Fara Editore e i giurati
Angela Caccia, Edoardo Gazzoni, Emilia Dente,
Giorgio Casali, Lorenzo Mari e Stelvio Di Spigno
sono lieti di proclamare vincitori della XV edizione
del concorso Pubblica con noi (2016) per la sezione Poesia
i seguenti poeti: complimenti vivissimi a loro, e un grande grazie ai giurati e a tutti i partecipanti.
Per la sezione Racconto v. qui
opera 1^ CLASSIFICATA
La neve è altrove di Giovanna Iorio (Roma)
Giovanna
Iorio vive e scrive a Roma. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie, La più recente Frammenti di un profilo (Pellicano 2015, con Post poesia di Renzo Paris). È presente in molte antologie tra cui Cuore di preda (CFR) e SignorNo (SEAM). Scrive racconti per Storiebrevi.it Feltrinelli. Suoi radiodrammi sono stati trasmessi nel programma Il Cantiere, Radio Rai 3 e Radiolibriamoci web. Collabora con Roma&Roma, DiarioRomano e Erodoto108. Ha pubblicato, con le musiche del Notturno Concertante, Le storie invisibili su Tumblr e Medium. In preparazione una raccolta di racconti DORMIVEGLIA (ReginaZabo).
Mi agito a volte come una sfera di vetro
Mi agito a volte come una sfera di vetro
due mani mi scuotono e mi nevica dentro
*
oggi me ne sto ferma
sarò una pietra
un sasso minuscolo
che nel sole scintilla.
*
mi piacciono le mani
quando non afferrano niente
quando se ne stanno ferme
e il tempo
mi attraversa le dita
come se fossero rami
e il vento la vita
*
mi sforzo di fare ordine
fermare la frana
l'inutile cadere al suolo di cose
che fingono leggerezza
i vestiti gravi
resto a guardarli per ore
nudi tra le macerie
*
la neve è altrove
a noi parla il grigio del cielo
da qualche parte le volpi attraversano
pagine bianche – Oh, voi che affondate
le zampe in questo silenzio
tornate
Giudizi
«Poesia stellante – un
sentire autentico in un autentico e nuovo raccontarsi – ogni lirica solleva in
alto come se l’autore avesse seguito, nel dipanare il verso, la traiettoria di
una stella.» (Angela
Caccia)
«Nevica tra le parole”, in
questa raccolta, dove la neve è immagine costante, emergendo a tratti – fuori
da ogni luogo comune – come una presenza che può essere anche inquietante. Il
dialogo figurale è infine con la voce, come segnala la prima citazione e anche
il testo, verso la conclusione, dove finalmente “ritorna / in carne ossa la
voce / a benedirmi”.» (Lorenzo
Mari)
«Un libro agile e coerente
che corre via lungo un ritmo che è riuscito, nonostante la forma del verso
completamente libero. La neve è relazione, presa d’atto, presente anche quando
si fa attesa di ordine o guarigione dalla malattia, è conoscenza di una
“carovana di suoni”, pensieri scoperti come dentro una valanga già distesa su
un campo.» (Giorgio
Casali)
«Imbianca
l’anima e gli inquieti pensieri, la candida neve, meraviglia del creato che
attraversa l’essere luminoso e diventa poesia. Si posa lieve nel giardino dei versi
tra sensazioni profonde e germogli di emozioni.» (Emilia
Dente)
opera 2^ CLASSIFICATA
L’altrove che cerco di Franco Casadei (Cesena)
Franco
Casadei, medico, vive e
lavora a Cesena. Ha pubblicato le raccolte di liriche I
giorni ruvidi vetri (Il Ponte Vecchio, Cesena, 2003); Se
non si muore (Ibiskos Risolo, Empoli, 2008); Il
bianco delle vele (Raffaelli Editore, Rimini, 2012). Primo o fra i primi
classificati nei premi di poesia: Ungaretti,
2005; C. Levi, 2005; Giovane Holden, 2008; D. M. Turoldo, 2011; J. Prevert, 2011;
Premio nazionale di Filosofia, 2012; “C.
Pavese” per medici scrittori, 2013; G.
Gozzano di Agliè, 2013; G. Pascoli di Barga, 2014; Antonia Pozzi, 2014; Renato Fucini (Pisa, 2015). Sue poesie
tradotte in spagnolo e in lingua romena. Fra gli ideatori de “La poesia nelle
case”, proposta di modalità di divulgazione della poesia in vari luoghi della
città.
