It's friday! è una rubrica a cura di Annalisa Ciampalini
Se io ti conoscessi
saprei che non hai bisogno di me
e direi le parole che un padre
ha dovuto dirsi
coprendoti di rumore
di lingue straniere
no, di preghiere!
Temo che le generazioni
non ascoltino
non importa se succede
– non mi vedo ormai
da un pezzo
traspaio
sono uno come un altro
*
non c’è nulla da dire
soltanto un perdono
fiorire domani
tra le macerie
*
Pensavo fosse una lucciola
nella notte
nella chioma degli alberi
era una piccola finestra
accesa, invece
*
UN GRAZIE
sagome nelle stanze
una tavola e porte che
si aprono e si chiudono
e più di un grazie
senza che io lo sappia
come il sole sulle tegole
nel paese accaldato
*
LE MIE MANI NON SANNO
dove non puoi andare
e non è il tuo posto
e non sei necessario là
la terra ti circonda
sconosciuta che scappando,
le mie mani
non sanno
verso te che non conosco,
continua la pagina bianca
dietro al foglio del calendario
che ho strappato
le pieghe confuse
del cielo fregiano i suoi
estremi senza previsioni
*
Ora mentre fuori sulla strada
e le rotaie dalla biblioteca
di Chivasso resta uno strato
di neve ho trovato le calze
e le mutande ancora nello zaino
cacciate prima di andare coi tuoi
scarponi neri e i jeans
a zampa d’elefante
*
QUEST’ATTESA
a
Stefano
erba secca l’alba verso
Costigliole le dune
dei campi – o sulla baia
dei Saraceni
il lazzaretto negli arbusti
una piccola chiesa in muratura
nel sentiero,
presto da Noli le focacce
o dagli scogli di Pietra
nel vento il cantiere
abbandonato, cocci
e avanzi di rete
dove finisce il mare
*
sul molo ancora buio
sciami di pietre
luci sulla costa
dall’altra parte
strisce di nubi rosse
*
Dove c’è sulla superficie del lago
dietro le foglie il circuito
di qualche uccello
sulle panchine questa sera
illuminata artificialmente
sotto al salice piangente
*
LE ROTAIE DEL VENTO
Si ripareranno questi frantumi che
in segreto.
Non è affatto la sola cosa rimasta
i foglietti
per il prestito dei libri
che cadono aprendo una
pagina,
da una mano
soffio la sabbia
saprei che non hai bisogno di me
e direi le parole che un padre
ha dovuto dirsi
coprendoti di rumore
di lingue straniere
no, di preghiere!
Temo che le generazioni
non ascoltino
non importa se succede
– non mi vedo ormai
da un pezzo
traspaio
sono uno come un altro
soltanto un perdono
fiorire domani
tra le macerie
nella notte
nella chioma degli alberi
era una piccola finestra
accesa, invece
una tavola e porte che
e più di un grazie
senza che io lo sappia
come il sole sulle tegole
nel paese accaldato
e non è il tuo posto
e non sei necessario là
la terra ti circonda
dietro al foglio del calendario
che ho strappato
del cielo fregiano i suoi
estremi senza previsioni
e le rotaie dalla biblioteca
di Chivasso resta uno strato
di neve ho trovato le calze
e le mutande ancora nello zaino
cacciate prima di andare coi tuoi
scarponi neri e i jeans
a zampa d’elefante
Costigliole le dune
dei campi – o sulla baia
dei Saraceni
il lazzaretto negli arbusti
una piccola chiesa in muratura
nel sentiero,
presto da Noli le focacce
nel vento il cantiere
abbandonato, cocci
e avanzi di rete
dove finisce il mare
sciami di pietre
luci sulla costa
dall’altra parte
strisce di nubi rosse
dietro le foglie il circuito
di qualche uccello
sulle panchine questa sera
illuminata artificialmente
sotto al salice piangente
in segreto.
Non è affatto la sola cosa rimasta
i foglietti
per il prestito dei libri
che cadono aprendo una
pagina,
da una mano
soffio la sabbia
Alessandro Burrone (1994) è cresciuto tra Torino e
Cigliano (VC) e vive a Pechino. Ha collaborato con riviste e blog letterari,
tra cui Pangea, Studi Cattolici, Il Sussidiario, farapoesia, La
poesia e lo spirito. Con Fara ha pubblicato una raccolta di
poesie, La sete, il sonno (2022) e il romanzo La promessa di vita nel tuo cuore (2023, vincitore del concorso
Narrapoetando).
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