IL PENULTIMO GIORNO di Valeria Raimondi
Fara Editore 2021
recensione di Gian Ruggero Manzoni
Valeria Raimondi vive a Brescia e fa parte dell’Associazione Culturale Movimento dal Sottosuolo che dal 2008 promuove la diffusione della poesia anche attraverso progetti internazionali. Con il collettivo “Donne A(t)traverso” ha proposto un recital sulle origini della violenza di genere. Sempre con il Movimento dal Sottosuolo, nel 2015, ha curato il “Festival Virgilio” di Mantova e Sirmione e lo spettacolo “I dialetti nelle Valli del Mondo”, progetto artistico di Rosana Crispim da Costa, poi presentato presso il Teatro Bonoris di Montichiari. Suoi testi sono comparsi in “Distanze” (Fara 2018) e alcune invettive nella “Gazzetta dei Dipartimenti” del Collage de Pataphysique. Nel 2011 è uscita con Thauma la sua silloge “IO NO” (Ex-io); nel 2014 con Fusibilia “Debito il Tempo”, opera vincitrice del “Premio Eros e Kairos”. Sue poesie sono state tradotte in albanese e in portoghese, queste ultime poi presentate a San Paolo del Brasile nel 2018. Nel 2019 è stata pubblicata da Pietre Vive “La nostra classe sepolta: cronache poetiche dai mondi del lavoro”, selezione di poesie di lavoratori e lavoratrici di tutta Italia, quindi, nel 2020, “Una storia sbagliata”, cioè la sua testimonianza di lavoro e di vita in una Lombardia colpita dal Covid, è stata edita dalla rivista MicroMega. Colomba Di Pasquale ha così scritto di quest’ultima raccolta di Valeria: “Fortissima nella sua intensità sommessa e viva è la voce partecipe ed empatica di Valeria Raimondi che indaga le profondità dell’anima ben conoscendo le fragilità, i limiti e i desideri del corpo (sempre così unito al proprio spirito). Non possiamo non sentirci avvolti e coinvolti, emozionati e provocati, da questa poesia che evoca immagini stupende e crea suggestioni potenti e bellissime”. Dal libro alcuni suoi versi: “Fuori, ora esci fuori e vola, / e spera che reggano le ali tenere e arruffate, / spera di fermarti prima di toccare terra, / di precipitare” – “Cucino ciò che non posso mangiare. / Riempio piatti a casaccio / mi affamo da sola / mi lascio svuotare” – “Solo una scia lasciamo / uno sguardo sgomento / e alle spalle una strada” – “Ma ora voglio una vita più spaziosa. / Che si frastagli il cielo! / Ora quel che tocco non voglio lasci impronte / solo un passaggio prestato a questo tempo”. Valeria Raimondi sa bene che il compito del poeta è dire la verità, sempre. Quando si parla di scrittura poetica verità non significa necessariamente “realismo”, non significa raccontare fatti “realmente” accaduti, ma esprimere, invece, testi autentici sulla condizione umana. Naturalmente questo presuppone che chi scrive non sia mosso solo dal desiderio di svolgere un esercizio di stile, bensì voglia lasciare una traccia (forse un’incisione?) nel tempo che sta vivendo. Solo così la parola potrà svolgere il suo compito più alto, cioè quello di costruire relazioni, di comunicare, nel senso di mettere in comune idee e sentimenti, e ciò con intelligenza, chiarezza e onestà. Come scriveva Ernest Hemingway: “Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi. È stato così tante volte”… e il fare, in letteratura e in vita, di Valeria è, appunto, quel fare.
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