giovedì 20 maggio 2021

La cura della poesia

MEDÈLA di Alessandro Ramberti, Fara Editore 2021

recensione di Gian Ruggero Manzoni

 


Alessandro Ramberti (Santarcangelo di Romagna 1960) si è laureato in Lingue Orientali a Venezia, quindi, nel 1984-85, ha vinto una borsa di studio così da frequentare l’Università Fudan di Shanghai. Nel 1988 ha conseguito, a Los Angeles, il Master in Linguistica presso l’UCLA e nel 1993 il dottorato in Linguistica presso l’Università Roma Tre. Ha pubblicato in prosa: “Racconti su un chicco di riso” e “La simmetria imperfetta” (con lo pseudonimo di Johan Thor Johansson). In poesia: “In cerca” (Premio Alfonso Gatto opera prima), “Pietrisco”, “Sotto il sole (sopra il cielo)” con cui ha vinto il Premio Speciale Firenze Capitale d’Europa, “Orme intangibili” (Premio Speciale Casentino). Nel luglio 2017 è uscita la raccolta “Al largo” (Premio Speciale Città della Poesia e Premio Graziano). Inoltre con l’Arca Felice di Salerno ha pubblicato la plaquette “Inoltramenti” e tradotto 4 poesie di Du Fu. Nel 2019 è uscita la raccolta “Vecchio e nuovo” (vincitrice di numerosi premi). Nel 2020 ha pubblicato il libro “Faglia–Faulto”. Alessandro è, inoltre, “la mente” e non solo delle Edizioni Fara.
Da quest’ultima sua raccolta ecco due testi: “Medico dimmi di me / apri le fauci al destino / chiedi consiglio al sapere / scrutami a fondo scandaglia / anche lo strato dolente / destabilizzati un po’ / la pelle è scorza vivente” – “Grata e turbata / per la missione ti fidi / gioisci e assumi l’incalcolabile / nome che si apre alla luce / diventi madre-nel-tempo di Dio / tu sei medèla attenta e discreta / curi ed ascolti-magnifichi”. MEDÈLA s. f. = medicamento, medicina. Voce dotta dal latino medela = medicina, dal verbo medēri = medicare. Nella molteplicità degli approcci alla malattia e al tema della cura, con lo sguardo sempre rivolto alla singolarità del soggetto, ma anche alla dimensione collettiva, è necessario recuperare entro l'atto del curare e nelle strategie epistemiche della Medicina “qualcosa” che da alcuni secoli, a seguito del trionfo della tecno-scienza, è stato emarginato o guardato con diffidenza e indifferenza… quel “qualcosa” riguarda l’esistenza stessa dell'uomo, l'antica e irrisolta domanda sul senso delle cose e quindi anche del dolore, della malattia, della morte e porta, come nome, POESIA. La filosofa spagnola María Zambrano a tal proposito ha scritto: “La poesia, in particolare, sa aprirsi alle cose; la sua forza sta nell'infinita disponibilità al mondo, nel suo prendersi cura di esso. Rivela la fragilità dell'esistenza che la malattia mette a nudo e offre non solo la possibilità di evadere da una realtà di sofferenza, ma anche di elaborare il proprio dolore, di meditarlo, e di confrontarlo con quello degli altri, per scoprire che questa intima, personale esperienza è in realtà totale ed eterna”. Ma per Ramberti chi è la genitrice della POESIA? Beh, Maria, la Madonna, la Grande Madre, colei che ha portato in grembo il Cristo, colei che carezza e cura, colei che permette a ciascuno, superata la “crisi”, di rispondere, al meglio, alla propria vocazione umana, come avrebbe potuto dire il filosofo e saggista bulgaro Tzvetan Todorov.

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