Camaldoli, all’eremo
Silenzio
sta scritto imponente
sul cancello
di là,
nel bosco delle celle,
da mille anni vivono uomini
che affidano la vita alla
foresta.
Silenzio.
Il monaco
è un solitario
prefigura in fondo ciò che
siamo
la solitudine originaria di
ognuno
tutti insostituibili
nessuno potrà dire io
al posto mio.
Le strade di paese
Non canto le strade
frettolose
avide di vetrine, le teste
chine
che non si avvedono mai
se il cielo è scialbo o
terso.
Strade di solitudini
affollate
dove non si condivide mai
la luna con nessuno.
Canto le strade appartate
di paese
intenerite d’ombra
dispiegate lungo le
colline:
la gente si dà voce dalle
porte
e fra mestieri austeri
si coltiva ancora un
fazzoletto d’orto.
Salutarsi fra chi si
incontra
aiuta a non disperdere
l’essenziale,
a non soccombere nei giorni
perplessi
al confine incombente con
la sera.
Cimitero sul mare
Davanti al mare della sera
un canto triste di ferita,
un rosario di speranze
che si fa preghiera
i morti non se ne sono
andati
non se ne vanno,
vegliano sul sonno e sul
dolore
tremola l’acqua che ti
lustra il pianto.
Giudizi
«Penso
che la cifra di questa silloge – l’altrove che il poeta cerca- stia in un
verso: aspetto la luce sui mandorli fioriti. Sapore e sapienza del
vivere è tutto qui: cercare e trovare luce in ogni cosa – e se non c’è –
aspettare che fiorisca. Poesia ariosa. Il verso ha la destrezza di mano
esperta.» (Angela
Caccia)
«Versi
profondi in cui l’inquietudine dell’essere in cammino riflette le proprie
incertezze nello specchio opaco dell’alterità.» (Emilia
Dente)
opera 3^ CLASSIFICATA
Siamo sempre stati noi di Massimiliano Bardotti (Castelfiorentino, FI)
Massimiliano
Bardotti è nato a Castelfiorentino nel 1976, dove vive. Poeta e performer è
curatore per la regione Toscana della Collana Poetica Itinerante di Thauma
edizioni. Nel 2011 con Thauma pubblica Fra
le Gambe della Sopravvivenza (finalista a: Premio Mario Luzi, Arezzo Poesia
Sergio Manetti, Premio città di Sassari, Premio letterario internazionale Sulle
Orme di Ada Negri e Premio di poesia Annuario; III classificato al Premio Città
della Spezia e vincitore del Premio città di Manfredonia Re Manfredi). Nel 2013,
sempre con Thauma, escono: Ne
abbiamo fin sopra i capelli dell’umano (con Luca Pizzolitto e Serse
Cardellini, il libro è tradotto anche in polacco) e A
cieli aperti (finalista Premio Mario Luzi). Nel 2015 esce con Fara L’Abbraccio.
Ha pubblicato anche una raccolta di racconti e un romanzo, in collaborazione
con David Scarselli. Con lo stesso autore pubblica il libro Cut-up,
poesie e prose create con l’omonima tecnica. In collaborazione con Genny Carusi
cura la rubrica IO SONO TE TU SEI ME, sulla rivista on-line L’Olandese Volante.
Sulla rivista «L’Empovaldo» cura la rubrica Pane e Poesia. È presente in
numerose antologie, con poesie e racconti. Alcuni
suoi testi sono stati pubblicati da Fara in: Chi scrive ha fede?, Letteratura... con i piedi, Siamo tutti un po’ matti (tra i vincitori di Insanamente 2014 con il racconto “Il rumore della neve”).
È ideatore del laboratorio di scrittura ricreativa Cut-up: La Sartoria delle
Parole. Collabora con la Compagnia Leele dal 2010 per la ricerca e scrittura
testi, drammaturgia, performances, reading. Con Giacomo
Lazzeri e Sara Giomi porta avanti il progetto LaMinimaParte,
musica e parola che si incontrano e diventano teatro, riscuotendo successo in
ogni parte d'Italia.
a Leonardo, Carlo, David, Nicolò, Salvatore
gli eroi dell’Assenzio che fu
e a Chiara Riondino, che tutto c’insegnò
Abbiamo
fabbricato il futuro senza usare le mani. Il pensiero prigione rivolto al
domani. Senza forme reali, solo proiezioni di io sarò io farò io dirò io...
