Magari in un’ora del pomeriggio è l’evocazione attenta e precisa, profonda e costante di un tempo nel quale si dispiegano in ricordi a tratti limpidi a tratti distanti le immagini che ad una ad una riaffiorano. Ricordi che si trovano in quel “tu” più volte ripetuto, puntato sempre nel punto esatto, nel centro perfetto del vago sussurro, un “tu” che nell’assenza si fa presenza costante.
Un gioco di opposti forse, come un equilibrio di opposti è il cosmo, abitato di luci e suoni, abitatore di quel tempo indefinito che è il tempo della costante attesa ma anche della perfetta unione.
Unione limpida, chiara, surreale in una luce pomeridiana che è il luogo privilegiato del ricordo ma anche lo spazio indefinito del pensiero. Di quei pensieri che “[…] sono sufficienti/ a volte ad evocare simulacri/ di percorsi appena definiti/ che subito svaniscono posando/ lontano da altri sguardi/ i gusci morti dei desideri”. Una luce che nel suo riflesso abbraccia il costante percorso dell’esserci, una luce che nel contempo è luce di confine tra la mattutina vitalità del giorno e il riposo serale d’un cielo che nel suo sfumare si fa sempre più evocatore di vaghe speranze.
Ed è nell’armonia del tutto che si dispiegano i frammenti di quell’essere stati, un tempo, unione terrena, perfetta, ad accogliere oggi tutti quei moti lasciati agli anni.
Terrena come solo può essere l’incontro di due anime, e poi ancora la solitudine di una sola che ricorda, che riemerge che ritrova: “Immobile rimango ad osservare/ le astronavi che attraversano il cielo:/ un modo per ricordare a me stesso/ che ogni mio movimento appartiene/ alla terra e alla terra solamente”.
Divisa in tre sezioni (La convalida del tuo sguardo, I laconici giorni e Stagioni Irripetibili),
questa silloge rappresenta un autentico percorso personale e formativo,
capace di riflettersi in ogni suo punto: dalla perfetta ripartizione
delle poesie; alla costanza di un endecasillabo che da pura formalità
tecnica si fa àncora nel costante divenire del verso; fino alla precisa
cura del testo nel suo aspetto più diretto che è quello della forma, del
tatto, dell’incontro visivo di una copertina che già dal titolo e
dall’immagine è capace di rievocare tutto il contenuto di un’opera
complessa e completa.
(G.M.)

Nessun commento:
Posta un commento