1°
classificato
QUINTERIA – Articolazione coniugale
di Alberto Trentin (Breda di Piave, TV)
[AlbertoTrentin nasce nel 1979 a Treviso, dove tuttora risiede e lavora. È sposato. Ha
studiato filosofia (a Venezia e Firenze, laureandosi ed addottorandosi su
Giordano Bruno) e pedagogia a Firenze; studia psicologia e oltre a dedicarsi
alla poesia scrive saltuariamente di letteratura.]
I
- IPSE
E mentre l’amore arriva
a passi lenti, a pentimenti,
dalla mente goccia il caso
la raccomandazione,
s’imbrinano le cose
sempre meno conosciute.
Stanche.
Come i tuoi, sui miei
occhi. I tuoi che sono chiari.
Mentre con le dita schiocchi l’aria
si smuovono sui fili delle attese
le vesti stese dopo la cresima
dopo la rivoluzione nelle chiese;
qualcosa intromette nell’anima
un amo preso al fabbro. Un amore.
Troppo spesso. Arreso.
II
- RISORGIMENTO
E nella acribia che gela l’alba
e più non ci desta
posso ancora dire onesta
questa scelta mia di te?
Tu che non traguardi mai
l’uno dell’altro approfondire
e piuttosto ti fai squama
a chiudere schiudere all’aria
l’oratoria di chi chiama
te per nome, quel nome che mai
rima il mio dire col tuo ricordare.
III
– RESISTENZA
Ogni sbieco d’occhi attesta un poco
che ci siamo sfamiliarizzati. Procede
con l’aria di paese la buona educazione
che fa di ogni parola molesta un gioco
d’abito, di chiesa, di studio, di fede.
In tutto questo tu opponi l’amore:
al mattino che mette in questione
lo mostri come salda certezza disposta
a farsi da parte per comune stupore
che manca di senso e sempre ci sposta.
Giudizi
L’amore
gioca con i versi. Artifici che tengono in piedi il discorso senza cadere nel
vuoto. È, stilisticamente, un camminare sul filo; c’è il pericolo di cadere dal
verso ad ogni istante, così preso e denso in una trama di ricerca linguistica
che vuole fuggire dall’ovvio e dal già detto. E in questo c’è anche il voler
riscattare, con grande intento ironico, la quotidiana banalità della vita.
(Cesare Davide Cavoni)
In questo poemetto per frammenti si articola un
dramma coniugale, che è al tempo stesso un dramma del riconoscimento tra due
coscienze e un dramma del tempo e del mutamento dell'esistenza. I sedici
frammenti sono attraversati, come in una via crucis, dai vari stadi in cui le
esistenze possono perdersi e ritrovarsi: l'angoscia, il dolore, la passione, il
perdono e la gioia. La parola aspira ad un potere evocativo e, forse,
salvifico. (Francesco Filia)
Il lettore si trova di
fronte ad un lungo e complesso forbito monologo sulla vita coniugale, fatta di
amori, di silenzi e di attese, di dubbi e timori, di luci ed ombre. Le
difficoltà, le incrinature, i pentimenti e i ripensamenti intorpidiscono, con
il passare degli anni, il ménage quotidiano. È un tema, quello della vita
familiare, più che mai attuale; è il cuore pulsante del Sinodo, che in ogni
famiglia vede sempre una luce, per quanto fioca nel buio del mondo. (TeresaArmenti)
Secondi classificati ex aequo
ALFABETO PER SORDI
di
Vincenzo D’Alessio (Montoro, AV)
[Vincenzo D’Alessio è nato a Solofra
nel 1950. Laureato in Lettere all’Università di Salerno è stato l’ideatore del
Premio Città di Solofra, nonché il fondatore del Gruppo Culturale “Francesco
Guarini” e dell’omonima casa editrice. Ha pubblicato diversi saggi di
archeologia, di storia e diverse raccolte poetiche, la più recente è La valigia del meridionale ed altri viaggi (Fara 2012). Nel 2014 vince con Il passo verde la
pubblicazione in Opere scelte
(Fara). La tristezza del tempo è inserita in Emozioni in marcia (Fara 2015).]
O Signore respira, respira!
Il muschio è il vestito delle pietre
Pianto è l’acqua alla sorgente
Sorriso sono le foglie dei faggeti
Lingua le parole del silenzio,
L’uomo non c’è!
