Inventami
come se fossi una nuova costellazione
per guidare rotte di miraggi.
Baciami
come se fossi l’anguria succosa
che la tua bocca riarsa disseta.
Accendimi
come se fossi l’ultimo fiammifero
in mezzo ad un bosco innevato.
Stringimi
come se fossi la calda coperta
che il tuo inverno eterno avviluppa.
E legami
come se fossi viva
perché non tramonti il tuo sogno
con il primo raggio di ragione.
Com’è strana, Signore, la morte
in quell’austera dignità che
s’annoda al corpo…
una fiamma gelida lo sbiadisce
mentre il sangue resta tiepido
dei tanti sogni interrotti
gli occhi serrati
guarderanno finalmente
in fondo al pozzo
forse un riflesso
come il baluginio
di una finestra al tramonto
e indicherai nell’Alto la Via.
Le nostre parole, tutte,
rimarranno alla soglia
– servissero a costringere, a legare
l’aria ai polmoni! … – le poche
saranno un sottovoce perché
il fondale muto non si sconvolga.
Ma se muore un poeta, Signore,
concedigli che il silenzio più ottuso
si faccia canto di una vita
alla vita che non muore e
si sposta altrove
è stato l’ultimo suo verso
ancora gli scintilla sulla bocca.
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giovedì 19 novembre 2015
Ladro di sabbia e Il tocco abarico del dubbio su ArteInsieme.net
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