domenica 7 giugno 2009

S. Eremo di camaldoli, 7 giugno 2009, SS. Trinità

meditazione di Ivan Nicoletto

Dt 4,32-40; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20.

Oggi ci è donata l’opportunità di celebrare il mistero della divino-umana Trinità.
Il volto del Divino nessuno lo ha mai visto, perché è l’invisibile energia creatrice e amante che alimenta le infinite forme ed evoluzioni della vita del cosmo… Eppure, questa corrente viva e profonda che anima il mondo si esprime nei mille nomi e nei mille volti delle tradizioni religiose dell’umanità, si rivela in ogni particella vivente, nella molteplicità delle culture e delle scoperte umane, nello slancio dei nostri desideri, nei fondali silenziosi da cui provengono le trasformazioni e le sorprese del mondo...
La festa della Trinità, cuore della nostra fede, ci offre l’occasione di immergerci nuovamente nelle acque sorgive del mistero che ci fa essere, che dà significato e sapore alla nostra esistenza.
È Gesù di Nazareth, il figlio del falegname, che non smette di chiamare Padre la sorgente
che lo genera, della quale è il Figlio amato: lui e il suo Abbà sono una cosa sola, nella relazione di uno Spirito amante che li accomuna. Con le sue parole e con i suoi gesti, Gesù risveglia la nostra coscienza alla verità da cui egli stesso emerge, ossia che tutti, senza esclusione, siamo figli e figlie di questo Padre che desidera splendere nell’intimo di ciascuno come fonte di Bene… anche se in ogni campo seminato del nostro cuore sussiste sia il grano che la zizzania, forze di bene e di male che convivono, di cui la trinità stessa è il fuoco trasformativo.
Dio è amore – annuncia Gesù con la sua vita – immensa tenerezza che non ha confini. La forza, insita in questo Bene, spinge il Figlio a liberare le persone che incontra dalle forze imprigionanti e distruttive del male che sono le paure e le malattie, le ingiustizie e le esclusioni, gli sfruttamenti e le dipendenze servili… Gesù libera, e diventa libero di fare della propria vita un dono senza riserve. Da questa dedizione estrema di Gesù trabocca una novità, una dinamica vitale che è il dono dello Spirito: è la fiamma viva d’amore che brucia e trasforma le potenze mortifere che ci dominano, per una nuova relazione con noi stessi, con gli altri e con il mondo.
Scopriamo con stupore che al cuore della nostra fede non regna un Dio onnipotente, un giudice che detta legge, incute timore, esige sacrificio… ma un Dio-in-relazione-di-amore che suscita e fa crescere le differenze del mondo, ci insegna a rispettare la trascendenza in noi e quella dell’altro vicino a noi, la nostra irriducibile alterità che va accolta e messa in relazione.
Credere in Dio, trinità d’amore, entrare nel suo flusso relazionale significa, forse, passare dalla paura della minaccia dell’altro alla relazione; passare dalla concorrenza con l’altro verso una con-creatività; passare dallo sfruttamento del mondo alla condivisione del mondo… entrata in una dinamica di amore che caccia via le paure. Scoprire che la presenza dell’altro, dell’altra, degli altri non è un ostacolo alla mia riuscita ma spezza il cerchio in cui rischio di chiudermi, riducendo il mondo al mio parziale punto di vista; lasciar agire in noi la trinità è acconsentire all’allargamento di inediti spazi personali di coscienza, di creatività, di libertà che rimangono sempre indefiniti e aperti ad un di più non calcolabile...
Noi, in quanto creature finite e vulnerabili, siamo abitati e agìti da tanti timori, e per questo prevale in ciascuno la logica naturale del gene egoista, della sopravvivenza… una logica che sappiamo capace di quelle enormi atrocità che avvengono ogni giorno sotto i nostri occhi!
Scopriamo che il mondo non è costituito soltanto dalle leggi biologiche e naturali che guidano lo scimmione che è in noi, con il suo istinto di dominio, ma che un’energia amante sta gradualmente creando fra i nostri cuori, menti, e anime degli inediti spazi comunicativi, dei linguaggi di cura e di attenzione, di accoglienza reciproca, di ospitalità anche dei conflitti, di condivisione delle nostre differenze… Pensiamo ad esempio alle molte diffidenze che riesce a sciogliere il viaggio di pace di Barak Obama nelle terre Islamiche… E quanti di questi viaggi sarebbero possibili tra me e te, fra gli uni e gli altri, se non vigesse la logica della prevaricazione!
Mi piace credere la Trinità come un’energia che attraverso di noi è all’opera per abbattere quei muri di separazione elevati dentro i nostri cuori dalle pulsioni egoistiche; scioglimento di quelle barriere che continuiamo ad erigere dentro le nostre famiglie culturali, nazionali e religiose. Spesso noi ci arrestiamo davanti a questi confini fissati fra di noi. Li subiamo, li rafforziamo, li accettiamo come realtà e verità immutabili… e non ci accorgiamo che sono costruzioni provvisorie, il più delle volte edificate dai nostri bisogni di sicurezza e di controllo… Accettando queste barriere come dei dati di fatto, noi smettiamo di credere nei serbatoi di creatività e di bene che giacciono sepolti in noi, blocchiamo il sovrappiù di energia liberatrice che possiamo sprigionare; non crediamo nelle capacità inventive della divina trinità in noi, che preme per l’abbattimento dei muri contro i credenti di altre fedi, per l’abbattimento dei muri contro i migranti, per l’abbattimento dei muri eretti dalle omofobie, per l’abbattimento dei muri fra chi ha e può e chi non ha e non può…
… Ci rendiamo conto che l’opera a favore di un mondo condiviso è immane, che le forze ci sembrano spesso esigue, come i cinque pani e i due pesci di fronte ai cinquemila affamati… Siamo tentati di dire: che cosa è mai questa mia/nostra inezia di fronte all’enormità del compito che ci attende?
Eppure, nel gesto fiducioso della benedizione, ossia confidando nelle potenzialità creative dell’amore divino, e nel coraggio di avventurarsi verso l’altro sconosciuto, in una relazione di differenti, i pani e i pesci iniziano a moltiplicarsi e a saziare la fame di ciascuno…
Che lo Spirito del Padre e del Figlio trovi in noi degli spazi di accoglienza per poterci generare alla pace, nella convivenza personale e mondiale.


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