mercoledì 8 agosto 2018

Mario Fresa, una potente poesia del décollage

Mario Fresa

Recensione di ENZO REGA



 Ha ragione Eugenio Lucrezi introducendo il libro di Mario Fresa, Svenimenti a distanza (Il Melangolo, Genova, 2018) ad affermare che, nonostante il prosimetro, questa scrittura non può essere ascritta né alla tradizione né alla neoavanguardia, non guarda nostalgicamente indietro e neppure in avanti verso una terra del futuro. Possiamo dire che se ne sta in un felice non-luogo, in una magica sospensione quale è possibile alla poesia, a differenza di tanta narrativa protesa verso fruibilità commerciali. Sospensione possibile quando un autore, come in questo caso, ne è capace. È un libro attraversato dalla malattia e dalla sofferenza, della quale però cogliamo soprattutto i sintomi e gli epifenomeni, come appunto gli svenimenti che, a distanza di pagine, fanno la loro ricomparsa. Si tratta di una storia che appare solo per scorci, o in trasparenza attraverso la lastra di una radiografia…. Oppure, meglio, si potrebbe dire che quella tecnica del decollage, a cui Fresa fa riferimento, sia adoperata per questo stesso libro. Una poesia per decollage e decoupage. Come se il manifesto di una vita, o di più vite, sia stato scollato dal muro dell’esistenza e incollato sul piano delle pagine del libro, per lavorarci ulteriormente, strappi su strappi, facendo emergere strati sottostanti in un gioco di immagini che non si ricompongono più in un discorso logico-sequenziale ma analogico-metamorfico. In questo senso si può parlare di torsione della scrittura, ma non sul piano dei legami sintattico-grammaticali che rimane assolutamente terso, quanto piuttosto delle connessioni semantico-contenutistiche, come se alterata fosse la consecutio dei significanti-significati... 


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