di intentato
fino a quando le forze
mi sorreggono; in un lampo
la coscienza del buio si dissolve.
(Inedita)
«[…] Tra la normalità quotidiana, avvertita come sofferenza e desiderio, e la scrittura praticata come salvezza e condanna, oscilla la tragica esistenza di Kafka e tutta la sua magnifica letteratura».
(dal romanzo breve Irene, Irene. Omaggio a Kafka, Moby Dick, 1992)
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