giovedì 16 agosto 2012

Mario Meléndez: APPUNTI PER UNA LEGGENDA

Di Appunti per una leggenda, traduzione non ancora edita di una parte di Apuntes para una leyenda di Mario Mendélez realizzata da Emilio Coco, scelgo di non dire niente. Voglio che sia così, un fulmine a ciel sereno senza troppe premesse a fare da nubi. Voglio sia poesia pura, esplosiva, promettendomi/vi/gli di dedicare a questo testo una recensione accurata (sia pur sempre nei miei limiti) il prima possibile.
Però, tanto per giocarmi la coerenza, qualcosa dico. Dico che ho scelto di pubblicare cinque poesie che trovo essere rappresentative di un testo che andrebbe letto. Dico che spero, attraverso la mia scelta, di riuscire a convincervi di ciò. Dico, infine, grazie ad Alessandro Ramberti che mi ha permesso di conoscere l'autore, e grazie a Mario Mendélez. Il perché mi sembra chiaro: un poeta un grazie se lo merita sempre.

F.V.



PRECAUZIONI DELL’ULTIMA ORA

Dovrò stare attento ai vermi
quando mi seppelliranno
la cosa più sicura
è che parlino male di me
che sputino sulle mie poesie
e orinino sui fiori freschi
che adorneranno la mia tomba
sarà persino possibile
che divorino le mie ossa
mi estirpino gli intestini
o al colmo dell’ingiustizia
rubino il mio dente d’oro
e tutto questo perché in vita
non ho mai scritto su di loro

*

SANGUE NELL’ESILIO

Quando arrivò l’inverno in Cile
migliaia di uccelli volarono con la prima pioggia
erano impauriti tra l’ombra e la morte
e preferirono emigrare con le loro vite
Presero il primo aereo, disperati
si lanciarono sui moli inseguendo navi
attraversarono le montagne fuggendo dalle lance
e lasciarono indietro la patria e gli eredi della fame
Alcuni non decollarono mai
strapparono loro le ali tentando di lottare
scomparvero con nome e cognome
sotto gli alberi di ferro
li rinchiusero in gabbie per specie
e quando anni dopo li trovarono
avevano la carezza del corvo tra le penne
Gli altri, inseguiti
gli uccelli del paese che riuscirono ad attraversare la morte
dovettero abituarsi a volare in un altro modo
a sentire in un altro modo, a respirare in un altro modo
La terra estranea li aveva accolti
la terra amica li invitava a tavola
a dividere il pane e i suoi dolori
Molti persino nell’agonia
sognarono di veder la patria per l’ultima volta
ma la patria pure agonizzava
aveva voluto volare con le loro ali rotte.

*

IL MIO PAESE

Il mio paese ha freddo ogni giorno dell’anno
ha fame e sete e gioventù
Il mio paese è un pezzo di legno
di letto che non basta per quattro o per otto
Il mio paese ha pioggia e vento
ha facce disegnate con la cenere
ha mani che applaudono per non morire
Il mio paese non ha nome
non ha età né tempi
non ha strade né sorrisi
Il mio paese non ha Dio
il lievito e il sale vinsero i santi
l’acqua dei rubinetti fu più pura di una chiesa
Il mio paese è un compendio dell’amore stanco
è una biografia senza rive né angoli
un cadavere recente
un bicchiere che non sarà mai riempito
Il mio paese ha bambini che sembrano vecchi
e vecchi che si rubarono gli anni
ha donne con occhi spenti
e uomini tagliati a metà
Il mio paese ha alberi senza tronchi e senza foglie
ha rose che cambiarono colore
per un chilo di pane
Il mio paese è una ferita nel tempo
una chitarra malata e sorda e muta
una canzone di nomi definitivamente tristi
definitivamente amari
definitivamente dimenticati nel grande sogno della vita

*

PER MAGGIORE SICUREZZA

Venite a vedere la mia poesia
non è fatta di materiale leggero
resisterà perfettamente all’inverno
e in estate rinfrescherà
le menti e i corpi
Ci sono travi potenti tra ogni verso
ci sono listoni che puntellano le mie parole
E se la pioggia desidera entrare
metterò i miei sogni sul tetto
e sigillerò le infiltrazioni
col mio dolore

*

PORTAMI

Portami a sud
dei tuoi fianchi
dove l’umidità
avvolge gli alberi
che spuntano dal tuo corpo
Portami nella terra profonda
che si affaccia tra le tue gambe
in quel piccolo nord dei tuoi seni
Portami nel deserto freddo
che minaccia la tua bocca
nell’appartata oasi del tuo ombelico
Portami ad ovest di quei piedi
che furono miei
di quelle mani che rinchiusero
il mare e le montagne
Portami in altri paesi
con il primo bacio
nella regione interminabile
di lingua e fiori
in quel sentiero genitale
in quel fiume di cenere che spargi
Portami ovunque, amore
e ovunque conduci le mie dita
come se tu fossi la patria
e io il tuo unico abitante






Mario Meléndez Muñoz  è nato in Cile nel 1971, e ha studiato giornalismo e comunicazione sociale all’Università Santiago Repubblica. Ora vive a Città del Messico,una città grande rispetto a quella in cui viveva e probabilmente più adatta alle esigenze del giovane talento.

Nel 1993 ha ricevuto il Premio Municipale per la letteratura nel bicentenario della Linares. Le sue poesie compaiono in varie riviste e antologie internazionali. Nel 2005 ha vinto l’ “Harvest International” il premio della migliore poesia in lingua spagnola presso l’Università di California Polytechnic, Stati Uniti. Attualmente sta lavorando al progetto “Festa del Libro Itinerante”.

I suoi maggiori lavori sono: “Autocultura y juicio” (con prefazione del Premio Nazionale di Letteratura, Roque Esteban Scarpa); “Poesía desdoblada”, “Apuntes para una leyenda”, “Vuelo subterráneo” e “El circo de papel”, che sono stati in parte tradotti in italiano, inglese, francese, portoghese, olandese, tedesco, rumeno, persiano e catalano.

2 commenti:

antonio bux ha detto...

La prima mi piace molto...ricorda molto la poesia di Panero. Per il resto mi piacerebbe leggere gli originali per carpire meglio le traduzioni fatte dal maestro Coco. Grazie, ciao

A. Bux

antonio bux ha detto...

Mi piace molto la prima, mi ricorda molto la poesia di Panero. Però mi piacerebbe leggere gli originali, per confrontare il lavoro del maestro Coco.

Grazie, un saluto

A. Bux