martedì 18 luglio 2017

Donne nell'acqua loro di Florisa Sciannamea Edizioni Dal Sud Recensione a cura di Claudia Piccinno



L’acqua che dà la vita


Chiuso il libro di Florisa sono andata alla ricerca di alcuni appunti che avevo scritto nel 2011, quando certamente non conoscevo ancora l’autrice…ve ne riporto uno stralcio “Nuotavo lenta nel liquido amniotico della mia anima...............l'acqua blu mi riportava alla mente ricordi d'infanzia,quella trasparente prendeva le sembianze di me adolescente. Se ero agitata percepivo l'azzurro delle cascate, la paura di cadere a picco a un tratto esplodeva per poi diventare culla liquida a valle. Come un corso d'acqua si fa mite alla fine del salto, così io mi chetavo dopo l'incertezza,come se la paura dell'ignoto mi avesse colta impreparata e poi mi fossi a un tratto sentita pronta, decisa, rilassata.” La scrittrice sceglie la piscina, un’acqua antropizzata e infestata dalle mutanti perché il caso volle che un corso d’acquagym divenisse pretesto di osservazione dell’umanità in cui siamo immersi, alibi per rifugiarsi in intimistica introspezione, e poi trampolino di lancio per un tuffo in mare aperto. L’acqua assolve un ruolo decisivo nel percorso quotidiano di una donna alle prese con un periodo non facile, in cui è alla ricerca di una zattera che la tragga fuori dal pantano delle ipocrisie e la traghetti in acque limpide e mai stagnanti. La piscina è la culla liquida di Florisa, che le consente lunghi mesi di prove in solitaria e in gruppo, le insegna a galleggiare, a rispettare gli spazi altrui e a difendere il proprio, malgrado brusche virate delle sue compagne spesso l’abbiano trascinata fuori rotta. Ho gustato le pagine di questo suo diario, ritrovandomi in ognuna delle donne presenti, perché a prescindere da estrazione sociale, fattezze fisiche, gusti nel vestire, doti culinarie, espressioni caratteriali, noi donne siamo accomunate da almeno due elementi: dolore e forza “Le mie mutanti lo sanno e non ridono. Loro come me hanno tante cicatrici, dentro e fuori del corpo, non si identificano con la mimosa. Sì, bella a vedersi, ma effimera e troppo fragile…NOI SIAMO ALBERI: alberi da frutto, piccoli, grandi, sottili, robusti. Le nostre chiome sono spettinate dal vento della vita, ma ripariamo gli altri e quando ci spezziamo è solo perché ci facciamo travolgere dai nostri sentimenti.”  E ancora:“ Siamo corridoi per vite che ci attraversano, latte e miele mescolati a dolori e gioie”Mentre leggevo tra commozione e divertimento per le immagini immediate che lo stile dell’autrice materializzava nella mia mente, mi dicevo che sarebbe auspicabile trasformare il diario in uno sceneggiato televisivo, sia  per restituire dignità di libro a quello che può apparire un rotocalco estivo, ma ancor più per fronteggiare la barbarie dell’omologazione con una storia schietta e sopra le righe di una donna che nulla teme per ricominciare, dopo un giro di boa, a navigare verso mete inesplorate e isole avvincenti. Le donne nell’acqua loro sono una lezione di entusiasmo, Florisa si riappropria della sua identità di donna- artista, madre- nonna, scrittrice- stilista, e lo fa senza nascondersi dietro un’iniezione di botulino, ma fiera delle sue rughe e delle sue cicatrici. Questa lezione riabilita anche Moby, la donna balena e tutte noi mutanti, perché la vera metamorfosi prescinde dal tempo che incombe, ma avviene secondo ritmi interiori scanditi da dolore e forza.

 

Nessun commento: