postfazione di Milica Lilic alla versione in lingua serba (traduttore Ilija Stankovic) di Sfinge di pietra-A Stone Sphinx di Claudia Piccinno, Ed. Alma, Belgrado 2023
La consapevolezza della banalità delle attività quotidiane necessarie spinge l’artista a un”impresa di ricerca in sé stessa e nel mondo, a ribellarsi alle forme consolidate nella società che vanno a scapito della libertà e della tranquillità personale.
Sono oltre la prudenza del silenzio,
Oltre ogni automatismo,
Oltre queste acrobazie del quotidiano.
Sono altro da chi si vanta
Di espletare un dovere
come fosse una missione esistenziale.
Sono nei libri che ho letto
e nei versi che ho scritto.
Una persona del genere è senza dubbio Claudia Picinno, poetessa e traduttrice italiana già nota ai lettori, per la quale questo è il suo quarto libro in lingua serba. Il titolo è molto suggestivo e dalla forte carica metaforica: A Stone Sphinx. Davanti a noi emerge un’immagine impressionante, che ci porta in un tempo lontano e in uno spazio lontano, nel mistero dell'esistenza, della durata e dello sviluppo della civiltà. E sebbene la prima associazione sia con la forza, la stabilità della pietra, qualcos'altro attira la nostra attenzione, che è l'immagine di una forma intera chiusa, massiccia, e dove non c’è accesso a ciò che contiene la sfinge. Lo stesso accade con la poesia che produce questa poetessa di fama mondiale, la poesia è il suo scudo, il suo rifugio da un mondo che soffoca la libertà, chiede all’uomo di automatizzare e spegnere l’emotività, plasmandola nella praticità.
Mi estraneo
Mi bagno nella folla
e nel carnevale delle piazze.
Ritrovo segni,
nell’agorà virtuale,
dell’incrinatura della sua voce.
Non ho fatto domande moleste.
Imparerò la pazienza.
Sorrido perché non traspaia quella solitudine del limbo,
perché l'attesa non determina il mio umore.
Sorrido.
Perché la vita va presa di petto
Malgrado io sia in obliqua postura.
Matura e temprata nella lotta con il mondo, con sé stessa, con l’amore che sfugge, dichiara che la vita va presa di petto e proclama una lotta e non una fuga dal peso della vita. Celebra la forza e la vitalità, affrontando la necessità.
Nell’immagine della sfinge si riflette il suo essere introverso, che si nasconde anche quando si confessa, come in certe liriche in cui il desiderio d’amore irrompe nella vita di una donna il cui orgoglio la protegge dalle ferite di un mondo ingiusto, in relazioni non oneste, dominate dall’ambizione e dal prestigio umano:
Resta sempre il sospetto che vogliate mortificare il mio intelletto.
Sono abile e allenata a riconoscere simile rima baciata.
Non si esalta alla luna quanto compete al sole. Non occorre giocare con la ritrosia delle viole.
Quoque tu Brutus filii mii. L'ho sempre saputo ho solo finto di averci creduto.
È ovvio che il predominio maschile nel mondo, e anche nei rapporti uomo-donna, è molto presente anche in amore, quando un uomo si pone in una posizione di superiorità e si permette di disprezzare una donna, senza conoscerne le qualità, usando la capacità di penetrare nella sua volontà. Ma spesso trattenuta dalle emozioni e dal desiderio d'amore, la donna è d'accordo, accetta un simile rapporto, fingendo di non accorgersene, come in questa poesia. Lei però non si lascia ingannare e quando avrà i primi consensi non starà zitta, gli rivelerà l'illusione con cui lui viveva nella propria autosufficienza e lo sfiderà con la sua forza intellettuale, confronto che lui chiaramente non sa reggere.
Avrei fatto di te il mio unico Dio
se solo non avessi calpestato
i miei sogni, la mia dignità.
Mi feci nido per il tuo gene guerriero
eppure non ti bastò. Non comprese il perché
questo mio cuore testardo,
e io non urlai, non ti rincorsi.
Il suo mondo interiore, ricco ma anche riservato, dinamizza il conflitto: “io” e l’“altro”, cioè un mondo in cui si verificano conflitti e che abbonda di relazioni disumanizzate, guerre, sofferenze, e alza con tutto il cuore la voce contro la violenza che domina la società nel mondo moderno, perchè la sua poesia tutela i più deboli.
Mi trattengo in punta di tastiera
perché un segreto conta più di un racconto
perché a svelarsi ci si rimette sempre
E attendo inutilmente un cenno,
un sorriso, un fluido inchiostro
che prometta un domani.
Tuttavia la sua primordiale fame di amore e di appartenenza crea versi in cui rimane tutto ciò che ha taciuto in determinate relazioni, in esse vive un essere fragile e gentile che vorrebbe affidarsi con fiducia all'uomo desiderato, ma esperienze e desideri non combaciano. Pertanto, il suo amore si diffonde nel mondo, alle persone comuni di tutti i meridiani desiderose di un tocco amichevole e di comprensione, alle piante che la circondano e che pulsano vivificanti come cuore umano, ai bambini con cui lavora e la cui purezza la incoraggia. Alla poesia affida la sua femminilità e il suo estro.
A un mondo di cui teme la follia e in cui invoca empatia e pace, chiede di non trascurare i valori eterni incarnati nella cultura e nelle tracce monumentali dell'antichità che sono sopravvissute alla vanità umana, alle illusioni di potere e al trionfo delle vittorie momentanee.
In un sottile equilibrio tra emotività, prudenza e impegno cospicuo Claudia Piccinno offre una prova matura in cui si profila come testimone incorruttibile del mondo moderno in tutti gli aspetti, nella bellezza e nell'orrore dell’esistenza. Negli alti e bassi e nella creatività che salva l'essere fragile di una donna, ma che non si ritira davanti all’imperativo della coscienza e dell'onestà intellettuale di una persona colta che non si fa più illusioni. Crea e completa la propria essenza attingendo dal mito e elevandosi al di sopra delle forme dell’ esistenza sempre più insignificanti determinate dalla tecnologia e dal cosiddetto progresso. Lei si aggrappa ancora alla poesia e penetra nel profondo del proprio essere, eredita l'esperienza del mito legandola ai fenomeni contemporanei. Orfeo è quindi in vista e il mondo delle tenebre non riesce a nascondere il bel volto di Euridice, cioè un sogno sulla bellezza della creazione, sull'eterno segreto dell'amore, sull’alta missione della poesia in ogni tempo, anche in questo odierno, disumanizzato e prosaico.
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