Giorni
interi trascorsi così. E il tempo? Umile ci stava a guardare, certo del suo
potere.
Non
è mai stata qui la felicità, non è mai stata gioia è sempre accaduto fuori, da qualche
parte.
Ci
siamo guardati e abbracciati ci siamo accusati e perdonati.
E
la vita viveva in ogni angolo dell’Universo, anche una sedia emana di sé...
Ora
ognuno di noi è uno specchio. Vi osservo per scoprire chi sono.
Dicevamo
un giorno tutto sarà come deve essere, avremo quello che ci spetta.
Che
sciocchi. Non ci siamo mai accorti che non è passato nemmeno un istante.
###
Non
c'era rimasto tempo per vomitare la notte.
Grattavamo
via dalla pelle gli anni
che
tornavano a bruciare
rimarginati
mai più.
Guardavamo
il mattino brontolare risvegli
tossire
tabacco
la
città annunciava rimpianti
li
avremmo tutti scontati.
E
c'erano ragazze con le gambe scoperte
gli
occhi profondi
ferite
che non volevi pulire.
Si piangeva gioia e si rideva
dolore
era
sempre nulla di serio
lacrime
d'acqua dolce
i
pescatori tornavano a casa
la
tristezza conosceva quei volti.
Piccoli
tagli sulle mani
vecchiezza
che mai si riposa
immolare
la vita per fantasmi interiori
saremo
soli al nostro funerale?
Gli
amici avevano braccia e sapevano abbracciare
avevano bocche sempre assetate
i
bar stavano aperti per noi.
E
non c'erano giorni che non potevano succedere
non
c'erano lavori che non sapevi fare
solo
non volevi.
Si
guardava al futuro degli altri
lo
si giudicava
ed
era stupido farlo.
Non
saremmo stati noi quelli messi da parte
lo
si sapeva per certo.
Guarda
adesso.
Il
tempo ha dato il suo contributo.
Credevamo
a una gloria che aveva per nome
successo,
fama, denaro.
Provaci
ancora a dirmi ambizioso
a
credermi in gioco.
A
stento mi sento vivo.
I
dolori del corpo sono mia certezza
è
la paura di morire che mi tiene ancora in vita.
(…)
Giudizi
«La poesia narrativa di un
rinato alla luce, come una lunga canzone scritta e cantata in più stanze dalla
fine della notte. Una lunga notte, quella che attraversa la giovinezza di tanti e da cui tanti non riescono ad
uscire, farsi spazio, guardando all’indietro con distacco e vivere finalmente
ogni benedizione di oggi.» (Giorgio
Casali)
«Il tema
della giovinezza, concomitante a quello sul dibattito della speranza delinea
quello che vorrei definire uno studio eidetico dell'atmosfera. la scena
discorsiva si propone come sfondo vivo all'interno di ricordi di un tempo che,
come spesso avviene in poesie "giovanili" millanta una maturità
superiore a quella che possiede. in questo senso sorge un sentore di tenerezza
ulteriore a quella proposta dall'autore. Il soggetto si rivolge interiormente
alla propria memoria e al contempo a persone a lui vicine, permettendo al
lettore di spiare e compartecipare di sensazioni che diventano più vicine. la
speranza trova una dimensione di inclusione entro valutazioni fatte a
posteriori che richiamano il tema del ricordo che abbellisce, e sancisce, una
volta per tutte, come la fedeltà a se stessi avvalori qualunque esperienza in
quanto tale. ogni cosa trova un proprio posto nonostante non fosse quella
creduta.» (Edoardo
Gazzoni)
opere 4^ CLASSIFICATE ex aequo
Quotidiana rosa di Fabrizio Zaccarini (Lendinara, RO)
Fabrizio Zaccarini,
nato a Bologna nel 1966, vi ha conseguito, nel 1991, la laurea in Lettere
moderne con una tesi su L’educazione
linguistica in don Milani discussa con il prof. Verter Romani. A
trent’anni, entra tra i frati Cappuccini dell’Emilia Romagna. Compie il corso
istituzionale di studi teologici presso lo studio «Sant’Antonio» di Bologna
discutendo con il biblista Giuseppe De Carlo la tesi di baccalaureato Agostino
Venanzio Reali. Un lettore della Parola tra esegesi e poesia. Il 22 ottobre
del 2005 ha ricevuto l’ordinazione presbiterale a Cesena. Impegnato fino al
2010 nella pastorale giovanile nella parrocchia del Santissimo Crocifisso di
Faenza, è stato poi trasferito a Santa Margherita Ligure e recentemente a
Lendinara (RO), come vicemaestro dei postulanti cappuccini del nord-Italia.
