puntoacapo Editrice, 2001
recensione di AR
Questa nuova silloge di Narda Fattori ha vinto il Premio “Astroloabio” 2010 e offre ai lettori un saporso specimen della poetica della Nostra che, crediamo, ha i suoi punti di forza in un linguaggio tellurico che ara la fluida realtà/diluvio, con le sue ossimoriche compresenze in cui il bello non è mai disgiunto dal brutto, né la gioa dal dolore, e questa realtà la legge, la rielabora, la sintetizza in immagini che ci aprono l'anima (quella dell'autrice, ma anche la nostra): «mi strapperei la pelle per togliermi / di dosso tutto questo sale / nello scandalo del presente / / come le canne mi fletto / al colpo secco mi spezzo / piegarmi no non è mio sangue // (…) / mi aggroviglio in ragnatele che il tempo / ha reso invalicabili e affilate // maledetti pensieri e voi male venture // poggiatevi sul dorso delle zanzare / e chi si sazi il merlo…» (p. 11); «Ogni tormento è al di qua dell'uscio / se apro si fa soffio a scomparire fatuo / qui mi tiene compagnia come un foulard» (p.13); «C'è del disagio in un oggetto / distrattamente collocato fuori posto» (p. 18); «siamo insufficienti di fronte al precipizio / siamo dentro un enigma dove raspa / un silenzio grumoso di verità incognite» (p. 21); «Su una siepe di rovi trilla il pettirosso / vita a cui solo il precipitare / del cielo riempirebbe di terra il becco» (p. 26). Ecco, quando la voce di Narda diventa meno descrittiva e si concentra in imagini così belle, nella loro anche dura verità, ci viene donata quell'espansione emotiva del pensiero che sa vedere e andare oltre: «non ha ricordi la solutidine / non agita neppure una sinapsi / è tutta rintanata nel gran vuoto / che solca il mio viaggio / e gli ruba incontri obiettivi e meta» (p. 28) – che intensità in questi versi in cui il senso del nostro andare è dato dal vuoto che rischiamo ad ogni passo!
E considieriamo queste asciutte, finanche impietose, ma intense e riverberanti pennellate autobiografiche: «La gran mole delle carte sfogliate / ha creato pesi irriducibili» (p. 29); «Io non so fare il pane né seminare il grano / io non ho la sapienza delle cose che contano» (p. 32); e il distico che chiude la raccolta «Io so solo scrivere dei versi / e starmene da parte» (p. 36).
Come osserva giustamente nella Prefazione Valeria Serofilli: “Il diluvio (…) distrugge ciò che è logoro, ma è pur sempre seguito da una rinascita (…). La poesia di Narda Fattori si muove, con dolorosa ma vitale e reattiva consapevolezza, tra (…) confine e infinito” (p. 5). Una raccolta che ci mette dunque in gioco e ci stimola a una responsabilità da coltivare e da praticare per lasciare il mondo un po' migliore: «i semi della mal'aria sulla mia / terra non troveranno terriccio / a radicare saldi» (p. 20).
Purtoppo il libro ha qualche svista tipografico-impaginativa (c'è una poesia ripetuta, con conseguente sfasamento dell'indice finale; in copertina un Dopo il diluvio, anziché Dentro; e qualche altra piccola cosa), ma ciò non inficia l'evidente valore di questa silloge.
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