Matteo Bonvecchi, Le odorose impronte, FaraEditore 2018
Questo ventunesimo secolo, purtroppo, si annuncia foriero di sventure per l’intera umanità: le guerre continuano e si vorrebbero cominciare delle nuove; la fame nel mondo cammina di pari passo con le malattie e la siccità; il divario sociale tra i poveri e i ricchi si è innalzato a causa della crisi economica mondiale; infine l’ambiente devastato dalla superbia umana risponde con fenomeni sempre più violenti.
Molti uomini si sono salvati affidandosi alle pagine dei libri, sia come scrittori che come lettori, donando all’umanità il miele dell’esistenza: la memoria.
Ho sfogliato con gratitudine le pagine della raccolta poetica: Le odorose impronte di Matteo Bonvecchi (Fara 2018) proprio per la gioia di vivere che comunicano; per la musicalità concorde con Madre Natura; con l’impronta di un Dio presente nella storia di ogni essere vivente.
Non è facile abbandonarsi a questi versi se non si è fermamente convinti del cammino da compiere, come i discepoli, lungo la strada per raggiungere Emmaus. Proprio quando si abbandona l’Io, chi scrive raggiunge il vertice della comunione con l’intera umanità: è il principio della vera Fede in molte religioni.
Buonvecchi fa tesoro di questa scelta e la scioglie come acqua sorgiva per il lettore nell’intera raccolta: “(…) e ancora cantate amici poeti / la verità delle cose / (…) certi soltanto / di poter cominciare / là dove – crux verbi / la parola muore…” (pag. 13).
Poche volte compare la parole morte, morire, mentre il profumo della vita (le impronte) insieme ai colori della natura e delle cose infondono l’assioma per giungere paghi alla fine del viaggio: l’amore per vincere.
In molte delle poesie compare il latino a sostenere la paternità della Lingua Italiana e per rafforzare il contatto con il soprannaturale.
L’uso della similitudine nei versi si unisce a varie assonanze senza forzare il valore del dettato ritmico.
La poesia trascina gli occhi del lettore lungo il viaggio nei luoghi, consoni al poeta, ricchi di Storia, frequentati dai grandi del passato: San Bernardo da Chiaravalle, Federico II, San Francesco d’Assisi.
Regge l’insieme dei versi il senso della preghiera: incamminarsi nella lettura di questa raccolta è simile all’incertezza provata dopo un profondo smarrimento fino alla riconquista del bene più prezioso per sé e per chi vive: “ (…) Pure non ho tomba / che non trasfiguri questo mistero. / Exora / ti preghiamo / tu che sei già / quel che noi saremo.” (pag. 38).
La raccolta vive di profonda cristianità integrando le piccole gioie, come la nascita dei figli, in un parallelo con i Dieci Comandamenti: dieci infatti sono le poesie per la nascita del primo e dieci per la nascita del secondo figlio.
Versi, questi, nei quali il Nostro lascia percepire tutta l’intensità della sua poetica e l’amore incondizionato per la Vita: “(…) E nel mentre che t’attraversano / ere geologiche un ritmo / diuturno teneramente ti culla: / la bellezza di cui / abbraccerai il mondo.” (pag.40).
Vincitore, con questa raccolta, del concorso nazionale Faraexcelsior 2018 bandito dalla stessa casa editrice Fara di Rimini, Matteo Bonvecchi consegna ai lettori un dono gradito in tempi nei quali si avverte costantemente il dolore delle malattie e la morte, le sofferenze per le ingiustizie, l’abbandono della via della Fede cristiana.
Bene ha scritto Germana Duca, componente della Giuria del Premio, sulla raccolta motivandone il giudizio: “C’è una luminosa e palpabile musica in queste impronte che profumano di vita, di amore, di compartecipazione al mistero di un Cielo che si è fatto Adamo e che rende così preziosa l’umanità di ogni persona, il suo esserci nelle relazioni intime e anche occasionali, nelle situazioni di gioia, come pure nelle difficoltà e nei momenti critici” (quarta di copertina).
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