recensione di AR
Le undici sezioni che compongono questa raccolta di Davide Puccini ci portano nelle mezzo delle cose quotidiane con saggezza e levità. Una salace, toscana ironia si dispiega in questi versi (spesso endecasillabi e settenari, con un sapiente uso delle assonanze e a volte della rima) che esprimono una sguardo poetico e filosofico sulla vita non privo di umorismo (e quindi, a tratti, anche di una certa malinconia) e di una luce radente che va a scavare nel particolare e quindi un po’ ci inquieta, ma sempre percepiamo un sorriso complice, accogliente, una pietas empatica e aperta alla speranza.
Ricordando negli “Epicedi” la scomparsa di persone care, la chiusa della poesia intitolata Andrea (un amico violinista), recita (p. 125): “Mi sorprendo a pensare che il silenzio / tra noi non può più essere interrotto, / e mi consolo solo riflettendo / che il silenzio fa parte della musica.”
La sezione X si intitola “Mettendo a posto i libri di recente acquisiti nei risicati spazi in biblioteca”, un poemetto che descrive molto bene la difficile arte di trovare un posto a volumi accumulati negli anni (p. 134): “Non sai capacitarti / che ciò che hai tanto amato / e messo insieme con infinite arti / venga considerato come un peso, / ma per verificarlo / ti basta ripensare / all’ultimo trasloco gia rimosso, / una vera sventura / seconda solo al lutto / in quanto causa di depressione.”
La vita con le sue emozioni, i suoi trasporti, le sue sorprese piacevoli o meno sappiamo che è sempre limitata da una soglia, così, parlando della sua Waterman, il poeta confessa di essere (p. 64): “un uomo d’acqua. Inconsistente scorro / come l’inchiostro liquido bluastro, / trascorro la mia vita sulla ruga / di una sottile lamina di carta, / / (…) / lasciando appena un’orma diluita / che si trasforma in labili parole: / il sole la prosciuga ed è finita.”
La sezione IV, “Corpo delle mie brame”, constata divertita (sia pure con un qualche sconcerto) le antiche pulsioni e l’attuale decadenza fisica, ma sempre troviamo la verve di Puccini (p. 57): “Non mi sfuggire corpo, / resta con me abbracciato; / non abborrire, corpo, / di essermi legato.”
Una invocazione per altro intrisa di cristianesimo come anche, fra le altre, la splendida poesia Nuotare, di cui riportiamo la seguente terzina (p. 52): “Nuotare è solcare / il cielo a rovescio / ed esserne il centro.”
Non possiamo poi che sottoscrivere la sentenza che chiude La libellula (sezione I, “Animali diversi”, p. 34): “Ma la bellezza è spreco o non esiste.”
PS Il distico scelto a titolo di questa recensione, tratto dalla sezione IV, è la chiusa della poesia Del camminare silenziosamente (pp. 62-63) ed è preceduto di questi versi: “Anche a voler lasciare / una parvenza della mia esistenza, / che sia però più solida di questa: / la discrezione serve / a salvare la faccia / … ”
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