§§§.1
L’urlo della ruota sul metallo
acceca l’odio nell’afa
masticata dalle cicale
nel sangue violento delle more,
nonna dove sei? i coltelli
sibilano controvento, il maiale
ignora la sua fine, il cortile
lento scompare nel tuo sorriso,
sull’uscio della terra rovina
il canto della nostra vita ,
più del tormento è l’invito
al sonno.
§§§.2
Signore, posso chiederti dove
comincia il cielo dei poveri?
l’acqua del loro pianto è
polvere nel fuoco delle armi
il sangue dei figli è rosa
del deserto, puoi sentire
per amore della tua carne
queste grida?
§§§.3
a E. Marangelo
Portami più spesso a cantare
nel giardino dove ridono i passeri
tra i limoni e il verde profumato degli aranci.
Conducimi per mano alle parole
così forti, cucite nell’abito sonoro
che indossi quando recitiamo
i canti di Saffo, le ali del sole.
Piccole foglie nel viale dormono
nella terra nuda dei miracoli
abbracciate alle orme che lasciamo.
Memorie recitiamo di altri padri
che specchiarono nel pozzo il loro
viso, sorridono mentre guidi
il coro delle forme sul tuo palco.
Giudizio
C’è tanta
amarezza in questi versi, che riflettono la condizione dell’uomo di oggi –
umanità sfatta senza suono – I giovani, che crollano dentro sogni vuoti, sono
prigionieri delle nuove tecnologie e non riescono più a dialogare con la
natura. L’autore trova conforto nei ricordi di un mondo contadino ormai
scomparso. Scopre l’orizzonte negli occhi dell’uomo che, come un arco ricurvo,
sprigiona nelle mani energia di vita. Si specchia nelle acque di un lago
adagiandosi su ali infinite e lasciando i suoi interrogativi appesi al cielo. È
una scrittura piena di emozioni e trepida di immagini, che invitano ad una
attenta riflessione sulla nostra società. (Teresa Armenti)
L’ISTINTO ALTROVE
di Michela Zanarella (Roma)
[Michela Zanarella è nata a Cittadella (PD) nel 1980, è cresciuta a
Campo San Martino (PD), dal 2007 vive e lavora a Roma. Ha iniziato a scrivere
poesie nel 2004 e da allora ha pubblicato vari libri: Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012),
L’estetica dell’oltre (2013), "Le identità del cielo"
(2013). Per la narrativa ha pubblicato il libro di racconti Convivendo
con le nuvole (2009) e la biografia della cantautrice Linda d Nuova
identità. Il segreto (2015). Molte sue poesie figurano in antologie a
tiratura nazionale. La sua poesia è tradotta in inglese, francese, arabo,
spagnolo, rumeno, serbo e giapponese.]
COME VOLANO I GABBIANI
E basta un attimo
per chiedere alle onde
un po' di sale
per abbracciare il mare.
Intorno a me l'immenso
che sbadiglia,
le vele che pretendono
di sparire nel vento,
il senso del silenzio
che rimane tra gli scogli.
Io, che scelgo la sabbia
per nascondere i segreti
della profondità
e che faccio finta
di non ricordare come volano
i gabbiani,
mi fermo a riempire gli occhi
della libertà della corrente
e mi perdo a capire
quella parte di cielo
che ha la pelle dell'alba.
Fuggo nello sguardo
di una conchiglia
e mi assento dal respiro
del tempo,
con le mani che sorridono
alle distanze.
AL PROFUMO DEL SOLE
C'è un bagliore
che resta in attesa
nelle ore più alte
del cielo,
un vociare scarno
di lune congiunte
come un silenzio
smarrito nel sonno.
S'apre a sbadiglio
sul mondo
l'alba a digiuno
d'ampiezza.
E simile al canto
di una radice
che brilla in zolla
pare il mattino
che chiama l'azzurro
al profumo del sole.
RACCONTAMI
Raccontami
come cambia direzione il
vento
e di come si consola l’erba
del bianco della neve.
Io so del gergo della
terra
che hai calpestato,
di quei passi
che hai riempito di
sudore
tra i rovi di montagna.
Non sono stata capace
di gridare a cuore aperto
quanto manca la tua voce
al mio respiro.
Raccontami
quale meta spetta
al nostro tempo
e quale ragione
sta nella mia sete
di silenzio.
