mercoledì 5 maggio 2010

Su In cerca

di Davide Argnani  (recensione pubblicata su «L'Ortica», luglio-settembre 2009, Nuova serie nr. 4/105, uscita nel marzo 2010)

Attendere per andare in cerca “con il soffio trattenuto” a disfare le “emozioni”, così dichiara Alessandro Ramberti senza pena, nel suo libro In cerca (prefazione di Adeodato Piazza Nicolai, p. 96, € 7,50, Fara Editore, 2004). Ramberti è un poeta particolare perché raramente possiamo vederlo sulla passerella della poesia. Preferisce rimanere appartato, mescolato alla carta dei versi della sua casa editrice. Poi Ramberti è un poeta che “sbaglia” come sbagliano le mie virgolette. Penso che Alessandro sia un poeta “incerto” perché è un poeta che scrive scrive ma non è mai contento di quello che fa. Non cerca il consenso degli altri perché non ne ha bisogno. Per questo sbaglia ancora. Eppure è un uomo che crede, che crede nella poesia e nel proprio lavoro. È un poeta buffo. Osa denunciare che «La vita è un fine / che non si può risolvere» (p. 16). Più buffo di così non si può per un uomo che dice di credere tanto nelle virtù della vita. È un mistero o un doppio senso? Tutti sanno che la vita ha una fine, senza dubbio. Ma anche qui Ramberti non è sicuro e il poeta s'illude e spera. Forse la vita è un mistero buffo? Si legga pag. 23: «Sono qui / le mura di vento / che fasciano le mie ricerche. // Sono qui / i messaggi imbustati / pronti per l'invio / (li ho già affrancati)». Quel “sono qui” è certezza, il contrario è quel simbolismo de “le mura di vento” che dispone l'annullamento dell'essere qui. Il poeta mette in dubbio sé stesso secondo la doppiezza del senso stesso della parola rischiando il Fuori pista perché «Hai cercato molte cose / per trovarti fino al punto / da sfocare l'obiettivo». Utopia! Utopia! Oppure mistero buffo e utopia sono la stessa cosa? In questa poesia c'è tanta utopia e tale Illuminazione per cui, alla fine, al lettore rimane il piacere di riflettere e di pensare che insomma il tormento del poeta non è altro che il nostro specchio quotidiano nel quale ci rifiutiamo comunque di guardarci per evitare di incontrarci/scontrarci con la fragilità che cova in noi. E allora sì, la salvezza arriva grazie al senso di Utopia che il poeta tenta di trasmettere al paziente lettore. E la poesia di Alessandro Ramberti è salva.

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