domenica 18 dicembre 2011

Su Magari in un'ora del pomeriggio



Magari in un’ora del pomeriggio,
anche nel luogo dove sei adesso
sopra le pietre più esposte si posa
un annuncio della fine del giorno:
questa stessa aria di luce arancione
che colgo ritornando sui miei passi
procedendo in direzione contraria
al tuo sguardo.
 
I contorni di ogni cosa si accendono
di una grazia inesorabile e quieta
solo per qualche minuto di gloria
che forse non ti comprende nemmeno.
 
Davide Valecchi, Magari in un’ora del pomeriggio
Magari in un’ora del pomeriggio è l’evocazione attenta e precisa, profonda e costante di un tempo nel quale si dispiegano in ricordi a tratti limpidi a tratti distanti le immagini che ad una ad una riaffiorano. Ricordi che si trovano in quel “tu” più volte ripetuto, puntato sempre nel punto esatto, nel centro perfetto del vago sussurro, un “tu” che nell’assenza si fa presenza costante.
Un gioco di opposti forse, come un equilibrio di opposti è il cosmo, abitato di luci e suoni, abitatore di quel tempo indefinito che è il tempo della costante attesa ma anche della perfetta unione.
Unione limpida, chiara, surreale in una luce pomeridiana che è il luogo privilegiato del ricordo ma anche lo spazio indefinito del pensiero. Di quei pensieri che “[…] sono sufficienti/ a volte ad evocare simulacri/ di percorsi appena definiti/ che subito svaniscono posando/ lontano da altri sguardi/ i gusci morti dei desideri”.  Una luce che nel suo riflesso abbraccia il costante percorso dell’esserci, una luce che nel contempo è luce di confine tra la mattutina vitalità del giorno e il riposo serale d’un cielo che nel suo sfumare si fa sempre più evocatore di vaghe speranze.
Ed è nell’armonia del tutto che si dispiegano i frammenti di quell’essere stati, un tempo, unione terrena, perfetta, ad accogliere oggi tutti quei moti lasciati agli anni.
Terrena come solo può essere l’incontro di due anime, e poi ancora la solitudine di una sola  che ricorda, che riemerge che ritrova: “Immobile rimango ad osservare/ le astronavi che attraversano il cielo:/ un modo per ricordare a me stesso/ che ogni mio movimento appartiene/ alla terra e alla terra solamente”.
Divisa in tre sezioni (La convalida del tuo sguardo, I laconici giorni e Stagioni Irripetibili),  questa silloge rappresenta un autentico percorso personale e formativo, capace di riflettersi in ogni suo punto: dalla perfetta ripartizione delle poesie; alla costanza di un endecasillabo che da pura formalità tecnica si fa àncora nel costante divenire del verso; fino alla precisa cura del testo nel suo aspetto più diretto che è quello della forma, del tatto, dell’incontro visivo di una copertina che già dal titolo e dall’immagine è capace di rievocare tutto il contenuto di un’opera complessa e completa.
(G.M.)

Davide Valecchi è nato a Firenze nel 1974, laureato in Letteratura italiana coltiva da sempre una forte passione per la poesia del Novecento e contemporanea. Sue poesie sono apparse in numerose riviste cartacee e on-line. Magari in un’ora del pomeriggio, sua prima raccolta, rappresenta il frutto di un lavoro iniziato nel 1993 e terminato con la vittoria  nel 2011 della prima edizione del concorso “Faraexcelsior” e la relativa pubblicazione da parte di FaraEditore. Grande appassionato di musica, Davide Valecchi, ha fatto parte di numerose band, spaziando tra diversi generi: rock, metal, new wave sperimentale, elettronica. Intraprendendo poi, nel 2001, con lo pseudonimo di aal, un percorso di ricerca in campo elettronico acustico e pubblicando vari lavori per etichette nazionali ed internazionali.

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