Giudizio
La
silloge si presenta compatta, con un ritmo lento e accogliente che accompagna
il lettore verso una sorta di contemplazione discreta, ma acuta che sappiamo la
poesia sia capace di donare. In questi versi non troviamo grandi misteri da
interpretare. Essi sono volutamente costruiti intorno ad un universo saldo,
fatto di silenzi trasparenti: Io, che
scelgo la sabbia/per nascondere i segreti/della profondità. Si tratta di
una poesia, appunto, scritta d’istinto, che vorrebbe cogliere lo scarto del
nostro tempo, ed ecco che si aprono meravigliose atmosfere campestri, vissute a
fondo dal poeta che li innalza in un tripudio aromatico di brezza e di albe. Il
tormento della parola si compie in questi spazi, ed in essi ritrova la voce che
turba, provoca, incanta e ci invita a collocarsi perennemente in quell’altrove così appassionatamente
raccontato. (Griselda Doka)
L’occhio al papavero
di Gabriella Colletti (Trecate, NO)
[Gabriella Colletti è nata a Milano e vive a Trecate
(Novara), insegna materie letterarie in un istituto superiore di Novara. Nel
1998 pubblica il saggio Piccola guida al
Broletto di Novara (Millenia, Novara); nel 2004 pubblica la raccolta di
poesie Cento poesie del cuore (Nuove
Scritture, Milano); nel 2014 pubblica il romanzo La nostalgia dei girasoli (Manni, San Cesario di Lecce). Suoi saggi
e articoli di critica d’arte e letteraria sono apparsi su varie riviste.]
Poiesis
Tra l’immondizia fiutano la speranza
gatti.
Si comincia un alacre lavorìo
si ricompone il puzzle degli scarti
feriali, per un bottino da discount.
S’ode nella notte il fatale squarcio nel sacco.
Miagolare ostinato come di pianto perverso
lampeggiare d’occhi e zanne.
Melanconico tripudio il rovistare
di zampette acuminate
Albero
nudo (Carmel, California)
Unico ospite nell’isola dei venti
è come fantasma la scorza nel grigio d’acqua e aria.
Muta presenza di quel che fu soggiornare.
Giocano foche tra candidi flutti
stridono uccelli marini, rapiti dal prodigio,
dalla baia sospinge lontano lo sguardo il poeta
monocorde ritorna la risacca,
serena prigione di astri silenti, specchio dell’albero
nudo
La quindicesima ora
Si srotola nell’aria il minuetto di Chronos
si stempera nella foschia un pallido disco
smuove il silenzio di piombo fruscio di palme.
Incombe sulla scogliera
la piccola chiesa bianca
colomba ferita tra i flutti
contro la roccia nera
Parossismo
Deragliano i ricordi sui
binari
della memoria. Dilaga la
piena
dei fantasmi. Un correre
di fauno
indiavolato sulla sabbia
rovente, inutile fuga.
Sete universale di
deserti,
tediosa goccia di
rubinetto,
spasmodico ritmo di
zanzare
nelle giunture secche
dell’angoscia.
Cresce il parossismo dell’attesa.
Giudizi
È arrivato, forse, il giorno del poeta… Difficile da
credersi, ma in ogni caso sembra sia giunto il momento della buona poesia.
Quella scaturita dalle profonde fratture e le vertigini della realtà. Si tratta
sostanzialmente di una silloge percorsa da guizzi di fierezza, vissuta in uno
spazio ferito dove noi cogliamo solo gli echi apocalittici. Il gesto si compie in extremis, nel vuoto di un linguaggio
contemporaneo che sembra ormai prosciugato. Ma il poeta ha visto e sa che tutto possa finire; districandosi in
quel disordine elegante, egli fa
risorgere sentimenti nuovi, compiendo ancora il miracolo della parola: il poeta è il santo della pesca / miracolosa
/ Si getta nel vuoto una colomba, / cuore di porcellana nella cenere.
(Griselda Doka)
L'occhio del poeta che cerca di farsi tutt'uno con
la natura che si offre al suo sguardo. Ma la natura può essere detta solo
attraverso la memoria che la trasfigura in qualcosa d'altro, in un filo che
cerca di dare una direzione alla vita, fosse anche “una protesi” che si posa
sul cielo a cui il dire ambisce. (Francesco Filia)
LUNARIO DI
PROVINCIA
di Gabriella Bianchi (Perugia)
Gabriella Bianchi è nata e vive a Perugia. Ha pubblicato sei volumi di poesie: L’etrusca prigioniera 1984, Canzoniere 1990, Giardino d’inverno 2005, Cartoline da Itaca 2005, Il paradiso degli esuli 2009, Il cielo di Itaca 2011. È presente in varie antologie nazionali. Ha vinto alcuni primi premi. La sua silloge Il sogno breve è inserita nell’antologia Faraexcelsior 2013. Hanno parlato della sua poesia: Mario Luzi, Valerio Magrelli, Davide Rondoni, Maurizio Cucchi, Vincenzo D’Alessio (“L’intensità dell’esperienza vissuta trapela in ogni verso, segue una musicalità antica come il canto di Orfeo per Euridice.”). La raccolta Quaderno di frontiera ha vinto il concorso Faraexcelsior 2014. Ha vinto anche la scorsa edizione del concorso Pubblica con noi con la silloge Correnti atlantiche inserita in Emozioni in marcia (Fara 2015).