Collabora con Messaggero
Cappuccino, bimestrale dei frati cappuccini dell’Emilia Romagna.
Quotidiana rosa
Senza
perché fiorisci
e
sulle perpendicolari
gemendo ci scalzi
puerpera di infera purezza
e luce materiante sulla
soglia
invalicabile e valicata
da patibolo amoroso
come bel pane umanato
più che necessario e vano.
Di luce un raggio
Di luce
un raggio
sulla croce sbatte
e riveste
il sepolcro vuoto
di lunedì.
Comunione
In stretto gomitolo
di vene e d’arterie
si dipana il corpo del
Risorto
in confusione d’anime
vivo con tutti
perché mangiamo il pane di
tutti
i tralci ingoiando
la Vite che in corredo
apparente m’aspetta e così
mi cerca
dentro ogni pezzo
staccato e crocifisso
tra la gente.
Giudizio
«È questa una poesia che
gravita attorno al “bel pane umanato” che è la quotidiana rosa del titolo – attorno, in altre parole, a una
cristologia densa e profonda, che non si lascia intrappolare in quei cliché che
si trovano anche nel linguaggio religioso, aprendosi invece, per fare un
esempio, alla consapevolezza testoriana che “bestemmia a volte è canto / di
pudore involontario”. Il segreto è forse più epifanico che parresico: imparare,
con le parole del poeta, a farsi “penetrar di tempo / dall’Eterno che coglie il
momento”.» (Lorenzo
Mari)
Racconto d’inverno di Enzo Cordasco (Perugia)
Enzo Cordasco è nato
nel '61 a Francavilla Marittima, in Calabria, tra Pollino e Jonio, a due passi
dal mare e dalla 'signora' di Magna Grecia, l'antica Sybaris. Laureato al DAMS
di Bologna, si è perfezionato in Arti dello Spettacolo e scrittura scenica a
Siena, Firenze e Milano. Ha lavorato nel mondo del Teatro Contemporaneo (per
molti anni con il Teatro
di Sacco di Perugia, città dove vive e dove cura la sezione umbra del
Centro Internazionale Antinoo per l'Arte/Archivio Yourcenar di Roma). Si occupa
di scrittura drammaturgica e performativa, di critica teatrale e di scrittura
poetica. In poesia ha pubblicato Di roccia e di
vento. Le donne ardenti della Yourcenar, Fulgide luci dello
Jonio, Voci
dal timbro incerto. Poesie sulla diversità, Foliage d'autunno e varie poesie in Antologie Il Federiciano con
attestato di poeta federiciano (Aletti editore, 2013-14) poesie in Antologia Riflessi, Pagine, Roma, 2014,
con audiolibro ( www.poetipoesia.com
) e la raccolta E poi la brezza soffiò leggera, prefazione
di Patrizia Zappa Mulas, edizioni Era Nuova, 2015. Ha pubblicato due saggi, Un
Teatro di voci e di ombre. Marguerite Yourcenar sulla scena, Crace, 2009 e Nella tua nuda e solitaria
stanza. Dialogo immaginario con Vincenzo Padula, Arte26Editor, 2015.
Per il teatro uscirà Anime di fuoco:
Piero e Ada Gobetti, una storia italiana
e Il giovane sovversivo. Gastone Sozzi
nella camera di tortura fascista di Perugia, edizioni Era Nuova, Collana
Melete Teatro/Sezione Melpomene Teatro umbro contemporaneo, aprile 2016. Scrive
anche su varie riviste e blog. La scrittura è dunque il suo lavoro ma anche
compagna di tormento ed estasi…
mare di Rodi
Aspetto
nel mare di Rodi
la
saetta folgorante
perchè
sono nella baia di San Paolo
dove
il visionario di Tarso
sbarcò
per
predicare alle genti.
Sopra
la baia domina Lindos
il
villaggio bianco e fiabesco
e
un pò più su il tempio di Atena
intorno
a me si muovono correnti
che
non purificano l'anima
quest'acqua
glauca e calda
di
lapislazzuli e cristalli
mi
risveglia i sensi
mi
attanaglia come malva
di
Paolo misogino e sessuofobo
o
di Saulo penitente
oggi
credetemi
non
me ne importa niente...
lontano
Avrei
voluto fuggire lontano
con
una valigia piena di ricordi
e
venire volare verso te
con
gli occhi pieni di nero
e
di sorrisi malinconici.
