Osserva, il bambino, come da lontano, vicini
come sconosciuti e con l’occhio incolore, scava
in silenzio, il suo muto dolore.
Oh, vederlo così, che gran pena! e di lui che si sa
se non che non sa dove andare
e dove sedersi per disegnare il niente.
Se più in là c’è un giardino, piccolino
è perché qualche rosa tinga il bianco e nero.
Andrà, forse, di nascosto, a strappar petali
che, pigiati nell’incavo della mano
annuserà uno ad uno.
Non pone domane, né a sé stesso
né a chi, passando per il viottolo
non lo vede, ma calpesta la rosa amata
e le matite colorate.
Non sorride, resta immobile, pensoso
in attesa dello scatto, dell’istante.
Andrà portando il suo giocattolo di latta
in una casa, grande e vuota, dove
nella prima notte, vedova di stelle
dirà, sottovoce: Mamma!
Morta, chi sa dove, forse in un ospedale
o per strada, non risponde.
Sotto il cuscino, un fogliettino
dove ha scritto: Mi ami ancora?
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