A PIETRO
Chissà a cosa pensavi
mentre il tuo giorno si accorciava
e la luce si faceva lama sottile
e vedevi le Parche nell’ombra
con le forbici in mano
e la tua mente si apriva in rami
come il delta del Po
che vedemmo nella luce di settembre
salendo sugli argini
e lungo i cortei dei pioppi
chissà qual è stato l’ultimo tuo pensiero
l’ultimo barlume
io l’avrei voluto per me
insieme al tuo ultimo respiro
per farne un talismano contro il male
contro il mondo feroce
dove resto inutile comparsa
che ha perduto il filo
di ogni discorso.
ANDAR VIA
Verrà una primavera
che mi porterà con sé
nella casa delle morgane.
Sarà una primavera inquieta
avara di germogli
e senza tenerezze,
simile a me
selvatica e scalpitante.
In punta di piedi traverserò il mare
fin
dove ha inizio il mondo
e scenderò nel paese dei Cimmeri
dove tu mi prenderai per mano
e mi racconterai dall’inizio
la nostra storia.
San Damiano
Lodato sia tu, mio Signore,
per l’azzurro terso del cielo
che è del
colore dell’anima,
e sia lodato per le nubi a fiocchi
in lana d’agnello
e per l’arco iridato che collega
la terra al
cielo.
Lodato sia tu per sorella Chiara
che vestì un saio d’ortica,
per le mandorle accese dei suoi occhi
trasfigurati
nella preghiera che sfiorava il cielo
salendo come un canto di allodole
al mattino.
Lodato sia tu per il silenzio sacro
delle cime innevate,
dei chiostri dove regna il sigillo
delle voci,
delle solitudini scivolate a terra
come pelli di serpente nella muta.
Lodato sia tu per il sorriso
del santo giullare Francesco
che sposò sorella povertà
e per il magnificat delle sue braccia aperte
nella lode a te, Signore.
Giudizio
Uno
stile originale, mai preda di una retorica fine a sé stessa, ed un racconto che
tesse la vita insieme ai versi, originali e con punte di elevata suggestione ed
efficacia. Efficace anche il titolo che sembra smorzare la consueta
magnificenza verbale dei poeti ma che in realtà nasconde, come in un forziere,
esperienze e parole preziose. (Cesare Davide Cavoni)
A RITROSO
di Marco Mastromauro (Novara)
[Marco
Mastromauro è
nato a Verbania il 12.7.1957. Vive a Novara, lavora a Vercelli. Ha pubblicato
poesie sulla rivista «Alla Bottega» e, dal 1995 al 1999, ha collaborato al
trimestrale di cultura e arte «Contro Corrente». È autore delle raccolte di
poesie: Anime confinate (Milano Libri 1992), Cuba (Ibiskos 1995),
Memorie da un pianeta (Contro Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre
poesie"(Oppure 2000), Fraintendimenti (ebook, Prospero editore
2013). Sue liriche sono presenti in alcune antologie come Siamo
tutti un po' matti (Fara 2014).]
RICORDI
Mi
ricordi che lei
aveva oltrepassato le risaie
sotto
il suo ombrello nero
flagellato
dal temporale.
Mi
ricordi che il fuoco sul granoturco
si
era spento in rivoli di fumo
attorno
al suo cammino.
Nella
tua voce risalgono,
della
sconosciuta,
il
grido, l’eco, il passo sul trifoglio
allagati:
risuonano i fiumi in rotta,
i
richiami trafelati.
DAVANTI ALLE MAGNIFICHE ONDE
Davanti alle magnifiche
onde
ai bordi di schiuma
alle nuvole screziate
che
si dissolvono in un
bianco chiarore,
davanti a questo esilio
di corpi e di
attraversamenti,
davanti a lei che
distesa soffia in alto
l’anima minuta, da sé l’allontana,
dalla memoria dei
giorni,
dalla vergogna della
pena,
scorrono fluorescenti
abbandoni e
ovunque tace l’ignoto,
mare imponente,
prezioso,
che oscilla nello
sguardo indecifrato.