Avrei
voluto essere un principe
che
spinge al galoppo
il
suo cavallo tra i boschi
e
correrti incontro
come
una piccola stella
che
brilla nel cielo.
Vieni
a prendermi invece
con
la tua aria scevra e pietosa
io
godrò della tua carne esuberante
e
condivideremo insieme
la
preghiera e l'angoscia.
preghiera dell'inverno
Ora
penso a quelli che non hanno nulla
a
quelli che non leggono mai
a
chi passa le ore nella violenza espressiva
della
solitudine digitale.
Ora
penso ai profughi del mondo
a
quelli che annegano cercando vita
ai
bimbi devastati dalla guerra
penso
a chi tira la carretta della propria vita
senza
la boria degli onniscienti
perchè
la vita corre veloce
e
ci lascia nullatenenti.
penso
alle fredde mattine d'inverno
e
alla terra lieve e leggera
che
accoglie il peso dei sospiri
e
i fremiti dei diseredati
penso
al mare increspato
a
mia madre
agli
spruzzi di neve
che
baciano infelici prati.
Giudizio
«Racconto d'inverno è una
raccolta coesa, dal sapore quotidiano, sempre in cerca di una dimensione di
evasione attraverso immagine che da materiche tendono a farsi esotiche e misticheggianti.
Ma il suo autore non cade nella trappola del poetico, né del fiabesco a buon
mercato. Descrive situazioni e figure scegliendo l'angolazione a lui più
congeniale, quella obliqua alla scena, per questo sceglie l'inverno come
stagione rivelatrice. Un libro ben scritto e ben costruito, al quale si augura
tutta la fortuna che merita.» (Stelvio
Di Spigno)
La parola che mi
fa silenzio. Preghiere e
poesie in Terra Santa di Daniele
Donegà (Melara, RO)
Daniele
Donegà nato a Canda (Rovigo) nel 1960. Si laurea in Filosofia
all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi in semiotica sulla
poetica di Camillo Sbarbaro. Nel 1992 viene ordinato sacerdote e fa parte del
presbiterio della diocesi di Adria-Rovigo. Nel 2010 discute la tesi di
dottorato in teologia con il professore José Noriega dal titolo: L’intenzionalità
erotica e l’azione del corpo in Maurice Merleau-Ponty presso
la Facoltà del Laterano e nell’aprile del 2011 pubblica la tesi presso la casa
editrice Cantagalli di Siena. Attualmente è arciprete di Melara (Ro) e
consulente etico al Consultorio familiare diocesano di Rovigo. Ha
al suo attivo 6 pubblicazioni di poesia e diverse plaquette stampate presso
tipografie locali che distribuisce ad amici ed estimatori. Nell’agosto del 2014
gli è stato assegnato il Primo Premio del Concorso
di poesia “Cala Petralana”, a Palau in Sardegna, per la
poesia inedita Il canto delle cicale.
Anche per me un posto
è stato preparato, non
sempre l’ho cercato
ma qualcuno l’ha pensato per me
prima che io lo riconoscessi.
E tu nella dolcezza
attendi a me stesso
nell’aprirmi a quello che sono
oltre le chiusure di non essere tale.
In aereo verso Israele, 18 agosto 2011
Entriamo nel giardino di Elia
è acceso il fuoco del sacrificio
che svela la falsa parola degli uomini.
Nella vigna beviamo il vino
dell’incontro straniante con Dio.
Usciamo dalla caverna,
grembo di preghiera,
verso un vento leggero che appare
e nella sorpresa di bellezza ci parla.
Verso il Monte Carmelo, 18 agosto 2011
Spira il vento sul monte Tabor
è di lontananza
fra le pietre e gli eucalipti.
Fischia sottile nell’onda della voce
una luce che frastaglia
una spada di paura.
Vieni luce di Dio
con i piedi di sudore
e parli nel cuore anche a noi.
Monte Tabor, 19 agosto 2011
La pietra di luce rovente
il vento acceso sfrega
la parola che mi fa silenzio.
Monte Tabor, 19 agosto 2011
Anch’io tra gli olivi
e il rachitico pino
salgo il monte e m’anticipi,
rimango muto di preghiera
e la tua preghiera mi trafigge.
