Due poesie da "Il potere dei giocattoli" (Sentieri Meridiani 2012) di Riccardo Raimondo, prefazione di Sebastiano T. Aglieco, a cura di Daniele Maria Pegorari
-----------------------------------------------------------------------------------------
Ascolta
tu pure: è il Verbo stesso che ti grida di tornare.
(S.Agostino, Confessioni)
(S.Agostino, Confessioni)
La
Parola
Non
lasciare che l'amore per l'imprevisto
ti
distolga dalla Ragione.
Sii
come il bimbo che vaga per la campagna
nella
speranza di scoprire
un
nuovo colore di lucertola.
Conserva
lo stupore del mistero,
ma
la Parola,
ti
prego,
non
perderla.
* * *
Codesto
solo oggi possiamo dirti,
ciò
che non
siamo, ciò che non
vogliamo.
(Eugenio
Montale, da Non
chiederci la Parola...)
Chiederci
la parola
I.
Voi
che ci aspettate sull'orlo della fine,
chiedete,
chiedere pure...
Possiamo
raccontarvi della sacralità dei monti
e
delle tempeste, i loro furori profani.
Possiamo
dirci pazzi, se lo abbiamo conquistato.
Possiamo,
con il groppo in gola, amaro il cuore,
far
naufragare fino alla meta
l'Idea
incapsulata
nella carne,
carezzata
tra le mani,
al
sicuro dalle urla.
Cavalchiamo
i miraggi del tempo che balena
e
genera
arcobaleni
di falene.
Molte
sono
nate
morte
come
i desideri senz'amore,
senza
la lena dell'ardire.
Siamo
i falchi alti levati:
l'ali
mitiche scrosciano sui venti.
E
siamo magnifiche sirene che scrutano l'abisso
con
le code come sonde.
Siamo
il potere che fonde tutti gli elementi.
Voi
che ci aspettate sulla soglia,
morti
camminanti, ululanti,
voi
che rumate tra campi di rumore,
voi,
maîtres
à penser
della domenica,
soldatini
del buonumore,
passionari
del benpensare,
voi,
obesi d'informazioni,
chiedete,
chiedete pure,
e
seguite soltanto l'intuizione.
Le
vostre ironie mondane
da
iene,
le
vostre marionette oscene,
i
vostri forse, i maimai
mai
potranno impedirci di raccontare
ciò
che siamo
ciò
che desideriamo.
Vogliamo
governare le saette dell'Idea
scaraventate
che
dal cielo squarciano i contorni della forma,
dove
l' anime spesso stanno imprigionate.
Vogliamo
scrutare l'Uomo
e
poi l'occhio del cosmo,
calarci
nei pulsar del mistero,
vogliamo
implodere
d'un amore eterno
profano
come l'urlo del lupo,
puro,
sacro
coma
la prima lacrima.
Vogliamo
rifare l'Uomo
che
ha fallito miseramente
nella
mente intrappolato,
relativo
solo
taciuto
come
il muco d'uno starnuto
trattenuto.
Vogliamo
urlare l'Uomo, la sua magia.
Siamo
le aquile reali che voleranno a stormi
sulla
malinconia dei vostri rancori.
Nella
noia dei vostri giorni
saremo
i rumori più sottili
sussurrati
dal
fondo degli oceani, saremo
i
brusii delle foglie croccanti
nei
sottoboschi incartocciate
scrocchiate.
E
saremo i tuoni più arditi,
i
ruggiti d'eterni dinosauri
e
i silenzi più foschi.
Siamo
favolose eroiche testuggini all'erta.
Ci
rivedrete destarci dalle alghe
all'imo
lucido d'un quieto baratro di mare,
mentre
le vostre mani rapaci
strappano
i piccoli alle uova,
sulla
strada del ritorno.
Siamo
il Giorno
che
non volete vedere
– la
luce v'agita le palpebre.
Siamo
il Regno dell'avvenuto,
gli
scettri dell'avvenire.
Siamo
il costruttore e siamo il costruito,
siamo
l'ordigno eternamente esploso
il
motore immobilissimo nel moto.
Scopriamo
d'avere il potere
di
creare dei mondi,
e
siamo quella potenza che tace
sui
vostri vagiti immondi.
Amiamo
e
abbiamo nelle vertebre
l'emancipazione
dalle tenebre.
Siamo
sempre noi
che
precipitiamo l'Idea sulla terra
come
cometa violenta, feroce,
come
una guerra di bombardamenti.
Siamo
anche quelle luci di sangue,
siamo
i kamikaze
del sentimento
e
la terra umida odorosa di pace
e
il cemento.
II.
Siamo
Fari accesi su mille cittadelle,
grida
ripetute da mille sentinelle
oltre
gli stenti delle veglie,
oltre
la linea della notte,
attraverso
la storia, la solita storia
per
consegnare alla morte una goccia di splendore.
Scegliamo
solo parole del nostro sangue,
che
conserva le memorie più sottili,
i
ricordi più remoti d'un altrove,
l'emozione
di scoprirsi qui e ora.
Scuotete
i vostri spiriti sordi, maltrattati,
scuoteteli,
vi dico
nel
profondo
lì
dove torvi s'affaticano e vinti
rattrappiscono.
E
chiedete, chiedete pure.
Sempre
questo noi potremo dirvi:
sempre
ciò che siamo,
ciò
che desideriamo.
Riccardo Raimondo, classe '87. Poeta, narratore, critico. Studia Lettere Moderne.
Da dicembre 2011 è accademico corrispondente presso l'Accademia degli Incolti (Roma).
La sua prima raccolta di versi è "Lo Sfasciacarrozze"(A&B 2009). La sua seconda raccolta è "Il potere dei giocattoli" (Sentieri Meridiani 2012, a cura di Daniele Maria Pegorari, prefazione di Sebastiano Aglieco, copertina di Elisa Anfuso).
Ha lavorato con diversi artisti a spettacoli e istallazioni, cercando un continuo dialogo fra la poesia e arti di tradizioni diversissime (la musica acustica ed elettronica, la video-arte, i fumetti, le sculture animate, le marionette, il teatro-poesia, la fotografia), sperimentando sempre nuove strategie della creazione.
Collabora con diverse riviste e webzine nell'ambito della critica d'arte, letteraria e di costume.
Per maggiori info: www.riccardoraimondo.com
---------------------------------------------------------------------------
Nessun commento:
Posta un commento