LA SPOSA
La sposa ha la mano
aperta
e sul viso un maggio
assolato,
si protende in aria,
all’insù,
il corpo sottile
(malfermi i piedi minuti
incagliati tra il
porfido del sagrato).
Un cerchio è il futuro
di ieri,
un balenio convulso le
risa sbigottite,
la stretta improvvisa,
le lame affilate,
le sepolture, i livori,
i colpi,
i tonfi fraterni,
familiari, cupi, palpitanti,
desolati.
Ora la sposa è risoluta
straordinariamente in
superficie
lancia strali luminosi
dalle memorie
accatastate, rovine di
sequele ammutolite.
“Madonna mia” dammi un
corpo
che scorra cristallino
di lui la guancia
arrossata
le squame del fianco
il sapore oscuro
finalmente un po’ del suo
languore.
A RITROSO
Migrata fino all’incrocio
indenne tra allarmi e
clacson
sul marciapiede in
qualche parte di questa città
ora sta contando a
ritroso
meno sette partendo da
cento
perché più in là s’apre
un vicolo secondario
il bacio al buio e il
tepore
dove fluiva il suo
piede aggraziato
e nessun accadimento.
Perché così l’esperto
in guarigione
l’ha interrogata l’altro
ieri (o forse non ancora)
scrutando sconnessioni
escogitando profezie
per il coro trepidante
lungo le gradinate i
giorni in processione
fino al prossimo
incepparsi del movimento
quando finalmente il
mostro delatore
possente s’alzerà.
Giudizi
La capacità di raccontare storie attraverso la poesia con
grande profondità e con uno stile che mantiene intatto lo slancio poetico anche
laddove la prosa si avvicina nel ritmo. Una raccolta che sfugge dalla consueta
retorica della nuova poesia evitando termini desueti, privilegiando invece il
piano ritmo del racconto in cui i le cose e le persone vengono rinominate e
riportate in vita dallo sguardo della poesia. (Cesare Davide Cavoni)
Una
narrazione compatta e continua, dove ogni testo sembra la naturale prosecuzione
del suo precendente in un concatenarsi di storie e parole. Una raccolta
coerente, all'interno della quale ogni capitolo racconta di un singolo
accadimento, ma nell'insieme è costruita come un preciso meccansimo
sincronizzato dove ciascun ingranaggio, primario o secondario, svolge un ruolo
fondamentale nella sua funzione. (Gianluca Brogna)
Il dolore dello psicopompo
di Giulio Maffi (Buti, PI)
Giulio Maffii ha diretto la collana di poesia contemporanea per le Edizioni Il Foglio
e svolge opera di traduzione poetica. È redattore della rivista Carteggi Letterari. Ha all’attivo diverse pubblicazioni tra cui L’umiltà del poco (2010 Akkuaria) e L’odore amaro delle felci (2012 Ed.della Meridiana) con cui ha
vinto il premio Sandro Penna per l’inedito, e Agli zigomi delle finestre (2013 E.P.C). Nella sua produzione c’è
anche la raccolta di racconti La caduta
del tempo (2008 Il Foglio). Suoi
lavori sono stati tradotti in spagnolo, inglese e romeno. Nel 2013 è uscito per
Marco Saya Edizioni il saggio breve Le mucche non leggono Montale, una
corrosiva visione del mondo poetico. Nel 2014 dopo aver vinto il Premio
Castelfiorentino con Arische rasse –
Novella di guerra. Ha pubblicato sempre per Marco Saya Edizioni Misinabì sua ultima opera poetica. Sempre nel
2014 un suo saggio “L’Io cantore e
narrante dagli aedi ai poeti domenicali: orazion picciola sulla parabola
dell’epos” è stato pubblicato da Bonanno
Editore nel volume Con gli occhi di
Giano. Narrazioni e unità delle scienza umane, a cura dell’antropologo
Paolo Chiozzi, di cui Maffii è stato allievo e collaboratore.