Monte Tabor, 19 agosto 2011
Giudizio
«Preghiere
e poesie in terra santa, sottotitolo dell'opera contiene lo stile tipico del
cantico e della poesia devozionale rivisitata con un gusto contemporaneo. La
ricerca tematica di un canone altamente strutturato come la poesia devota è
apprezzabile, e lo dico da laico, perché resta una delle forme che permettono
l'uscita dal verso egoico che sa rivolgersi all'altro. il tema del viaggio,
come ricerca ed esodo e al contempo come perpetuo ritrovamento e conferma ha,
da un punto di vista narratologico, il pregio di saper mostrare un percorso
interiore intelligibile, di rendere compartecipi, anche chi possiede
sensibilità lontane da quella del soggetto posto in debrajage. La terra santa,
nel suo sedimento storico diventa dunque luogo ucronico entro cui si sperimenta
il passaggio dell'alterità fisica tanto quanto di quella temporale.» (Edoardo
Gazzoni)
opera 5^ CLASSIFICATA
Per il tuo amore non tacerò di Angela
Angiuli (Bolzano)
Angela Angiùli
è nata in provincia di Bari nel '71, ma vive da molti anni a Bolzano con la
famiglia. Coltiva da sempre in parallelo le sue due principali passioni: la
formazione del gusto di vivere negli adolescenti marginali o “difficili” (a
scuola o nel volontariato) e la scrittura creativa e poetica. Ama le parole, la
Parola, i libri, le chiacchiere, le canzoni e tutto ciò che crea legame e
solidarietà tra gli esseri umani. Scrivere è la sua maniera più intensa di
stare al mondo. Di recente le sue poesie hanno ricevuto diversi consensi (premio
S. Sabino di poesia religiosa e premio
Mario Luzi per la silloge allora inedita Storie di un
tempo minore, Fara 2016). Alcuni suoi componimenti sono presenti nella
raccolta di Autori Vari Le parole dell'anima
ed. Appunti di Viaggio.
Ti amo parola
sei il mio corpo vocale
lo sforzo viscerale per partorire il senso
per stanare il mondo
dall'ombra
dischiuderlo al divenire
sei il bambino atteso nel
ventre
vigilia aurorale tra i rami
d'esistere.
Sorgi dalla labbra,
misurata e profonda
dammi lingue di fuoco,
tocco soave, carezze vocali
allungate di stupore. Tu Possiedi
la vita, l'ardore, sei ponte lanciato
al di là di ogni impresa,
tu ci fili il pensiero, sgrovigli matasse,
dispieghi e dai forma, trasformi
accompagni.
Amarti è uno scavare di
mani, allargare il vuoto per darti un nascere,
costruire a mani nude,
toccare il mondo con la lingua
col senso infantile di chi
assaggia
per conoscere la gioia di
dire.
###
Esile sei, un filo d'erba -
poesia bella-
con le tue poche parole
messe in fila
come in processione
devota del senso di
esistere,
concentrazione in un pugno
di neonato,
non pensare al troppo, fai
poco e piccolo
quasi sussurrato.
Le poesie non dovrebbero
stare nei libri
ma sugli alberi. Maturare
allo sguardo
dei passanti, migliorarsi
con l'ammirazione
che gli rimane addosso,
essere usate
per la crescita interiore
come pane eucaristico
come gravidanza migliore.
Non tenetele al chiuso,
fatele viaggiare
gettatele in mare, son
fatte per veleggiare
arrivare lontano e nel
profondo,
sono scavo, fondamenta e
pilastro
per edificare il senso
intero
sillaba dopo sillaba
-credo- si può sfiorare il cielo.
###
C'è una poesia per ogni
lingua,
quella della bocca, quella
degli occhi,
una per le mani.
Perditi -parola- nel mio
corpo
prendimi, non staccarti più
da me sola -nel suono-
fammi te, sostanza del tuo
esprimerti.
Apriti nel mio corpo
fammi quello che vuoi dire
insieme lo diremo meglio
saremo unite come l'eco, ci
risponderemo
nell'aria giocando a
risuonare.
Fammi strumento e corda,
mano e vibrazione
suono e onda che la porta.
