recensione di Caterina Camporesi
Premetto che non è stato agevole entrare nelle pagine di questo libro dalla struttura così multiforme, stratificata e ricercata, con contenuti non del tutto per me familiari e non interamente in sintonia con il mio vissuto culturale e psicologico.
Ho più confidenza con un fare poetico immediato e più agile che, se pure con poco dice molto, non deve intralciare con troppe note il suo dipanarsi.
Orme intangibili è un’opera che contiene un’infinità di elementi provenienti da una sapere colto, vasto, profondo e specifico.
È corredata di una prefazione e tre postfazioni che guidano e sostengono l’arduo e audace cammino del lettore.
Numerose le citazioni di scrittori e pensatori che accompagnano nei meandri delle tematiche che le poesie toccano, presenti alcuni disegni di volti umani e anche tante note, nonché una serie di ideogrammi, “ riportati sia secondo la scrittura in cinese, che nella corrispondente romanizzazione e nel loro significato” in italiano.
E meno male che questi ultimi ci sono, perché come suggerisce Gianni Criveller, essi hanno la funzione di ritmare il percorso con soste che orientano il cammino verso qualcosa che non è affatto scontato.
Molti sono gli interrogativi, i dubbi che il poeta semina nei testi, come evidenzia sempre nella postfazione Alfonsina Zanatta, alla quale si è grati per i suggerimenti che elargisce nel guidare il lettore a prendere confidenza con il complesso e stratificato itinerario tematico di Ramberti.
Devo alla lucida e colta prefazione di Vincenzo D’Alessio e al dialogo intrecciato con la mia amica di una vita, Gabriella Lucchi, la comprensione e la conquista del superiore livello di significato nei confronti del testo “Antefatto”, il cui tema è il sogno di una ferita provocato da una lancia che non lascia tracce di sangue, ma un tunnel luminoso e perfetto che trova al risveglio il sognatore “contento, vivo e cosciente”.
Grazie all’insieme dei contributi l’evento del sogno ha conquistato un significato che è andato oltre la dimensione umana e psicologica di mia pertinenza e si è collocato su un altro piano, un piano più elevato.
Le “orme intangibili” allora provengono da un’altra dimensione collocata in un’altra sfera dalla quale partono segnali potenti e illuminanti e taumaturgici.
Nell’approccio all’articolato lavoro del poeta, devo riconoscere alcuni miei limiti che però non hanno compromesso l’appagamento sensitivo ed emotivo donato dai versi di quasi tutte le prime quartine dei testi più lunghi.
A questi ne vanno aggiunti altri che si ottengono unendo quei versi la cui funzione è quella di separare le quartine.
Un esempio a pag.43: (la grazia è proprio questo)./(illumina il contesto) /(la rende sua col gesto).
La poesia di Ramberti così colta, così articolata, così esigente, anche per quanto riguarda le regole del fare poetico, chiede molto al lettore medio che, se non è sufficientemente attrezzato, rischia di cadere in un pozzo di sapienza e di tecnica dove non è semplice dimorare.
Tuttavia, va aggiunto che la comprensione di un libro non si esaurisce mai nel qui e ora, in quanto l’eco si protrae nel tempo, così come i segni spaziano ulteriormente nei luoghi.
Nell’avvicinarmi alla conclusione, non vorrei tralasciare il riferimento ad altre “orme intangibili”, più pertinenti all’umano, quei segnali che ci si scambia negli incontri di tutti i giorni.
Anche queste orme impalpabili portano con sé un respiro di mistero, a volte ci invitano al dialogo con noi stessi e con gli altri. Orme intangibili poi pullulano nell’amore che ci si scambia, nei pensieri e nelle fantasie che incessantemente attraversano la nostra mente, nei sogni che ci visitano nel sonno e nella veglia e chissà in quante altre modalità: magari ci camminano accanto e, a nostra insaputa, ci segnano e ci indicano sentieri.
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