Fammi dormire di un sonno tutto
come se potessi morire tutto
non così di morte a rate
di memorie e pentimenti
Questa cloaca questa chiatta
queste semplici scarpe disossate
Ed ognuno mi porge monete
chiasmi lucide non appartenenze
che più volte li han dispersi
in coda sulle scale
nel grappolo dei vivi
attaccati alla propria terra
Non posso rifiutare la notte
ma solo gli astri
e il calcolo delle mani
Ci sono porte che dite
senza ritorno
ma ogni ritorno presuppone
un inizio una partenza
un saluto con le labbra
quindi accompagno
le memorie fratte
i superlativi del respiro
Ancora le unghie crescono
le conficcate in questo corpo
tra l’osceno e il dimenticato
Non posso abbeverarvi
con il sangue e nutrirvi
senza sostanza e darvi parola
o verbo dissolcato e imploso
cenere e polvere nella suola
come se potessi morire tutto
non così di morte a rate
di memorie e pentimenti
Questa cloaca questa chiatta
queste semplici scarpe disossate
Ed ognuno mi porge monete
chiasmi lucide non appartenenze
che più volte li han dispersi
in coda sulle scale
nel grappolo dei vivi
attaccati alla propria terra
Non posso rifiutare la notte
ma solo gli astri
e il calcolo delle mani
Ci sono porte che dite
senza ritorno
ma ogni ritorno presuppone
un inizio una partenza
un saluto con le labbra
quindi accompagno
le memorie fratte
i superlativi del respiro
Ancora le unghie crescono
le conficcate in questo corpo
tra l’osceno e il dimenticato
Non posso abbeverarvi
con il sangue e nutrirvi
senza sostanza e darvi parola
o verbo dissolcato e imploso
cenere e polvere nella suola
Ho conosciuto l’attimo
l’istante prima della putrefazione
Quante volte avrei voluto
almeno desiderato
presentarti dio
o qualcuno in sua vece
non soltanto la somma il conto
il canto della verginità della morte
il manico della frusta
Ogni giorno ripeto la tua
la mia condanna
l’istante prima della putrefazione
Quante volte avrei voluto
almeno desiderato
presentarti dio
o qualcuno in sua vece
non soltanto la somma il conto
il canto della verginità della morte
il manico della frusta
Ogni giorno ripeto la tua
la mia condanna
Giudizi
Una meditatio
mortis, la morte colta nel momento del trapasso, più che la morte è il
morire che angoscia, la parola si concentra su questa soglia sacra e da lì
estrae un senso allo stesso stare al mondo, per giungere a ciò che si oppone al
morire: lo spasimo dell'amore che desidera di essere oltre l'orizzonte inaggirabile
della fine. (Francesco Filia)
Epico
come un poemetto, la silloge sembra snocciolare parola dopo parola, frase dopo
frase, l'epopea singolare e unica di una sola voce; ma subito l'ingannosi
svela, perché le affermazioni, le dichiarazioni, le riflessioni non sono che lo
specchio profondo di buona parte dell'umanità. L'autore stesso si fa strumento
di mediazione e propone, con un utilizzo
accurato delle metafore, una una catarsi individuale e collettiva attraverso
il suono dolente dei suoi versi. (Gianluca Brogna)
Memorie brevi
di Puccio Chiesa (Castelleone, CR)
[Puccio Chiesa è nato a Crema nel 1976. Ha pubblicato le raccolte
di poesia Vertigini (Libroitaliano 1998) Sopra le righe
(Maremmi Editori 2006) Postumi (Zona Editore 2012). Il romanzo Sonnambuli
(Il Foglio Letterario 2009) e il racconto Honda Dodò, Caffè e
Ammazzacaffè (Fara Editore 2010). Membro della LIPS (lega italiana
poetry slam), nel 2003 fonda con il videomaker Roberto Moroni la Semiolabile Cinematografica che produce video nei quali il linguaggio poetico si fonde
con quello della videoarte e della cinematografia sperimentale. Hanno vinto le edizioni 2009 e 2012 del concorso
internazionale di videopoesia “La parola immaginata” con le opere tempo
sepolto e Bromazepam. Il lavoro della Semiolabile Cinematografica è
documentato anche nel volume Italian Performance Art a cura di
Nicola Frangione, Roberto Rossini, Giovanni Fontana (Sagep Editori 2015).]
poesia orale
ANIMALI
Dove
vanno
questi
animali di montagna?
Dove
batte questo solco,
questo
fuoco che si torce?
Voci
e lame già piegate,
son
giornate disossate,
sono
gli occhi tuoi roventi
che
mi infili nelle ossa.
Sono
qualche lupo in giro
che
lo sbrani, che ti sbrana.
Dove
vanno
questi
cuori macellati
a
cercare il colpo in canna?
Esche
e uncini già smontati,
la
montagna si fa ostile,
taglia
gole e le parole e le mie mani ,
come
cani da riporto.