Risonanza pura, nel cavo
del mio palmo
di questi pensieri d'aria
con cui solco il foglio,
ti porto addosso poesia,
non posso essere divisa da te,
sei la mia pelle, il mio
pensare il mondo, il mio sguardo
diverso come di chi ha
visto Dio passare
e non può più tacere e deve
traboccare.
Giudizi
«Poesie
appassionate, un lungo e intenso viaggio interiore, nuovi angoli di visuale per
scandagliare realtà raccolte – e a volte nascoste –, spremerne tutta l’essenza
per svelare il senso – e la forza – del loro esistere.» (Angela
Caccia)
«Una raccolta a tratti
disomogenea ma capace di improvvisi slanci di amore e ardori per l’epifania
della parola, del “nome proprio” che si pronuncia con vulnerabile precisione e
gratitudine e si riconosce carne in una vera relazione.» (Giorgio
Casali)
opera 6^ CLASSIFICATA
Vite in viaggio di Marco
Bottoni (Castelmassa, RO)
Marco Bottoni
è nato il 30 Settembre 1958. Laureato in Medicina da 31 anni e scrittore
dilettante da 15 afferma di fare il medico a tempo perso, e di non avere più
molto tempo da perdere, data l’età. Scrive, citati in rigido ordine alfabetico:
aforismi, certificati, curricula, dialoghi, lettere agli editori, liste della
spesa, poesie, racconti, ricevute, romanzi, ricette, testi teatrali: cfr. Con il titolo in
coda (Fara 2011) libro vincitore del Premio Martucci
2012 sez. Teatro. Più di qualche Editore non ha saputo resistere alla
tentazione di pubblicare i suoi scritti,
così che, incredibilmente, sempre più numerosi diventano, nel tempo, i suoi
lettori. Ha vinto numerosi premi (nel 2014 il concorso Insanamente con il
racconto Tratto da
una storia vera, che ha ricevuto la medaglia del Presidente della
Repubblica). Ha corso come tedoforo per il Viaggio della Fiamma Olimpica di
Torino 2006 nel Comune di Mira (VE). È inserito in varie antologie fra cui Il tempo del padre (Fara
2015). Suona la chitarra.
Io
sono Adgoi Kidane
15° 49’ 14” N 38° 27’ 43” E
Altopiano sopra Keren,
Eritrea
Marzo
È il vento
che squassa rami secchi nella notte
in cerca di capelli tuoi di donna
in cui giocare,
e si trascina dietro odor di pioggia
coi lampi di un lontano temporale.
Il vento
che questa notte
finalmente trova
lo spazio da colmare del suo grido
nella distanza
che si fa
di noi
più grande,
nel buio che ci avvolge
muti
e che ci prende.
15°46’40” N 38°27’03” E
Keren, Eritrea
Marzo
Io sono sole
sono
il cielo, sono
lunaestelle.
Sono mia madre
tutte le volte
che mi ha allattato al seno
sono
mio padre
dopo che lo hanno
ucciso
perché voleva andare a vivere lontano.
Sono mio figlio
dopo
che gli ho donato un sonno quieto, avvolto
in mani grandi
e calde
di carezze.
Sono l’amante
che incontri di nascosto in piena notte,
e sulle spalle
hai disegnati i graffi
che ti hanno fatto i rami, nella corsa
e ancora piove.
Io sono Adgoi Kidane
e sono il cielo
e pioggia quando piove:
leggero
com’è di quando pioggia
cade
lieve
e forte
com’è di quando forte
e grosso
e fitto
piove.
Giudizio
«Poesia
che è sabbia rovente e brucia i pensieri e l’anima assetata. Versi come onde
che accarezzano la pelle calda e,
nella furia silenziosa dei giorni, travolgono il cuore. Emozioni profonde e
vere ricamate sulla tela lacerata
della vita.» (Emilia
Dente)
opere 7^ CLASSIFICATE ex aequo
L’estremo rimedio di Alberto Trentin (Treviso)
AlbertoTrentin nasce nel 1979 a
Treviso, dove tuttora risiede e lavora. È sposato. Ha studiato filosofia (a
Venezia e Firenze, laureandosi ed addottorandosi su Giordano Bruno) e pedagogia
a Firenze; studia psicologia e oltre a dedicarsi alla poesia scrive
saltuariamente di letteratura.
LOLOLALIA – UN’INTRODUZIONE
LA LINEA INCAUTA
Lo scialo del dire
che forza ogni memoria
dipende da una linea di
storia
incauta. Non vale la voce
che dice:
non vivi se non sai
contenere,
se non domi
nella scorza dura del tempo
avvenire
un re innominato dai mille
cognomi.
