Anna Ruotolo
Prodigi. Poesie 2007-2020
peQuod 2023
Postfazione di Gianfranco Lauretano
recensione di AR
I due senari che abbiamo scelto per intitolare questa recensione provengono da p. 217 e appartengono all’ultima parte – «Oltre le cose, la riva più azzurra” – di questi Prodigi. A p. 215 troviamo: “il tuo cuore che resta nel silenzio / visita il centro delle strade”. A p. 201: “È che quando ogni desiderio cade da noi / qualcuno ci spinge a ributtarlo in alto.”
Risalendo, ci permettiamo di estrarre alcuni sporadici versi delle sezioni precedenti: “È l’invidia di non avere sangue / e non riuscire a camminare / oltre la cavità ventricolare.” (da «Un cuore e la balena», p. 187); “Io non so di te più di quanto tu / sappia di me. E questo sembra / il luogo più sicuro al mondo, la luce / più chiara, la tristezza più grande” (da «Sull’amore forse», p. 173); “fronte a fronte / si toccano i pensieri, / non sono più sola nella mia parola.» (da «“A” come avvicino», p. 149); “e bisognerebbe essere / come le cose / che sanno mantenere il tempo, / dedicare il ricordo.” (ivi, p. 1479; “(hai detto se, mi commuove l’invito / per l’eternità che viene via dal tuo viso)” (da «Dialoghi dell’isola futura», p. 140); “I singolari sono plurali / dico casa e ne dico mille (da «Tuttitudine», p. 127).
Siamo arrivati ai «Telegrammi» che costituiscono la sezione al centro dei Prodigi (p. 123): “Posso salirti in bocca / con la scala del tempo / posso schiudere le tue bianche finestrelle, / con la bocca preparo bene / il mio rientro. / C’è un aldilà che trema / una città rubino che si fa, / nella tua bocca.”
Continuiamo la risalita: “Dividi e presta ogni cosa / perché ritornerà aumentata / quasi ingombrante / estesa e seminata” (da «Nuove tutte le cose (poesie per un matrimonio)» p. 109); “Dio lega qualcuno con i nomi.” (ivi, p. 105); “Un segno di bilancia ti sovrasta / vieni da un’orbita che non si può predire” (da «Raccomandazioni», p. 95); “Quanto una poi scrive della disperazione / dis-per-azione // una cosa moltiplicata per un’azione / che accade e non ci viene / (…) / anche la poesia langue / non esiste, non ce la fa. Si arrende.” (da «Le piccole tormente», p. 83); “Quando piove / il segreto della tua pancia ha mille anni. / E vedo che espiri nel silenzio.” (da «Sull’acqua», p. 70); “È così che ti poggio come un fiore / sulla strada / e ti prego di prendere radici / per te stesso, / fino a quando / ripioverai sulla mia faccia / da un portone malchiuso / con le tue braccia di foglie / con le tue mani di poesie.” (da «Secondi luce», p. 51); “tienimi il filo da tirare / tienilo stretto, fa’ che non / frani in una luce / tra la paura e la sua fine.” (ivi, p. 46); “bisognerebbe nascere dal romantico / bisbiglio delle lucciole” (ivi, p. 42); “Qualcuno ha dette che sappiamo / il punto esatto – dove – / e l’ora – quando – arriva l’eternità / o pizzica la pelle per amore. / Io sento solo uno squarcio / di luce, cinque navi che partono / dalle mie costole, / questo sento. Non di più.” (ivi p. 37).
E siamo arrivati alle poesie più antiche, quelle che aprono il libro sotto il titolo «Aspetti e non aspetti niente»: “un prodigio è un prodigo perfetto / fuliminante pane stellato / ricetta infinita di doti / (…) / Ma il prodigio è prodigo tutto per sé, / dispone il lampo del miracolo / e prende una sua via diritta / e leggera, / quasi sempre nel momento / in cui ridiamo e piangiamo / per quel che porta e lascia / accanto a noi” (p. 22); “Cercare le parole più piccole / e più grandi / mettere le une in braccio alle altre.” (ivi, p. 11).
Ci sono presenze invasive eppure discrete se non addirittura evanescenti che fanno i nostri giorni migliori o almeno ci stimolano l’attenzione, ci invitano a mettere a fuoco il centro mobile e palpitante che dona al nostro intimo un bagliore sorprendente. Connettono i momenti, ricuciono distanze e relazioni, irrorano i paesaggi (esterni ed interni) più aridi ed esiziali, innescano processi di rinascita, preparano il futuro senza ingabbiarlo, senza imprigionare i cuori.
C’è una immaginazione distesa in questi Prodigi in cui gli eventi accadono con leggerezza eppure risultano epocali, danno svolte decisive al nostro andare. La rete poetica di Anna non solo vaglia e trattiene parole cariche di vita e sensazioni, ma crea connessioni nuove, fa deflagrare il tempo o lo condensa, dispiega novi anditi e percorsi.
Così restiamo attoniti, cullati da parole dilatate, sorpresi da lampi imprevedibili, spiazzati da racconti sempre aperti. La lingua che appare quotidiana in realtà è pasta soggetta a una lievitazione continua che ci sfugge dalle dita.
C’è una tersità figlia di esperienze, di passaggi attraversati, a volte laceranti e inevitabili che sono soglie, fessure indispensabili all’amore, trampolino per tutto ciò che va oltre il nostro pensiero, la nostra immaginazione. Perché l’amore non può essere com-preso, possiamo solo un po’ riverberarlo, ravvivando in noi e negli altri le braci che sono così spesso neglette e accantonate. La poesia di Anna Ruotolo è un vento che le rinfocola dando vita a scintille che creano forme prodigiose e diventano un abbraccio che ci conforta e al tempo stesso ci scuote dal torpore in cui a volte – un po’ accidiosi – ci lasciamo sprofondare.
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