Non
mi scordo
il
greve greto del torrente,
le
ispidi apparenze della felce tormentata,
delle
bacche che l’estate
vide
in fiamme.
Anche
l’ultimo tornante
sta
sospeso
sulla nebbia
che
lo morde.
Salgo
piano
nel
silenzio
sopra
i larici strozzati.
Se
rimane qualche spettro
la
sua ombra è già nel fango,
sulla
lingua ormai mozzata
la
paura
riconquista
la
sua notte.
Barcollando
stringo
il cielo
e
le sue stelle.
BLU
Nell'etere
scomposto
in
onde radio,
nell'etere
scolpito
serpeggia
fiero
il
veleno del giorno.
Graffia
ferisce
l'orchestra
orticata dal vento,
trattiene
un
nome impossibile.
Ho
sentito
indiani
gridare in cortile,
gremire
l'asfalto imbiancato,
crollare
sul
selciato
le
luci blu
di
una festa agonizzante.
Deserto
di asfalto
che
attraversa i marciapiedi
tempesta
di poche parole
che
affiorano dai tombini,
tempesta
di opachi
colori
incrostati.
Smalti
dilaniano il cielo,
il
vento incarnato sacrifica
ad
ogni respiro.
Il
blu che ho sentito
trafitto
di stelle,
il
blu che ho ferito
mordendo
la pelle,
il
sangue che è uscito
dà
forma alla notte,
riempie
le pagine
di
nuovo tormento.
LA RICREAZIONE DELLA SCUOLA
Se
i buchi neri
non
esplodono alla luce
della
perifrastica attiva,
la
scienza esatta
distratta
da
cattivi maestri...
milioni
di cellule
a
lezione di Patafisica.
Domani
non voglio pensare
ai
dolori del giovane Werter,
putrefatti
cipressi foscoliani
tengono
in ostaggio
la
sera dipinta di viola,
la
testa di Dino Campana.
Domani
non voglio morire
nella
noia manzoniana
sciacquando
i panni in Arno,
nella
sera fiesolana,
nella
notte dei cristalli,
nella
sbornia dannunziana.
Il
tema qui in oggetto,
il
saggio breve,
la
repubblica di Weimar,
ma
le scuole di pensiero
sprofondano
ad ogni riga.
Manifesti
espressioni
dadaisti
alla
radice
Giudizio
Una
poetica che descrive le radici profonde del sentire, che racconta con versi
tersi e calibrati il rapporto segreto tra stati d'animo, sensazioni e
sentimenti. Nella scrittura spesso gli aggettivi e i sostantivi diventano
strumenti sintattici che rafforzano la tensione lirica fra osservazione e
riflessione; i toni si fanno aspri e ruvidi e implementano la tensione
narrativa presente in ogni singolo testo. (Gianluca Brogna)
3^ classificata
LA MADRE – IL PADRE E IO
di
Claudia Piccinno (Castel Maggiore, BO)
[Claudia Piccinno, laureata
in Lingue e Letterature Straniere, solo dal 2011 inizia a partecipare ai
concorsi letterari e ad ottenere numerosi riconoscimenti. Presente in circa
cinquanta raccolte antologiche, già membro di giuria in, sei premi letterari a
carattere nazionale e internazionale. Ha al suo attivo le seguenti
pubblicazioni: La sfinge e il
pierrot, Aletti Editore, 2011; Potando l’euforbia in Transiti Diversi, Rupe Mutevole
Edizioni 2012; silloge Il soffitto, cortometraggi d’altrove, La
Lettera Scarlatta Edizioni 2013; versione tradotta in inglese Il soffitto, cortometraggi d’altrove, La
Lettera Scarlatta Edizioni 2014; in serbo Tabahnha, ed. Majdah 2014.]
Gli occhi delle spose bambine
Gli
occhi neri
delle
spose bambine
son
schegge d’ebano
per
le vecchie comari.
Cantan
quegli occhi
il
gioco perduto,
la
nostalgia
dell’infanzia
innocente.
Parlano
quegli occhi
di
stupri subiti
e
narrano tristi
di
vecchi mariti.
Piangono
gli occhi
delle
spose bambine
da
una fessura
concessa
al vestito.
Un’altra
di loro
nel
sangue è perita,
ora
è una bambola
senza
vita.
Crocefissa di spalle
Volute circolari nelle
calunnie altrui
la misero di spalle su
una croce.
Morì così,
lapidata dalle menzogne,
vilipesa dalle comari
della sua scorta.
Fiera il suo sguardo
rivolse all’Eterno,
per tutte le streghe
finite al rogo,
per tutte le martiri
della mediocrità altrui.
