di Carla De Angelis
FaraEditore
Ricevere un libro di poesie
equivale a ricevere in dono un fascio di fiori; il profumo che annusi al primo
sguardo, difficilmente ti abbandonerà.
Profumano i versi di Carla De
Angelis, profumano di autenticità, di spiritualità, di bellezza.
S’intuisce un’anima limpida
eppure inquieta, spezzata dal disincanto, eppure fiduciosa.
Non ho mai incontrato la
poetessa, ma nei suoi scritti ne ho colto l’essenza.
Lei si fida del mare e al mare è
accomunata dal movimento, dalla ricerca perenne di un equilibrio tra onda
anomala e calma piatta, tra alta marea dell’entusiasmo e bassa marea della pace
interiore.
La sua poesia è piena di quesiti
espliciti e impliciti “la luna:..rubò qualcosa di te/ basterà una
vita per ritrovarlo?”
“non mi sottraggo al dubbio/ la differenza è nel seme o nella terra?”
Emerge la necessità di distillare parole capaci/ di camminare tra il bene e il male.
L’autrice interrogandosi sul suo
scrivere teme che il lettore possa chiedersi
“è carne o pesce, terra o mare?”
Ma ben presto mi accorgo che gli
stessi suoi versi le rispondono “ Non
voglio riparo dalla pioggia/ né far tacere le voci che/ dentro e fuori
sciolgono parole”
La poesia non si spiega, la
poesia si percepisce, e soprattutto non può evitare
le faville.
Nei versi della Nostra non c’è
solo il mare, c’è anche tanta terra, c’è la semina e la fatica della formica,
c’è il grano, l’albero d’ulivo, il rosso del geranio e c’è anche tanto cielo, abitato da sole,
vento, tuoni, ombre e angeli.
C’è la quotidianità, la gioia
delle piccole cose :”Ogni rientro prevede
un dono/ alla casa al giardino al gatto alla dispensa / questi vasi comunicanti
sono il piacere del tempo/ porto sulle spalle/ quel milione di cose come pegno
alla vita.”
C’è la notte di Natale e c’è
anche la morte: “ Perché correre sudare
scegliere se poi/ un niente asciugherà il respiro?” e poi la consapevolezza
che la morte fa parte della vita e con naturalezza Ella afferma: “Amo così tanto il mare / che vedrei azzurra
anche la morte/ se mi cogliesse mentre nuoto/ verso l’altra sponda”
Una scrittura che emoziona nel
suo costante peregrinare da un dubbio all’altro, uno stile che rifiuta la
punteggiatura perché in continua evoluzione, ma che non per questo rifugge
dalla sosta introspettiva, anzi si sofferma sull’inciampo
dell’ape che ruba al fiore e io come lei “ faccio il girotondo immersa/ in strati di mappe/ cerco il posto che
mi spetta nel cerchio…”
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