Donatella Nardin: L’occhio verde dei prati – Fara editore – 2023 - pag.144 - € 13,00
Sviluppata in maniera del tutto personale la parola che dà vita ai versi scorre in una ricchissima rete riportando nei margini razionali quelle emozioni che rimbalzano segnando impegni di luccichii e di impazienze nel prisma delle emozioni e delle riflessioni.
Scrive Carla De Angelis in prefazione: “La sacralità della natura è tutta in questi versi attenti ad ogni cenno di risveglio. Sono le madri a custodire e raccogliere e nutrire, soprattutto ad amare. Sono versi che si leggono d’un fiato tanta è l’armonia e la delicatezza/dolcezza che li contraddistingue. Orizzonte aperto perché il compito è continuare a vivere in attesa di una gioia o di ripetuti silenzi, mentre la natura ci nutre di colori e luce e ci disseta. Versi importanti che hanno la penna in mano e lo sguardo rivolto alla madre (natura).”
Con testo a fronte, sapientemente ed egregiamente tradotto in inglese da Ivano Mugnaini, ogni componimento ha una sua ragione di elevarsi, per lo scorrere rapido delle figure e per il ritmo serrato che accarezza la musica. Tra lo stupore delle meditazioni e la sottile arte dell’esplorazione, tra le riflessioni razionali e gli inaspettati rimbalzi del sogno, tra i “profumi impazziti” dei ciliegi e “l’imbronciata attesa di un mattino”, tra le corde misteriose della memoria e la meraviglia di un incontro, ogni accento ripete con sicurezza l’intensità del risalto, anche nel crogiolo di quelle ombre che si affacciano nella quotidianità.
“Ringraziare ogni risveglio che sia/ sassopietra o nuvolafiore,/ nell’attimo essere immensamente/ grati – ai prati, al mondo, fosse/ pure ai respiri affannati –/ prima che il verde esca dagli occhi/ come le vite care divenute/ allo sguardo pura nostalgia.”
Donatella Nardin ha la poetica capacità di percepire “il crepitio del buio”, di sbirciare per “vedere una fulgida rosa/ attraversare il tempo muto/ del non ritorno per lenire/ lo strazio del mondo”, di immaginare “l’impasto di parole per l’occhio interiore” in grado di palesare anche il mistero.
Scrittura che contrassegna una salda preparazione culturale, decisamente e luminosamente scrostata da inutili stereotipi, che purtroppo abbondano nei fugaci tentativi di molti giovani che si affacciano impreparati alle falde del Parnaso.
Scrive Carla De Angelis in prefazione: “La sacralità della natura è tutta in questi versi attenti ad ogni cenno di risveglio. Sono le madri a custodire e raccogliere e nutrire, soprattutto ad amare. Sono versi che si leggono d’un fiato tanta è l’armonia e la delicatezza/dolcezza che li contraddistingue. Orizzonte aperto perché il compito è continuare a vivere in attesa di una gioia o di ripetuti silenzi, mentre la natura ci nutre di colori e luce e ci disseta. Versi importanti che hanno la penna in mano e lo sguardo rivolto alla madre (natura).”
Con testo a fronte, sapientemente ed egregiamente tradotto in inglese da Ivano Mugnaini, ogni componimento ha una sua ragione di elevarsi, per lo scorrere rapido delle figure e per il ritmo serrato che accarezza la musica. Tra lo stupore delle meditazioni e la sottile arte dell’esplorazione, tra le riflessioni razionali e gli inaspettati rimbalzi del sogno, tra i “profumi impazziti” dei ciliegi e “l’imbronciata attesa di un mattino”, tra le corde misteriose della memoria e la meraviglia di un incontro, ogni accento ripete con sicurezza l’intensità del risalto, anche nel crogiolo di quelle ombre che si affacciano nella quotidianità.
“Ringraziare ogni risveglio che sia/ sassopietra o nuvolafiore,/ nell’attimo essere immensamente/ grati – ai prati, al mondo, fosse/ pure ai respiri affannati –/ prima che il verde esca dagli occhi/ come le vite care divenute/ allo sguardo pura nostalgia.”
Donatella Nardin ha la poetica capacità di percepire “il crepitio del buio”, di sbirciare per “vedere una fulgida rosa/ attraversare il tempo muto/ del non ritorno per lenire/ lo strazio del mondo”, di immaginare “l’impasto di parole per l’occhio interiore” in grado di palesare anche il mistero.
Scrittura che contrassegna una salda preparazione culturale, decisamente e luminosamente scrostata da inutili stereotipi, che purtroppo abbondano nei fugaci tentativi di molti giovani che si affacciano impreparati alle falde del Parnaso.
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