Per
fortuna non sono un critico e quindi mi posso
avvicinare all’ultima opera di Marilyne Bertoncini senza fingere una falsa distanza. Non voglio nascondere minimamente
l’affetto e la ormai annosa e sincera
amicizia che mi lega a Marilyne. Inoltre manifesto senza pudore il
debito di riconoscenza per Marilyne che essendosi subito interessata ai miei
testi, mi ha tradotto e fatto pubblicare su diverse prestigiose riviste
francesi. Marilyne, che vive a Nizza, è
approdata a Parma per i casi della vita
e continua a frequentarla con assidua regolarità. È un vulcano di
iniziative legate alla diffusione della
poesia sul piano planetario. Di questo suo attivismo culturale si sono giovati
la maggior parte dei poeti parmigiani di colpo immessi in un circuito
internazionale.
Sgombrato
il campo da ogni fraintendimento, provo a dire
qualcosa sull’ultima raccolta di Marilyne Bertoncini, “Il libro di
Sabbia”. “Il libro di Sabbia” è il primo titolo di Marilyne Bertoncini
pubblicato da un editore italiano, precisamente da Bertoni Editore, nella
collana Poesia Lab, diretta dal poeta e critico, parmigiano d’adozione, Luca
Ariano e presenta una bella prefazione, quasi un piccolo saggio, del poeta,
anch’esso parmigiano, Giancarlo
Baroni.
“
Il libro di Sabbia” presenta una lingua allusiva, che tende a richiamare
sensazioni , più che a far vedere, ma
anche precisissima, proprio di chi l’italiano lo ha imparato per
passione, magari in età adulta (Marilyne ha aggiunto al bilinguismo francese-inglese anche l’italiano) , privo
di inflessioni territoriali, di
forzature verso registri alti o bassi
della lingua, ne esce un respiro rotondo,
senza asperità, che bene si attaglia al sentimento dei testi. Un
sentimento di sfaldamento della vita nel tempo, nello spazio, di cui
l’autrice cerca di proteggere, di
mantenere, di curare un segno. Allora la sabbia, che è ad un tempo frutto di
erosione e materiale da costruzione, fa avanti e indietro nel rigiro della
clessidra. Il trascorrere del tempo, l’attraversamento dello spazio sembrano
non avere un’unica direzione, ciò che si corrode nell’esperienza del visibile
si ricompone nel sogno e viceversa, quasi in una continua sfida al principio
d’entropia. Questa è la magia della
poesia di Marilyne, che sembra librarsi in un tempo senza tempo, in uno spazio
insieme minuto ed infinito.
La
poesia di Marilyne Bertoncini sembra prendere spunto da una favola senza inizio
e senza fine, senza una morale se non quella dell’imprendibilità del tempo e dello spazio: la favola di Sabbia , la
donna duna, fiamma di cenere, la cui immagine si esaurisce nell’ombra vagabonda da cui origina una narrazione inafferrabile. La poeta si fa voce
di Sabbia, della quale si dice figlia, una voce
che richiede solo di essere ricettivi per immergersi in un ricchissimo
immaginario.
Un
immaginario che forse origina dalla passione che Marilyne Bertoncini non
nasconde per la poesia italiana del ‘500 e allora ritroviamo figure
fantastiche come l’uomo-cavallo, il cavallo blu, il nano gobbo, il nero
pagliaccio dallo sguardo d’oro, Re
Cervo. E poi moltissimi uccelli ( la volatilità del tempo e dello spazio? ):
ciuffolotti, cince, aironi, pavoni, rondini, piccioni e colombe; e pietre:
ametista, lava d’ossidiana, quarzi. Tutti questi elementi sono di volta sfondo
o figura che prende corpo nei versi. Soprattutto incontriamo fiori immaginifici: gli occhi fiori di Sabbia,
Lilla/Laila; e reali: fiori di lino, menta, salvia, edera, tulipani, rose di
brughiera. Un insieme che è al tempo stesso sfondo e sostanza fluida del vagare
senza tempo nel tempo e senza direzione nello spazio.
L’effetto
che si crea è quello di una poesia-mantello, le pieghe sono un topos più volte
ritrovato nella poetica di Marilyne, che avvolge i pensieri, che tiene dentro
la realtà coi suoi drammi, indispensabili all’esistenza, ma tiene al caldo
anche i ricordi e l’essenza dei sogni, egualmente indispensabili.
Daniele Beghè
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