Per
comprendere – se comprendere è davvero urgente e necessario quando si tratta di
poesia… – Al largo, ultima raccolta
poetica di Alessandro Ramberti, è importante soffermarsi sull’introduzione Misericordia e Verità il cui sottotitolo
recita La tensione vitale del tempo.
Il lettore, utilizzando appunto come chiave l’introduzione, una volta
avventuratosi nel testo poetico non può fare a meno di avvertire questa
tensione come scaturente da un inesauribile confronto con l’ultraterreno, con
il cammino di verità (la verità assoluta
è una peculiarità divina, scrive Ramberti) che spinge l’uomo sulla strada
della misericordia. Si tratta naturalmente di un cammino irto di ostacoli, ma
urgente, perché rimanere fermi significa
essere già morti. Va da sé quindi che, se l’ispirazione poetica rimane
sempre e comunque l’istante, l’attimo, in cui ciò che urge si fa concreto, nel
caso di Ramberti pare di capire che la fonte inesauribile che replica
quell’attimo stia nel confronto mai risolto – in senso costruttivo – con quel
passaggio fondamentale in cui il tutto (libertà,
verità ed empatia) rientra nella sfera della misericordia, ovvero evolve, si
trasforma, procede e cresce in consapevolezza nel tempo che ci ospita e ci
mette in relazione.
Ora, non
a tutti è dato di poter sentire l’empatia – parola che rientra appieno nel
lessico rambertiano – che è al tempo stesso sorgente e foce di un tale percorso
lirico ed esistenziale: più spesso può essere – e succede di chiederselo, nei
momenti in cui il dubbio sgretola i fragili argini della fede – che sorga il
sospetto che le dotte meditazioni che dovrebbero spingerci appunto Al largo siano frutto di visioni tipiche
di un pensiero filosofico affine, eppure ben distinto, da quello spirituale.
Ecco quindi che la poesia può aiutarci a camminare sul filo sottile tra fede e
ragione, perché se vuoi Prendere il largo,
allora penetra lo spazio / supera i
dilemmi / quando si presentano / senti che sei fragile / prova ad affidarti. E se
questa esortazione può apparire troppo diretta, se leggendo la raccolta poetica
ci si può trovare una certa aforisticità insistita, ciò non significa che
l’autore rinunci ad aprire squarci su realtà inesplorate, come in Andare in cerca, quando con magnifica
sintesi si (ci) chiede cosa manca al
cuore / fermo al desiderio? E il dibattito potrebbe aprirsi e finire qui, a
pagina 17 del testo, visti gli orizzonti spalancati da quel punto mai così
interrogativo.
Ma poi,
leggendo e rileggendo le pagine che mancano da lì alla fine della raccolta, e
forse andando oltre – chissà – le intenzioni dell’autore, un altro tema si pone
all’attenzione di chi voglia condividere una lettura critica; spesso, forse
troppo, ci si chiede cosa sia la poesia. Di definizioni, anche le più bizzarre,
ne sono state date tante, così da avere il dubbio che sia una materia di per sé
ineffabile e quindi non soggetta ad una definizione ultima. Dalle reminiscenze
scolastiche de La Chimera di Campana
o L’isola di Ungaretti (per citare
appunto due esempi da manuale), affiora un filone critico che vede nella poesia
– trasfigurata attraverso un processo di personificazione – l’oscura
protagonista di quei versi criptici così vicini all’ideale di una lirica pura
di derivazione simbolista. Leggendo quindi in Ramberti versi come giare ben disposte / musicano il sangue / calano
le nasse / pescano il possibile (in Preghiere),
oppure queste sono pietre / d’aria
evanescenti / garze che segnalano / luoghi di passaggio / purificatori (in Mettere in scena) e ancora nembi in scuri banchi / formano figure / mettono
giù frasi / senza avere mani / né arti o sensi propri (in Interpretazioni), viene il sospetto che il protagonista che si
nasconde all’interno dei versi che compongono la silloge Al largo sia appunto la poesia stessa (le giare, le pietre, i nembi
con le loro azioni di cui sopra). Sospetto che Ramberti eleva a certezza – ne
converrà l’autore? – quando in Riposo
scrive che dietro il caos c’è un
ordine / sparso di metafore. Perché, proprio attraverso le metafore – e qui
siamo alla fine del viaggio, laddove non a caso l’autore conclude con questa
citazione da Papa Francesco – la poesia
[…] è in grado di spalancare visioni
ampie anche in spazi ristretti. E se era una definizione quella che
mancava, allora è giusto fermarsi qui.
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