In questa nostra oasi
i diari per rispetto quasi
conservano la tua
giovinezza
scontata a rughe sul volto.
Il silenzio è risolto
dall’errore del labbro che
attende
come madama dorè
l'ora del nero caffè.
IN CONTROLUCE
Insiste il vento e piega
i tronchi che si sporgono
sulle case.
Fanno corona le piccole
cimase
a veglia degli androni.
Tu sottovoce preghi che il
vento scemi
che la maturità non stanchi
che la memoria scialba non
affranchi
i tuoi saperi, i tuoi
matemi.
A quell’immenso vocabolario
che il mondo ha detto
con la lingua in mezzo ai
denti,
segue un sussurro: attenti!
Non possiamo dire: io non
sapevo.
Nel calendario annoti ciò
che sai.
Albo signanda lapillo:
il vero riposa tranquillo.
SERBORE DIOICO
Serbo in cuore un sogno d’alloro:
accudire le parole perdute,
modellarle e credere a loro
come se fossero cose vedute.
Ogni giorno così mi rincuoro:
non è come dire cose sapute.
Nel mio medioevo ci sono libri eterni.
Uno è avvolto dal primo momento
nel telo del bagno. È un bestiario.
Sul titolo un graffio che pare un accento.
Così decliniamo un plurale immaginario.
Giudizio
«Più che l’estremo rimedio del titolo, questa
poesia cerca una strada per la propria lingua in una selva di aulicismi e di
neologismi: si passa così dallo “scialo del dire” della lololalia iniziale al più pacificato luminismo finale, trovando una chiusura solo apparentemente barocca
e in realtà quadratissima (“Sono il maglio che il tempo / usa rinchiuso in
esilio”).» (Lorenzo
Mari)
Settembre si
raccoglie
di Ernesta Galgano (Genova)
Medice,
cura te ipsum! Dopo la pensione Ernesta Galgano ha ripreso a
trascrivere in parole emozioni e sentimenti. È come distillare il cuore,
togliere un po' del troppo forte. I venti impetuosi si attenuano in dolcezza. Scrivere
dà coraggio e calma , spero anche a chi legge. Tra i riconoscimenti per
racconti e poesie: Concorso Pubblica con noi 2013 (2^ classificata per raccolta
poesie nel volume Scelte vincenti, Fara); Raccolta di testimonianza culturale e
di fede di Strada in Casentino (AR) 2010-2011; Premio internazionale per MediciOmodei Zorini, Arona 2011; più concorsi per edizioni Tigullio-Bacherontius, S. Margherita
ligure e per Sensoinverso edizioni; Concorso Nazionale A.J Cronin, Savona
2012-2013.
È BELLO SETTEMBRE
È bello Settembre.
Si raccoglie,
come d’uva matura,
il succo dell’anno.
Al mattino d’un tratto
il verde non è più uguale.
Un trucco d’ambra dorata
lo smorza appena.
Le foglie si colorano
di rosso, poi marrone
e tremolanti ballano
una danza di addio
sul picciolo fragile,
quasi pronto a staccarsi.
Cadranno poi,
ma adesso ancora
stanno in festa,
con abiti di lusso
e gioielli brillanti,
nati nella speranza
del sole di primavera
e maturati ad Agosto,
nel pieno sbocciare
di una ardente passione.
È bello Settembre,
se potesse durare!
EMOZIONE
Lascio decantare
l’emozione
che mi hai versato
da bere.
Poi brinderò a te
con l’altra gente.
Adesso non posso.
La mano trema
un poco,
la bocca parla
troppo,
gli occhi brillano.
E non ho ancora
bevuto.
ESISTI!
Cercato da sempre,
ad un tratto
ti ho visto.
Non conta adesso
dove stai,
con chi sei.
L’importante
è che esisti.
I sogni ora,
non più vuoti,
dissetano la vita.
L’avevano promesso
alla Speranza,
che se ne stava,
incredula,
in disparte
«Esempio
di poesia naturalistica dal verso contratto. Contiene una didascalicità tipica
dei temi che compenetrano una dimensione devozionale in senso ampio venata di
rimpianto. è apprezzabile la costruzione di immagini lievemente sinestetiche
che tratteggiano una dimensione condivisibile da parte del lettore.» (Edoardo
Gazzoni)
Fara
Editore
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