domenica 20 febbraio 2011

Parola come sintesi, scrittura come madre

di Sonia Gardini

L’apparire sulla scena del mondo di una nuova vita è sempre l’incontro il fondersi di fili misteriosi della Storia che hanno portato a quell’evento.
Ma con la nascita si apre una nuova avventura che, attraverso imitazioni e scelte, fa crescere la persona così come essa si manifesta e vive.
Questo grembo dei fili misteriosi diffuso nel tempo e nello spazio lo definisco SCRITTURA. Che è la parola incarnata, quindi VITA.
E davvero essa ci è MADRE, ci genera, perché è per mezzo suo che giungono a noi gli infiniti tasselli che ci fanno essere quello che siamo: mirabile concrezione di storie che ci aprono ad altre storie, che ci aprono ad altro mistero. La Parola evoca tutto questo, non spiegandolo mai ma generando nell’animo attento un bisogno insopprimibile di conoscere e riconoscere.
Così trascorre l’esistenza, chiusa da bisogni concreti invalicabili e aperta ad aneliti fascinosi, che sembrano scontrarsi gli uni contro gli altri: veramente fortunato chi ne intuisce la sottile relazione e la linfa vitale che li unisce.
La vita allora si apre al mistero goduto, accolto nella serenità, finalmente aperto a infinite possibili soluzioni, da cogliere nell’attimo fuggente che trascorre.
Per rendere più comprensibili le mie riflessioni vi racconto questa mia esperienza.
Quando sono diventata, come a tanti sarà capitato, o prima o poi capiterà, madre di mia madre, durante la sua vecchiaia ho imparato la decantazione intesa non solo come separazione nel tempo, ma come distacco dall’inutilità, quindi come eliminazione del superfluo nelle cose, nelle relazioni umane, nelle parole.
Così queste ultime diventano la sintesi della vita, cioè gestazione, carne fino a raggiungere l’espressione di pochi e brevissimi momenti di poesia in seguito maturata in SCRITTURA, come ad esempio la scrittura di ICONE, solo apparentemente altra, dove il macrocosmo è rappresentato nel microcosmo della tavola di legno, delle linee e dei colori, dove tutto è ricerca di essenzialità e di Kalòs che diventa il desiderio massimo, il desiderio di Assoluto.
Ciò comporta la privazione degli orpelli e nel contempo la presenza di segni e simboli così nell’icona come nella scrittura poetica e nella vita.
Per esprimere al meglio queste considerazioni concludo leggendo una poesia di Eduardo de Filippo intitolata:


ELIMINARE

Ho sempre ritenuto questo:
che l’uomo nasce vecchio,
poi, piano piano, diventa giovane.
Ringiovanire significa, secondo me,
Eliminare sempre più
eliminare certe cose inutili
che noi facciamo da giovani.
Certe cose inutili che ci danno l’impossibilità
di essere liberi.

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