Gianni Iasimone, Chiavi storte (poesie 1976-2012), Prefazione di Manuel Cohen, Mobydick 2012, pp. 112, € 13,00
recensione di AR
Questo libro raccoglie sette sillogi: “Chiavi storte” (2012-2010), “Il vairo, né cane né volpe” (2010-2008), “Una sola” (2008-2007), “Exempla” (2008-2003), “Ira calma” (2003-2000), “Petrae” (2000-1990) e “Filo d'erba” (1990-1976). Un percorso a ritroso che arriva agli anni dell'adolescenza di Gianni Iasimone (nato nel 1958) caratterizzato da un linguaggio performativo, efficace e ritmato, costellato di versi frizzanti e di fotogrammi vividi: “E nella notte, abbracciato / a un tronco senza radici, / neanche l'ombra di una lucciola, / di una parola travestita, / che rompa il falso silenzio.” (Viale senza nome, p. 17); “Quando si è giovani e giusti / il sangue corre più veloce / e i grumi frenano nelle gallerie / delle strade ancora da percorrere” (Caro al cielo, p. 18); “La parola resta la soglia, / il mare dentro cui un nome / – il tuo – ho ancora voglia / di navigare.” (Nomi, p. 20); “Di nuovo sveglio davanti al sole / che brucia come un rimorso” (Lavoro mortale, p. 27); “sprofonda la mia anima già in lutto / nel vuoto antro della nostalgia.” (Mi uccide, p. 29).
L'occhio di Iasimone è capace di mettere in rielievo la poesia del quotidiano, dei luoghi di vita (luoghi che generalmente diamo per scontati e quindi rendiamo “invisibili”) e di colorarli di affettività: “Sui pendii a perdifiato / un manto di neve quieta. / L'incidente erano le nostre orme.” (Curiosità, p. 33); “Il mio paese sta appollaiato / come una giubba di contadino sgualcita / tra i monti che si tengono per mano. / Uno pare un elefante punico pietrificato / inginocchiato davanti al sole che cala sul mare, / l'altro un cavallo sannita tra le nuvole / che ha appena disarcionato il suo cavaliere.” (Mazzamauriegli di Pietra, p. 39); “L'aria accarezza un passante. / All'orizzonte manca solo un sorrsio.” (p. 47); “un mare di foglie che cantano dirette / dal vento si specchiano nel mio cuore.” (Lontananze, p. 55).
Non mancano intense pennellate nostalgiche, materiche, meditative e tratti di (auto)ironia: “Non settanta volte sette / ma almeno sette sono, / e facile sarebbe nominarli / ad uno ad uno anche per cognome” (Teatro, p. 72); “per fortuna le mie lacrime spugnose / già lavano queste ombre polverose / come il temporale estivo / lava la frenata di sangue / sull'asfalto che scintilla” (Ombre, p. 77); le parole senza voce / non lasciano suoni / lasciano segni, sì / a volte tonfi / in fondo / al pozzo” (Segni, p. 81); “Così gli occhi riflessi / nel vetro oscuro / che filtra l'ultimo sole / non sanno più / quale prospettiva seguire / con lo sguardo di dentro. // L'orizzonte che non c'è.” (Nuovi orizzonti, p. 92); “e nella cella stretta io / attendo paziente / come lo spermatozoo compresso / nel dotto deferente” (p. 98); “Dalla luce al buio non c'è grido / Si è soli / (…) / Devi conoscerti bene / La prima finestra devi essere / Tu stesso” (p. 105). Siamo arrivati ai versi giovanili che già rivelano l'animus del poeta, che sa cogliere “… pensieri non scritti in fuga / come orme di bimbi sul bagnasciuga” (Ho visto, p. 94).
recensione di AR
Questo libro raccoglie sette sillogi: “Chiavi storte” (2012-2010), “Il vairo, né cane né volpe” (2010-2008), “Una sola” (2008-2007), “Exempla” (2008-2003), “Ira calma” (2003-2000), “Petrae” (2000-1990) e “Filo d'erba” (1990-1976). Un percorso a ritroso che arriva agli anni dell'adolescenza di Gianni Iasimone (nato nel 1958) caratterizzato da un linguaggio performativo, efficace e ritmato, costellato di versi frizzanti e di fotogrammi vividi: “E nella notte, abbracciato / a un tronco senza radici, / neanche l'ombra di una lucciola, / di una parola travestita, / che rompa il falso silenzio.” (Viale senza nome, p. 17); “Quando si è giovani e giusti / il sangue corre più veloce / e i grumi frenano nelle gallerie / delle strade ancora da percorrere” (Caro al cielo, p. 18); “La parola resta la soglia, / il mare dentro cui un nome / – il tuo – ho ancora voglia / di navigare.” (Nomi, p. 20); “Di nuovo sveglio davanti al sole / che brucia come un rimorso” (Lavoro mortale, p. 27); “sprofonda la mia anima già in lutto / nel vuoto antro della nostalgia.” (Mi uccide, p. 29).
L'occhio di Iasimone è capace di mettere in rielievo la poesia del quotidiano, dei luoghi di vita (luoghi che generalmente diamo per scontati e quindi rendiamo “invisibili”) e di colorarli di affettività: “Sui pendii a perdifiato / un manto di neve quieta. / L'incidente erano le nostre orme.” (Curiosità, p. 33); “Il mio paese sta appollaiato / come una giubba di contadino sgualcita / tra i monti che si tengono per mano. / Uno pare un elefante punico pietrificato / inginocchiato davanti al sole che cala sul mare, / l'altro un cavallo sannita tra le nuvole / che ha appena disarcionato il suo cavaliere.” (Mazzamauriegli di Pietra, p. 39); “L'aria accarezza un passante. / All'orizzonte manca solo un sorrsio.” (p. 47); “un mare di foglie che cantano dirette / dal vento si specchiano nel mio cuore.” (Lontananze, p. 55).
Non mancano intense pennellate nostalgiche, materiche, meditative e tratti di (auto)ironia: “Non settanta volte sette / ma almeno sette sono, / e facile sarebbe nominarli / ad uno ad uno anche per cognome” (Teatro, p. 72); “per fortuna le mie lacrime spugnose / già lavano queste ombre polverose / come il temporale estivo / lava la frenata di sangue / sull'asfalto che scintilla” (Ombre, p. 77); le parole senza voce / non lasciano suoni / lasciano segni, sì / a volte tonfi / in fondo / al pozzo” (Segni, p. 81); “Così gli occhi riflessi / nel vetro oscuro / che filtra l'ultimo sole / non sanno più / quale prospettiva seguire / con lo sguardo di dentro. // L'orizzonte che non c'è.” (Nuovi orizzonti, p. 92); “e nella cella stretta io / attendo paziente / come lo spermatozoo compresso / nel dotto deferente” (p. 98); “Dalla luce al buio non c'è grido / Si è soli / (…) / Devi conoscerti bene / La prima finestra devi essere / Tu stesso” (p. 105). Siamo arrivati ai versi giovanili che già rivelano l'animus del poeta, che sa cogliere “… pensieri non scritti in fuga / come orme di bimbi sul bagnasciuga” (Ho visto, p. 94).
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