Negò il suo sorriso a chi
la additò,
indossando il burka della
sottomissione.
Se ne andò così… crocefissa di spalle.
Per una scala obliqua
Per una scala obliqua
ho attraversato il mondo
sfiorando l'erba in terra
puntando a un desiderio.
Nuvole spumeggianti
confondono il sentire
e a piedi nudi inciampo
nei limiti dell' uomo.
Ma saldo é il mio sospetto
e il dubbio mi sostiene
che nulla é sempre vero
di quanto ci perviene.
Raddrizzerò la scala
e sola capirò
come aspirare i venti
senza ruotare l'asta.
ho attraversato il mondo
sfiorando l'erba in terra
puntando a un desiderio.
Nuvole spumeggianti
confondono il sentire
e a piedi nudi inciampo
nei limiti dell' uomo.
Ma saldo é il mio sospetto
e il dubbio mi sostiene
che nulla é sempre vero
di quanto ci perviene.
Raddrizzerò la scala
e sola capirò
come aspirare i venti
senza ruotare l'asta.
Giudizio
In questi versi è
rappresentato l’universo femminile con i suoi drammi, i suoi sogni, le sue
aspirazioni, i suoi desideri di tenerezza, il suo dolore. Dalle spose bambine
alle vittime di ingiustizie e di atavici pregiudizi; da chi è irretito da false
promesse a chi protegge tutti i clandestini dall’inganno e dal dolo. Varie e
diverse queste presenze, ma tutte alla ricerca del senso della vita; alcune
scoprono nella preghiera il vero antidoto all'altrui indifferenza. L’autrice, esitante
e guardinga, nell’incedere randagio, solca i mari della memoria, nel
riconoscere le sue ansie nei passi stanchi delle madri. (Teresa Armenti)
4^ classificato
FATTISPECIE
di Nicola Lorenzetto (Vedelago, TV)
[Nato a Castelfranco
Veneto nel 1980, Nicola Lorenzetto vive nella pianura veneta tra Padova e Treviso. Ha conseguito
una maturità classica e una laurea in biologia. Si appassiona di arte, di India
e di mare. Attualmente ha un lavoro fisso nell’ambito della cosmetica. Suoi
testi e poesie sono stati pubblicati da Fara e da LiminaMentis.]
Carezzevole luna che cadi
nel pozzo e non se ne accorge nessuno.
Il recinto di casa ti
protegge, a notte fonda un gatto fa le fusa mentre dorme nel mio giardino e sei
proprio tu
qui nel buio nascosto
nei fiumi sommersi
negli amori andati
rimani tu, luna.
E così ci siamo ritrovati
nella stratosfera. Da qui la terra è piena di rughe, placida. L’amore è un moto
fisico che attrae inesorabile venti opposti. Generiamo fulmini, pura energia,
uragani. Dalla terra non possono capire e ci dicono: basta. Ma noi non siamo
mai esistiti, per questo ritorneremo sempre. Siamo l’attrazione incontrollabile,
siamo la lotta che genera la vita. Il nostro abbraccio avvolge le pianure, le
grandi montagne, i fiumi fino al mare.
Potevo essere satellite
oppure stella oppure
Giove
divenire
pianeta visibile da qui
atmosfera di ghiaccio
luce cordiale
là tutto solo
il fuoco si spegne
stella a metà.
Giudizio
La silloge si presenta
come un tentativo disperato di trascrivere i gesti di un quotidiano caotico e
banale, del quale è intrisa la nostra esistenza. La scrittura si confonde tra
ricordi di ieri e la scarna lucidità di oggi. Nella fattispecie, si tratta di uno sguardo innamorato che
paradossalmente si rivela un punto fermo, assiduo riferimento di ingenuo
sognare per poter sfuggire a quello scalpore fatto di mera logica di tornaconti
economici e effimeri piaceri della società del consumo. Si può morire di
pigrizia del pensiero e non rendersi assolutamente conto delle opportunità
della vita, così come la verità ci può attraversare di colpo e non essere
capaci di cogliere le sue sfumature: Carezzevole
luna che cadi nel pozzo e non se ne accorge nessuno. Oltretutto, rischiamo
di dimenticare che l’amore può, compiendosi all’infinito
per accendere lampi e bagliori che solo i sensi addestrati del poeta possono
cogliere: Dalla terra non possono capire
e ci dicono: basta. Ma noi non siamo mai esistiti, per questo ritorneremo
sempre. (Griselda Doka)
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