Mario Fresa |
Recensione di Marta Cutugno
Nove titoli per nove sezioni, da “Convalescenza” a “La mala fiaba”, la prima e la penultima in prosa, tutte le altre perlopiù in versi. In “Svenimenti a distanza”, Mario Fresa lascia navigare la sua scrittura in balia della perdita, di un abbandono in sospensione, una ricerca fluttuante di un messaggio da lasciar giungere al lettore senza la necessità di scomodare intermediari. “Svenimenti a distanza” è testo ricco di immagini e pensiero, in cui l’espediente dell’improvvisa perdita di coscienza si rifà ad una più generale sottrazione, ad una fuga dal mondo ma anche da se stessi. Una pagina liscia e pura che nasconde e protegge lunghe diramazioni e radici fitte che conducono a quel senso sottratto ed evaso. Dalla prosa alla poesia, la spiccata musicalità con cui Fresa racconta sonorità tra il fortissimo e l’impercettibile, tra l’esplosione onirica e la lucida struttura, si integra e compenetra all’originalità con cui, in “Svenimenti”, l’autore permette al lettore di fuggire e rifugiarsi allo stesso tempo.
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