AIΩN di Mario Fresa
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Domenico Cipriano
Il silenzio nudo della poesia
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il vento aveva rovistato tra le fessure. era caldo
chiedeva di rinfrescarsi con un sorso
di vino bianco. solo il fischio del vuoto
che si era creato nella notte dava sollievo
faceva pensare al mondo unito dalla solitudine.
Commento.
Domenico Cipriano (Guardia Lombardi, 1970) è un poeta che sa ben dire il carattere aspro-dolce del purgatorio dei nostri sentimenti. Il suo inedito ci mostra la perfetta, dolorosa asimmetria di questo perenne ambiguo malessere, notturno e fantasimale, che sempre ci sovrasta: che cosa unisce, infatti, il nostro mondo, il nostro essere vivi, se non l’acuta condivisione della dimenticanza e dell’illusione, se non la solitudine estrema che quotidianamente è sedotta, con misterioso allettamento, dal dialogo con l’altro - un dialogo ch’è spesso pronto alla lusinga, all’incanto, al fraintendimento, alla menzogna? Ma l’attesa è ferita dal vento, che appare come un’interferenza perturbatrice. È un vento greve e pressante; è carico di pesi e di domande: assedia l’uomo e la natura, ansiosamente cerca risposte, muove con furia gli occhi per ricercare, nella violenta rete dell’esistenza, il dono provvisorio di un indizio risolutivo o di un ultimo schiarimento o di un supremo significato. Chi può dunque bloccare il suo giro, la tormentosa sua dolcezza indagatrice? Giunto il silenzio finale, è il vuoto precipitante, il suo silenzio nudo (ci risovviene lo straziante Cantico del gallo silvestre: «un silenzio nudo e una quiete altissima empieranno lo spazio immenso») a cacciare, una volta e per sempre, il favoloso ircocervo dei sogni e dei vagheggiamenti, della speranza e della redenzione. La lingua temeraria della poesia, sempre definitiva e cruda, ha anche il cómpito – difficile e necessario – di farci udire la potenza incontrastabile di questo vento bruciante e assoluto che la vita, solo per poco tempo, sa frenare e trattenere.
In alto, un’opera di Jane Cornwell: Untitled (2019).