Cronaca in versi di Carlo Penati dell’iniziativa di cui al post giornate-del-pensiero
Sotto il glicine, Giuseppe
dai bronchi parte
la nera linea di parole
nascosta luce del respiro
che stenta per l’impervio giudizio
dei margini che la contengono
la cascata di versi
che mi parla addosso scivola
sulla spalla degli uomini
col caldo caffè dell’eterno
che morde la mia mortalità
omesso dalle storie d’amore
è il seguito rugoso del tempo
angeli sapienti vorremmo
che da un angolo alto e chiaro
si sciogliessero in poesia
di sei mesi in sei mesi
Persefone risorge col tiepido sole
ed espande l’anima
che “solleva alberi e fiumi”
nella Sicilia sconvolta
di inatteso e di bellezza
senza ragione svolgo il mio tema,
né inizio né fine trattiene
il fluido caldo dell’inconscio
che dalle stanze ingombre di mobilio
sfugge ai sacchi neri dei rifiuti
dove quello che non sono appare
da un sipario che s’apre quando vuole
e soltanto quando
l’insaputo preme
e finalmente acqua pura affiora
ed esiste perché si fa presto
memoria
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Indomita, Valeria
Scardina la poesia i sistemi
libero atto disossato
che vive da sé nel mondo
in danze di suoni e relazioni
che di tanto in tanto addensano
versi di puro piacere
per la libertà di cogliere
ciascuno ciò che prova
sfinita, la parola rianima
nuovi verbi sconosciuti
che disegnano rammendi
e spaziosi termini di tempo
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Ri-meditando
Il fascino del Totale m’acceca,
bambino incorporeo che piange
l’ombelico tranciato e mai solo
Noi siamo corpo immenso
che all’estremo del mondo si disfa
Non c’è niente che io faccia
che non voglia già accadere
Mentre scelgo con cura le parole
perché si posino nel verso giusto
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Sovrapposte voci, Sara e Valeria
magro e acerbo il frutto
nell’incavo del giorno che sfuma
e nudo s’offre per benestare
nella solitudine di terra
che brontola dalle sue viscere
disordine di cucina che danza
per l’umiltà di parole
che sfuggono senza ferire
e senza padre s’allontana il tempo
su pagine prive di vento
impallidite
senza suoni e ridondanze
e profumi di rugiada
si effondono vivi da madri
che sprofondan le radici
nei secoli dei secoli
e nuovo appare il mio nome
perché rimanga ardente
e generi figli generosi
nell’ipogeo di acque curative
montagna piena,
prima mare scomposto ed ora fuoco
sulla soglia del tramonto
nell’onda nuda della creazione
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Ri-meditando, ancora
Colano ruggini gocce
che la terra non assorbe
E permangono vibranti
Sotto scheletri di industrie
che furono pane
e luoghi inattesi
di umanità piena
Se m’allontano dipendo
Se m’avvicino rimando
a libertà infinita
in cui amo fuggire
mentre mi dico che non è fuga
ma risoluzione
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È Fernanda, Rosangela
La piccola allodola è canto
che quando apre le ali
giganteggia, in piena orchestra
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Estroversa, Cinzia
i luoghi d’origine bussano
alle porte segrete dell’anima
incidenti nello scorrere lento
dimentico dell’antica alfa
simulacri di mare immaginato,
i corpi abbracciati sulla sponda
sordi alla crescita lunga
mano nella mano sul fondo,
ai bordi di campi di menta
figli di silenzio lasciato alle spalle,
gli occhi slanciati lontano
innocenti ancora sulla linea
di un davanzale che danza di voci
prima che la pioggia sciacqui,
con i brutti ricordi, la notte
che incombe
stretta la porta su ampi spazi
vuoti
persa la chiave per sempre
della stanza in cui averti al mio fianco
tutto si fa acqua e scorre
guardo un mare senza orizzonte
che è sogno, apparenza, ed è vero
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Un padre antico, Gianni
L’albero del Carmine
scavato in spirito e sapienza
genealogia lunga
del veneto cristiano
conserva le nostre biografie
giorno dopo giorno ospitando
ciò che abita i nostri misteri
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Leradiciiltroncoirami, Nino
Ingemmati di pensiero riflesso
patiamo la nostra insufficienza
devastando ciò che ci circonda
senza nulla sapere
del principio e della fine
nostra e di tutto il cosmo
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Ri-meditando, ancora ancora
“come saremo felici è la misura”
- dicevi col tuo sguardo di cielo
Dovremo ricordarcelo ogni volta
che ci sarà nebbia e bitume
E più non ci riconosceremo
“se siamo stati felici una volta assieme
lo saremo per sempre”
– dicevi col tuo sguardo di cielo
Riandare lì sana le ferite
E ci renderà cavalli allegri
in corsa nei prati assolati
noi stessi vento che,
dal nostro piccolo nulla,
sconvolge l’universo
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