La sveglia ci apre gli occhi
con il rumore dei cingoli
e noi seduti sul letto
ritardiamo il primo passo.
I piedi nudi sulle mattonelle
senza sfiorare le ciabatte
per non essere i primi nel palazzo
a innescare il boato del giorno.
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C'è un fianco nelle case
dove si appoggia il sole
con un peso senza misura
che leggermente le inclina.
Oltre immagini una stanza
dove la musica galleggia
sopra un tavolo senza angoli
che spartisce piatti semplici
mentre uno scatto di scorta
si offre alle foto sulla mensola
per allentare gli occhi rossi
di chi trattiene i propri disastri.
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Il temporale stanotte
è una falange
che accende a intermittenza
i miracoli della stanza.
Pendono dall'attaccapanni
indumenti non nostri
e una luce penitente
torna al cielo gigante.
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Il centro di raccolta
odora di sconfitta
nonostante i cassoni variopinti
in cui gettare i propri scarti.
In quello azzurro spicca
una piccola bicicletta
senza un evidente difetto
da giustificarne il distacco
e forse quella bimba
si è svegliata adulta
senza la taglia e gli occhi
per correre senza traguardi.
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Per indossare ai piedi
il nuovo paio di calzini
dobbiamo liberare le punte
vincendo il nylon che le stringe
e nella presa dei prudenti
annuirebbero le forbici
se un sonno ancora robusto
non ci trattenesse nel rischio.
Così un primitivo strattone
riconsegna le dita alle ossidiane
e la felicità immaginata sulla bocca
è la nostra prima scena di caccia.
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Un pastore tedesco
dondola avanzando
con la lingua che sbianca
nell'affanno e nella gioia.
Due rumorose rotelle
gli sostengono le anche
liberando gli arti inermi
dall'ingiuria dei sassi
mentre la coda gli resiste
incitata da un'altra sorte
che si nega al tempo che passa
e all'amore che non si mostra.
**
In quante foto
che non abbiamo voluto
noi siamo presenti
nella memoria degli altri?
Noi privi di pose
con le mani slegate
e chiusi forse gli occhi
come piccoli pugni.
Tu senza il dovere
di spacciarti felice
e io senza l'imbarazzo
di non vivere al centro.
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